“Più importante ancora fu il fatto che il crollo della legge e dell’ordine diede il via libera alle bande di tipo mafioso che erano sempre pronte ad approfittare di un momento del genere per estendere la loro autorità. Di Miceli e Scordato, dopo aver appoggiato la rivoluzione del 1848, si erano schierati dalla parte dei Borboni vittoriosi nel 1849, ad un certo momento divennero di nuovo attivi rivoluzionari, perché essi prosperavano nel disordine e sentivano che se avessero permesso che queste forze popolari sfuggissero al loro controllo ciò non avrebbe rappresentato una minaccia ai loro imperi privati. Non è improbabile che alcuni capi banda avessero dei genuini scopi politici, ma possiamo tranquillamente immaginare che i moventi principali fossero la prospettiva di paga e bottino, l’occasione di distruggere un gruppo rivale, bruciare gli archivi della polizia, liberare i loro amici dalla prigione e dare al proprio nome un aureola di terrore e di rispetto in una zona la più vasta possibile. Questi mafiosi non erano semplici criminali. Il crimine era per essi solo un mezzo per ottenere denaro e potere. La rivoluzione politica rappresentava un altro mezzo; e per questo strano fatto aiutò la Sicilia a dare un contributo decisivo e una spinta in parte inconsapevole alla causa dell’unificazione italiana”.
Denis Mack Smith
Foto tratta da Londra Italia