Nell’estate del 1861, le provincie di Avellino, Benevento e Campobasso erano investite da rivolte seguite da violente repressioni. Come ad Auletta, dove la Legione ungherese fucilò e uccise quarantacinque persone, imprigionandone altre cento. O a Montefalcione dove, sempre 300 ungheresi, si abbandonarono a una spietata caccia all’uomo, ammazzando 150 persone. Niente prigionieri, si sparava per uccidere contro presunti o veri borbonici, e briganti inventati. Il giornale “il Nazionale” del 13 luglio 1861 parlò di “un orribile macello per le vie e le campagne”. Aggiungendo: “Come li pigliano, li fucilano perché qui non se ne vogliono vedere più prigioni, e, se ne verranno, saranno ammazzati inesorabilmente”. I giornali, di qualsiasi colore politico, diffusero tutti la stessa versione sulle violenze senza scrupoli della Legione ungherese a Montefalcione. A quella Legione, l’unica dell’esercito garibaldino a non essere stata sciolta da Cavour, vennero affidati gran parte dei lavori sporchi nella repressione del brigantaggio.
Scrisse il giornale “La bandiera italiana” del 14 luglio 1861, approvando la cinica filosofia dell’occhio per occhio, dente per dente: “La strage de’ briganti ha espiato quelle nostre dolorose perdite con immane ecatombe. Non si è dato quartiere a nessuno, e bene sta. E’ ora di liberare il paese da questi Irochesi”. Già, così venivano definiti i ribelli, contadini, pastori, ex militari borbonici: “irochesi”, che dava loro un marchio di crudeltà selvaggia e di inciviltà. Fu una stagione che Cialdini non avrebbe dimenticato, i mesi più caldi della guerra contadina da affrontare. Tra aprile e novembre 1861, Crocco era nel suo massimo potere. Tra maggio e settembre successivi, in Campania si erano ribellati otto paesi nel Nolano, tre nel Nocerino, uno, Agerola, sulla costiera sorrentina; tre nell’Avellinese; tre nel Matese; sei sul confine pontificio; quattro nell’alto Volturno; due nel Cassinate; cinque nel Casertano. Erano in tutto trentacinque paesi. Senza contare gli otto tentativi di invasione di centri abitati, sventati con affanno dalla truppa. L’Alto Sannio e l’area del cerretese divennero zone segnate con cerchi neri, che significavano emergenza e preoccupazione nelle mappe degli uffici della Luogotenenza di Cialdini a Napoli. La situazione cominciò a precipitare dal 21 luglio, quando i briganti entrarono a Castelpagano.
Gigi Di Fiore Briganti, Utet Edizioni, pag. 170, 171.
Foto tratta da IlSussidiario.nt
Articolo tratto da Regno delle Due Sicilie.eu