Report ha colpito ancora. La trasmissione d’inchiesta di Rai 3 – che trovate facilmente sulla rete – ha puntato i riflettori sul Kamut, un marchio di grano statunitense molto noto nel mondo. Kamut, infatti, non è un tipo di grano, ma un marchio di grano che si coltiva in Montana e in Canada. In Italia il consumo di questo marchio di grano è sempre stato notevole, se è vero che il nostro Paese ha rappresentato fino ad oggi il 75% del mercato di questo marchio. Nel futuro non sappiamo cosa succederà alla luce dell’inchiesta di Report. Per tanti anni, in verità, c’è stata un po’ di confusione tra marchio Kamut e grano. In ogni caso, il grano duro è stato confuso con il marchio di questo grano. Quello che possiamo dire è che il grano duro venduto con il marchio Kamut è biologico, ovvero coltivato in assenza di pesticidi ed erbicidi. Il problema – come racconta Report – è che negli ultimi tempi uno dei principali produttori di pasta lo ha declassato a convenzionale (non più biologico). Come mai? La documentazione riservata di cui Report è venuto in possesso dimostra la presenza di tracce di glifosato nel grano a marchio Kamut. La notizia è rimasta segreta, ma Alce Nero – che in Italia è conosciuto per i prodotti biologici – ha deciso di dismettere il marchio Kamut, che era il prodotto più venduto. Problemi anche con NaturaSi. Nel corso della trasmissione i vertici di Kamut si difendono replicando che oggi, nel mondo, il glifosato lo si trova ovunque. Hanno torto? No: hanno perfettamente ragione, se è vero che il glifosato, oggi, lo ritroviamo nel 97% dei prodotti commercializzati nel nostro Continente. Non c’è da stupirsi se tracce di glifosato spuntano a destra e a manca. Del resto, parliamo del diserbante più usato nel mondo. Noi, già da tempo, ci chiediamo come può una Regione produrre in biologico se l’erba che cresce ai lati delle strade viene fatta seccare con il glifosato!
Ma non è solo questo il tema che vogliamo trattare oggi. Noi, con Giuseppe Li Rosi (tra gli intervistati nell’approfondimento di Report sul Kamut), tra i protagonisti di Simenza, poco meno di tre anni fa abbiamo in un certo senso anticipato la crisi del Kamut. Rileggiamo insieme alcuni passi della nostra intervista a Li Rosi che, allora, ci raccontava di un convegno andato in scena a Bologna: “E’ stato un convegno molto importante, che ci dà la misura del segno dei tempi. Il convegno internazionale di Bologna è stato organizzato da un gruppo economico – la Kamut Enterprise – che fino ad oggi ha fatto grandi numeri con il Kamut-Khorasan (QUI UN APPROFONDIMENTO). Solo che, oggi, il mondo è cambiato. E questo gruppo non fa più i numeri di qualche anno fa. E allora…”. Già tre anni fa Li Rosi aveva chiaro che il Kamut cominciava a manifestare qualche problema. Tra anni fa il protagonista di Simenza i raccontava che gli americani potevano aver puntato la propria attenzione di alcune varietà di grani antichi della Sicilia. Per la cronaca, il grano duro venduto con il marchio Kamut è geneticamente molto simile alla nostra varietà antica Perciasacchi. Così scrive Giuseppe Russo, che su tale materia non è l’ultimo arrivato, secondo il quale la varietà di grano duro antico della Sicilia, Perciasacchi, sarebbe assimilabile al grano commercializzato con marchio Kamut, che poi si chiama Khorasan. Si tratterebbe di Triticum turgidum ssp. turanicum (QUI UN ARTICOLO). Facevamo notare a Li Rosi che anche in Lombardia e in Piemonte si cimentano nella coltivazione di grani antichi siciliani. “Il punto è proprio questo – ci rispondeva Li Rosi – i grani duri siciliani possono essere coltivati bene nel Sud Italia e, in particolare, in Sicilia. Sa cosa significa questo? Che potrebbero essere interessati non solo alle varietà di grani antichi, ma anche ai terreni della nostra Isola dove coltivarli”. Ancora Li Rosi tre anni fa: “Per mia abitudine, mi attengo ai fatti. Un noto gruppo statunitense che da anni opera con successo nel mondo dei cereali, dal 13 al 15 giugno scorso, organizza un convegno internazionale a Bologna. Parteciparvi costa 400 euro. Le relazioni sono in inglese. La maggior parte degli agricoltori che vi ha preso parte non era italiana e meno che mai siciliana. Hanno parlato di innovazione legata alla valorizzazione della biodiversità dei grani italiani. E’ chiaro che hanno parlato anche dei grani antichi della Sicilia”. Ci dobbiamo aspettare un attacco alle varietà di grano duro della Sicilia sul modello scippo Senatore Cappelli? (qui per esteso la nostra intervista a Giuseppe Li Rosi di tre anni fa).