di Diego Fusaro
Oggi desidero parlarvi di un fenomeno inquietante, a cui purtroppo non si sta attribuendo la debita importanza. Riguarda molti ragazzi delle nuove generazioni, rapiti dal sogno dei “subiti guadagni”, come li appellava Dante Alighieri, resi oggi possibili dai cosiddetti social networks. Leggo proprio in questi giorni il caso di una diciassettenne che, grazie a un noto social di video, è riuscita a guadagnare
È l’esito di una civiltà, la nostra, che si è ciecamente consegnata all’utile e al furor oeconomicus, sul cui altare appare pronta a sacrificare tutto, perfino l’istruzione. Non si tratta, però, di fare le solite geremiadi e l’usuale condanna spietata del presente, assumendo la ben nota autogratificante postura dei moralisti. Bisognerebbe, invece, provare a conquistare le nuove generazioni con la seduzione della cultura: la quale, se solo si riesce a far scattare la giusta passione, può diventare la via privilegiata di molti anche tra i più giovani. Occorre rovesciare la narrazione prevalente, che presenta la scuola e l’università come meri avamposti per il mondo del lavoro: con l’ovvia conseguenza per cui, se si trova prima un lavoro ben remunerato, diventa superfluo andare a scuola e all’università. La scuola e l’università sono i luoghi più importanti, quelli in cui si scolpisce la propria persona e si diventa consapevoli di sé e della propria civiltà. Lì, diremo con Plotino, si scolpisce la nostra statua interiore. Per questo, è così importante far divampare nelle teste e nei cuori dei più giovani l’erotica del sapere, quel desiderio di conoscere che – ci ricorda Platone – è l’atteggiamento proprio di chi ama ed è disposto a ogni fatica per avvicinarsi a ciò che ama. Nel tempo della malia della cifra e della quantità, della crescita e del calcolo, in cui pare che conti solo ciò che può essere contato, è di fondamentale importanza riuscire a dissociare l’identità assoluta tra valore e valore economico: e giungere, così, a capire che le cose più importanti non sono cose.