Magari ci sbagliamo, ma abbiamo la sensazione che la battaglia dei 133 sindaci dei Comuni montani della Sicilia per ottenere la fiscalità di sviluppo sia finita in un binario morto. Magari ci sbagliamo, ma a nostro modesto avviso la via che stanno percorrendo sembra, se non inutile, quanto meno problematica. Siamo tutti d’accordo che l’azione delle Terre alte di Sicilia di Sicilia sia “l’unica via per continuare a vivere nei territori minacciati dalla crisi economica e dallo spopolamento”, come si legge in un comunicato delle Zone Franche Montane della Sicilia. Ma continuare con le manifestazioni, in Sicilia e a Roma, senza proporre qualcosa di ‘forte’, servirà a poco. Manca, ai sindaci e a chi si fa promotore insieme con i sindaci di questa iniziativa, la consapevolezza che lo Stato italiano continua a considerare la Sicilia e, in generale, il Sud Italia una colonia da sfruttare: una colonia dalla quale ‘prendere’, altro che dare! “La fiscalità di sviluppo, destinata alle Terre alte di Sicilia – si legge ancora nel comunicato – è una misura psicologica prima ancora che fiscale e previdenziale. È in gioco il futuro di tutti i paesaggi di montagna della Sicilia”. Chiediamo ai 133 sindaci e agli imprenditori che si sono uniti alla giusta richiesta dei Comuni siciliani delle aree montane: pensate veramente che uno Stato, che un Governo – l’attuale Governo di Mario Draghi – che sta provando a scippare al Sud e alla Sicilia oltre 70 miliardi di euro di Recovery Plan e 2 miliardi di euro di fondi agricoli abbia intenzione di aiutare i Comuni montani della nostra Isola?
Anche la richiesta ai parlamentari nazionali eletti in Sicilia di “far sentire la propria voce” nel Parlamento nazionale, messa così, è rigorosamente inutile. Molto più logico – e più stringente – il ragionamento che alcuni dei rappresentanti del mondo agricolo (con in testa il Movimento Terra è Vita) ed Equità Territoriale che hanno detto a chiare lettere: egregi parlamentari nazionali eletti in Sicilia, se il Governo nazionale scipperà i fondi agricoli alla Sicilia (400 milioni di uro lo scippo previsto in Sicilia, 2 miliardi lo scippo previsto in tutto il Sud) noi non vi voteremo più e inviteremo tutte le persone che conosciamo a non votarvi più. Questa è una posizione politica più conducente, se volete anche radicale: ma è l’unica strada per cercare di ottenere qualcosa, perché, portata alle estreme conseguenze, provoca ‘rotture’ dentro il Governo nazionale. Se il presidente del Consiglio Draghi si accorgerà che gli scippi al Sud e alla Sicilia di Recovery e fondi agricoli metteranno in crisi la sua maggioranza e il suo Governo, li bloccherà; se la protesta dei 133 sindaco siciliani si salderà a questa battaglia, il Governo Draghi darà il via libera alla fiscalità di sviluppo. I parlamentari del Sud e della Sicilia seguiranno questa linea? Sì, altrimenti non verranno rieletti. Altre vie da percorrere non ce ne sono. Ribadiamo: le mozioni e i documenti che “impegnano” questo e quell’altro e bla bla bla non servono a nulla! Se – egregi sindaci – vi sfugge il dato politico che mentre voi, da tanto tempo, chiedete la fiscalità di sviluppo, il Governo nazionale – con la connivenza del Parlamento nazionale – sta provando a ‘sfilare’ al Sud e alla Sicilia oltre 70 miliardi di euro di Recovery Plan e 2 miliardi di euro di fondi agricoli (ribadiamo: 400 milioni di euro di scippo solo agli agricoltori siciliani!), ebbene, allora c’è un problema di ‘lettura’ della realtà. Poi, per carità, se volete continuare con le manifestazioni che fino ad ora non hanno prodotto risultati concreti, continuate pure. A nostro avviso, va condotta una battaglia comune: tutela dei fondi Recovery, tutela dei fondi agricoli e richiesta della cosiddetta fiscalità di sviluppo per i Comuni montani della Sicilia.