Le epurazioni per sospetta nostalgia borbonica (vera o presunta, non c’era bisogno di fornire prove o spiegazioni) buttano in strada migliaia e migliaia di impiegati pubblici, giudici, professori e docenti universitari, militari, professionisti. Il Duca di Maddaloni ne fece un elenco impressionante in Parlamento, fra le proteste dei suoi colleghi (dovette dimettersi): persino il latte delle poppe terrone divenne inadatto, e si facevano arrivare dal Nord le balie per i neonati orfani di Napoli. Sulla moralità del pubblico impiego, in Piemonte, Luciano Salera riporta le parole di Angelo Brofferio, nella Storia del Piemonte: “Si vendevano i favori, si vendevano i titoli, si vendevano cariche e si vendevano le sentenze. Tutto si vendeva” (Al patriota romagnolo Curletti, che si offre come spia a Cavour, per far l’Italia, il generale Saint – Frond, al quale affidato, chiede se gli può rapire una certa ragazza, per la sera stessa. E non fu il solo servizietto del genere richiestogli). Ma tutto questo passerà alla storia e alle storielle, come “borbonico”.
Senza lavoro si ritrovarono i dipendenti delle aziende ecclesiastiche meridionali, alcune molto estese e redditizie (ci campavano migliaia di persone), requisite e vendute da Torino, per fare cassa. Il che lascio senza aiuto anche decine di migliaia di assistiti dagli enti religiosi (cinquemila nella sola Palermo). Per costruire, finalmente, la ferrovia, gli operai li fecero venire dal Nord; c’erano pure dei napoletani: facevano lo stesso lavoro, ma erano pagati la metà ( dite all’imbecille leghista che applaude che sta rischiando qualcosa).
Pino Aprile Terroni, Piemme Edizioni, pag. 77, 78
Tratto da Regno delle Due Sicilie.eu