di Nota Diplomatica
Per quanto l’onda d’urto del fenomeno sembri scemata rispetto a qualche anno fa, secondo la stampa del settore l’Italia resta il Paese più tatuato del mondo, con il 48% della popolazione “marchiato”. È seguita nell’ordine dalla Svezia (47%) e dagli Stati Uniti (46%). C’è però un interessante distinguo: mentre gli italiani perlopiù portano un unico disegno, gli svedesi e gli americani preferiscono abbondare. Non solo la maggioranza dei tatuati nei due Paesi ha più di un disegno tracciato sulla pelle, la media è addirittura di quattro tatuaggi. È probabile che il fenomeno sia in qualche modo “auto-limitante”. Se da una parte il tatuaggio è un segnale di appartenenza – in genere a un gruppo d’età o un’identità culturale – dall’altra è sempre più importante che il tatuaggio si distingua per l’unicità. Sono lontani i giorni in cui era possibile cavarsela con una semplice farfalla o un delfino. Le mode intercorse – i “tribal”, i teschi, i braccialetti, gli arcobaleni, i personaggi Disney e così via – restano sulla pelle e diventano col passare degli anni reperti di una sorta di archeologia personale. Gli anziani sono restii a tatuarsi non solo perché quando loro erano giovani solo i balordi si tatuavano, ma anche perché hanno vissuto abbastanza a lungo per sapere che col tempo le circostanze della vita cambiano.
L’unica difesa rispetto all’invecchiamento del tatuaggio è l’originalità, ma qui subentra la legge dei grandi numeri. Il 48% della popolazione italiana equivale a quasi 29 milioni di persone. In pratica, le idee “buone” sono già state sfruttate. Gli spazi del corpo sono quelli che sono, i simboli più accattivanti anche. Si è perfino arrivati a tatuare la pianta del piede – un procedimento particolarmente doloroso – e pure (come si vede sopra) la parte sottostante dell’alluce. Interessante, originale, ma nel più dei casi non visibile… Ora è possibile che la scienza possa fornire una soluzione, o almeno allargare la rosa delle possibilità. Un’equipe di ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e dell’University College di Londra ha annunciato lo sviluppo di una sorta di tatuaggio luminoso che brilla di luce propria sulla pelle e che dovrebbe essere anche programmabile. Sono dei piccoli e sottilissimi schermi OLED che vengono fabbricati su carta per tatuaggi temporanei per essere poi trasferiti su una nuova superficie premendoci sopra e tamponandoli con acqua. Certo, resta il problema di dove tenere la pila, ma è sicuramente un passo avanti…
Foto tratta da la Nuova Sardegna