Il 21 luglio, le bande del Matese disarmarono la guardia nazionale di Castelpagano distruggendo gli stemmi sabaudi e poi saccheggiando le case dei possidenti. Era la collaudata tattica del mordi e fuggi nei centri abitati dove in poche ore si avvicendavano briganti e soldati. Sulle sedi municipali, si passava con rapidità dagli stemmi sabaudi a quelli borbonici e viceversa. Nel Matese, la guardia nazionale veniva messa di continuo in difficoltà. Come nel bosco di Felci, dove rimasero uccisi quattro uomini. A Colle, il 2 agosto entrarono i briganti. Due giorni dopo, arrivarono i soldati del 62° fanteria e li dispersero, catturandone quattro che furono subito fucilati.
Tra il 1860 e il 1880, sul Matese e i monti del Sannio, si formarono ottantotto bande armate in un territorio di sessanta chilometri tra Venafro nel Molise, e Cusano Mutri in provincia di Benevento. Boschi, valli, burroni, caverne facilitavano i nascondigli. Solo nel 1861, nell’area del Matese le bande dei briganti assalirono trentadue paesi e trentadue stazioni della guardia nazionale. Gli scontri a fuoco furono quarantanove, con sessantatre militari e trentasei civili uccisi. Nel Museo del Sannio si conservano documenti e statistiche che riportano anche l’elenco di 106 briganti fucilati, 169 uccisi negli scontri o a tradimento, 228 arrestati e 224 arresi. Erano tanti anche i complici delle bande di briganti che, nel solo circondario di Cerreto Sanita, ammontavano a 765. A Piedimonte erano invece 760. Numeri che spiegavano come le bande fossero aiutate a trovare rifugi e cibo, senza essere scoperte dalle truppe. Le spie della guardia nazionale venivano uccise, mentre gli informatori delle bande agivano indisturbati.
Gigi Di Fiore Briganti, Utet Edizioni, pag. 163, 164.
Tratto da Regno delle due Sicilie.eu