Negli ultimi anni abbiamo scritto tanti articoli sul pomodoro per denunciare storture economiche e di mercato. Il pomodoro, fresco o trasformato, fa parte della nostra tradizione alimentare. Assistere a un’invasione di pomodoro estero, fresco e trasformato, spesso di pessima qualità, mentre i nostri agricoltori cominciano ad abbandonare questa coltura fa un certo effetto. lo scriviamo da quando siamo in rete e lo ribadiamo oggi: la globalizzazione dell’economia, in agricoltura, crea disastri economici, alimentari e quindi anche sanitari. Il minor costo di produzione tra aree diverse del mondo, non può essere il criterio da applicare in modo acritico. Perché finisce con l’avvantaggiare Paesi dove il costo del lavoro agricolo è bassissimo, se è vero che i lavoratori sono spesso sfruttati come schiavi, e dove, per aumentare la produzione, si ricorre all’uso di pesticidi che tanti occidentali hanno bandito perché dannosi alla salute umana. Se poi l’Unione europea consente a tali Paesi di importare tali prodotti di pessima qualità nell’Eurozona, va da sé che i Paesi europei saranno costretti a smantellare interi settori della produzione agricola. L’esempio di quanto sta succedendo con il pomodoro lo leggiamo in un articolo pubblicato da ITALIAFRUT NEWS dal titolo: “La megalopoli del pomodoro ‘bastona’ l’Europa. Dove si racconta di come il Marocco sta organizzando la produzione del pomodoro per mettere in ginocchio la produzione di pomodoro in Europa.
L’articolo racconta di una grandissima distesa di coltura del pomodoro nel Sahara Occidentale, in un perimetro di circa 70 chilometri intorno alla città di Dakhla. Il particolare clima – 300 giorno circa di sole all’anno – consente di anticipare la produzione del pomodoro di due-tre settimane. Cosa, questa, che crea non pochi problemi a chi, nell’Europa mediterranea, punta sul pomodoro. La megalopoli del pomodoro, leggiamo sempre nell’articolo, penalizza la popolazione indigena Saharawi, esclusa dal progetto. Per l’Italia – per chi produce pomodoro in Italia – è impossibile competere con la produzione marocchina. Mentre da noi, com’è giusto che sia, si attua la lotta al caporalato, in quest’area del Marocco il pomodoro viene prodotto violando i diritti fondamentali del popolo saharawi, al quale vengono usurpate le loro risorse naturali locali come la terra e l’acqua; per non parlare delle frodi contro i consumatori europei in termini di etichettatura. In questa megalopoli del pomodoro tracciabilità ed etichettatura del prodotto non esistono: “Il trasporto dei pomodori che arrivano da Dakhla – leggiamo su ITALIAFRUIT NEWS – avviene via terra, in camion fino ad Agadir, dove si mescolano al resto della produzione delle serre di questa regione”.
L’Unione europea è a conoscenza di tutto questo? Assolutamente sì. Fa qualcosa per evitare che vangano danneggiati i produttori di pomodoro dell’Europa mediterranea? Assolutamente no! Parlano i numeri: nel 2019 il quantitativo di pomodoro marocchino entrato nel mercato europea ha raggiunto il suo massimo con un totale di 481.669,04 tonnellate; rispetto al 2001 il quantitativo di pomodoro arrivato dal Marocco in Europa è cresciuto di due volte e mezzo. “Colpisce soprattutto il forte trend di crescita degli ultimi anni: dal 2014 al 2015, in particolare – leggiamo sempre nell’articolo di ITALIAFRUIT NEWS – l’ingresso di questi pomodori in Europa è aumentato di oltre 100.000 tonnellate. Un balzo che non è legato a un aumento complessivo delle esportazioni mondiali marocchine ma a una maggiore attrattività delle spedizioni verso il mercato Ue dove arriva infatti l’80% dei pomodori marocchini”. L’invasione di pomodoro marocchino a prezzi bassi spinge tanti agricoltori dell’Europa mediterranea a non coltivare più il pomodoro. se a questo aggiungiamo i basso prezzo del grano duro non c’è da stupirsi se, poi, gli agricoltori preferiscono affittare o, addirittura, vendere i propri terreni a chi vuole realizzare impianti per la produzione di energia solare.
Quando abbiamo scritto che per salvare l’agricoltura italiana bisogna uscire subito dall’Unione europea ci hanno preso per esagerati (comprese alcuni agricoltori che pensano di sopravvivere con le sovvenzioni dell’Unione europea, non capendo che è proprio il sistema delle sovvenzioni per non produrre che sta uccidendo l’agricoltura). Poco meno di un anno fa abbiamo scritto: “Se resteremo nella Ue in pochi a anni il pomodoro sparirà sostituito da pomodori africani e cinesi“. Ebbene, la magalopoli marocchina del pomodoro è la dimostrazione che l’Unione europea lavora per smantellare l’agricoltura mediterranea. L’obiettivo di questi signori è il graduale smantellamento dell’agricoltura mediterranea. Perché? Perché i prodotti agricoli che arrivano dall’Africa e dall’Asia sono di pessima qualità (presenza di pesticidi) e provocano un aumento delle malattie croniche, che sono una manna dal cielo per le multinazionali farmaceutiche. Per non parlare dei legami tra alimentazione e aumento di malattie auto-immuni (altro grandissimo affare per le multinazionali farmaceutiche: basti pensare ai costosi farmaci biologici). E’ la stessa logica aberrante dei vaccini anti-Covid al posto delle terapie: queste ultime – le terapie – servirebbero al 4-5% della popolazione eventualmente colpita da questa patologia, mentre i vaccini vengono propinati a tutta la popolazione, aumentando di venti volte i guadagni delle multinazionali farmaceutiche.