Cantiere Navale di Palermo: “S’affumaru i cazzilli?“. L’espressione della vecchia Palermo calza a pennello. I cazzilli sono le crocchette di patate. Ora quando il panellaro con la motolapa che si piazza nelle via della città è un po’ distratto e dimentica di aver messo a friggere le crocchette, queste ultime si bruciano, diventano di colore nero e, ovviamente, non si possono più mangiare. In questo caso si usa dire: “S’affumaru i cazzilli!“. La stessa cosa sta succedendo con il glorioso Cantiere Navale del capoluogo della Sicilia. Perché scriviamo questo? Perché con la strana vendita ( o svendita?) dei due bacini di carenaggio avvenuta qualche giorno fa, il Cantiere Navale – già in difficoltà – con molta probabilità verrà smantellato. Esageriamo? Certo, è una nostra tesi, magari altri diranno che ci stiamo sbagliando, che stiamo esagerando, che siamo sempre pessimisti e via continuando. Ma, a nostro modesto avviso, i segnali di una trasformazione-riduzione del
Andiamo all’articolo. Dice Apprendi: “La vendita dei due bacini di carenaggio del Cantiere Navale di Palermo, da 19 e 52 mila tonnellate è una vergogna tutta siciliana”. Per la cronaca, Pino Apprendi è figlio di un lavoratore-sindacalista del Cantiere Navale di Palermo. Parliamo di anni lontani, di persone serie, di un Pci che non nera ancora ‘scivolato’ nel disastroso ‘Compromesso storico’ di fine anni ’70. Altri tempi. Anche se Pino Apprendi, pur avendo militato nel Pci post ‘Compromesso storico’, non ha mai perso le sue radici di sinistra e, da parlamentare regionale, nel ruolo di vicepresidente della Commissione Attività produttive dell’Assemblea regionale siciliana, ha seguito da vicino le vicenda del Cantiere Navale di Palermo. Nei giorni scorsi i due bacini sono stati venduti a 1,55 milioni di euro, circa metà della base d’asta, all’azienda palermitana Vulcano Shipyard srl. “Nel mio ruolo di vicepresidente della Commissione – racconta Apprendi – ho convocato tutti i soggetti che potevano contribuire a rilanciare il Cantiere Navale per la costruzione delle navi. Sin dal primo incontro, tutti i presenti al tavolo posero come pregiudiziale la ristrutturazione dei due bacini da 19 e 52 mila tonnellate, ‘condizione indispensabile perché Fincantieri non abbandonasse Palermo’, disse il direttore di allora, Attilio Tirelli. Fu una lunga battaglia che trovò sostegno nell’assessore alle Attività produttive Marco Venturi e nello stesso presidente Raffaele Lombardo”. Apprendi fa riferimento alla
Agli atti di qualche giorno fa c’è anche un comunicato stampa della Cgil di Palermo che ci ha un po’ stipiti: “La vendita all’asta dei due bacini galleggianti da 19 mila e 52 mila tonnellate del porto di Palermo, di proprietà della Regione, è un fatto positivo – leggiamo in questo comunicato che porta la firma del segretario generale Fiom Cgil Cgil Palermo Angela Biondi, Francesco Foti, della Fiom Cgil Palermo, e il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo -. Questi due bacini, di cui da anni denunciamo lo stato di abbandono, rischiano di affondare e bloccare il porto di Palermo. Ma questa vicenda è frutto dell’assenza politica regionale. Sono passati quindici anni da quando si parla di riparare questi bacini per il rilancio del Cantiere Navale di Palermo e invece non si è mai intervenuto e queste due infrastrutture sono diventate obsolete e portate al macero come ferro vecchi da eliminare”. Per quello che sappiamo i ferri che si trovano in questi due bacini saranno pure vecchi, ma hanno un certo valore. Qualcuno ha tenuto conto di questo? Ancora la Cgil: “Vorremmo capire dalla Regione siciliana – dicono sempre Biondi, Foti e Ridulfo – come intende affrontare i problemi per il rilancio dell’industria metalmeccanica palermitana, un’industria ridotta al lumicino. Non esiste più un tessuto industriale con grandi insediamenti, vorremmo capire qual è la strategia della politica per affrontare il futuro e restituire a questa città la vocazione industriale che in passato aveva. Dalla vertenza Blutec, ad Ansaldo Breda, la cui chiusura ha messo fine all’unica fabbrica di punta nel settore ferroviario, rimane adesso la speranza che il bacino di carenaggio da 150 mila tonnellate del Porto, secondo le intenzioni dell’Autorità di sistema portuale possa tornare a ridare sviluppo della cantieristica, ma per il resto nella nostra città rimangono piccoli insediamenti di un’industria un tempo fiorente. Italtel che contava 2mila lavoratori adesso si ritrova con 190 dipendenti. La Leonardo, sito alla Guadagna di Finmeccanica, è invece esempio positivo di come una multinazionale può investire puntando su commesse e nuovi investimenti nella nostra realtà, rilanciando il sito e creando nuova occupazione. Come si pensa di rilanciare l’industria? Le istituzioni battano un colpo. Altrimenti i nostri giovani ingegneri navali e metalmeccanici sono costretti a emigrare al Nord perché qui l’industria non offre prospettive”.
Resta da capire che cosa ci vede di “positivo” la Cgil di Palermo nella vendita dei due bacini, peraltro a un prezzo piuttosto basso. Noi, per capire qualcosa in più, abbiamo chiesto cosa pensa di quanto sta succedendo a una figura storica della Cgil siciliana: Luigi ‘Gigi’ Colombo. Sindacalista, parlamentare regionale del Pci negli anni ’80 del secolo passato, Colombo è un grande conoscitore non soltanto della storia del Cantiere Navale di Palermo, ma di tante vicende dell’area portuale del capoluogo dell’Isola. Con lui ripercorriamo un po’ la storia di una realtà produttiva, cominciando dagli anni ’60 del secolo passato, quando, ci racconta il sindacalista, presso il Cantiere Navale della città lavoravano 2 mila e 800 dipendenti, più altri 3 mila lavoratori circa dell’indotto. Colombo ci riporta agli anni ’60 e ’70 del secolo passato, quando in Giappone si costruivano le navi a pezzi. Gli anni in cui al Cantiere Navale di Palermo arriva l’IRI, ovvero le Partecipazioni Statali. “In quegli anni – ci dice – va in scena il primo, grande errore. Nel Cantiere Navale di quegli anni lavoravano tanti contrattisti. L’IRI assunse praticamente tutti. Nel Cantiere Navale entrarono soggetti non qualificati. Un grave errore. Poi arrivarono i prepensionamenti. E poi arrivarono pure le lavorazioni in amianto”. E qui qualche ricordo lo abbiamo anche noi, con problemi di inquinamento per l’amianto e i relativi problemi per la salute.
Noi, negli anni ’70 del secolo passato eravamo ragazzini. Ma ricordiamo bene che quando gli operai del Cantiere Navale scendevano in piazza per le vie della città era uno spettacolo. Chi oggi ha i capelli bianchi ricorderà le tute blu che superavano il cavalcavia di Piazza Giachery, per percorrere via Duca della Verdura e poi via Libertà. In quegli anni si costruivano e si riparavano traghetti. E già allora si poneva la questione legata alla possibile utilizzazione dell’area della manifattura tabacchi. “Allora – ci dice sempre Colombo – si parlava di utilizzare quest’area come zona di prefabbricazione. Erano gli anni in cui si ipotizzava di trasformare il Cantiere Navale di Palermo da
Leggiamo un intervento del parlamentare nazionale del Movimento 5 Stelle, Adriano Varrica: “Siglato protocollo d’intesa tra Autorità Portuale e Fincantieri per il rilancio del cantiere navale di Palermo (dicembre 2018). Il 28 dicembre 2018 è stato siglato un protocollo tra Fincantieri e l’Autorità portuale della Sicilia occidentale per il rilancio del cantiere navale di Palermo. L’accordo, che impegna Fincantieri alla realizzazione di nuove navi a Palermo con importanti ricadute occupazionali, è condizionato alla realizzazione di una serie di investimenti da parte dello Stato, in primo luogo quello relativo al bacino di carenaggio da 150.000 t.p.l”. E ancora: “Stanziati 81 milioni di euro per il bacino da 150.000 t.p.l. (maggio 2019). Nello schema di decreto di riparto del Fondo investimenti per le Amministrazioni centrali (istituito con la legge di bilancio 2019) abbiamo previsto il finanziamento dell’intervento per il bacino da 150.000 t.p.l. nel cantiere di Palermo. Con decreto ministeriale n. 353 del 13 agosto 2020 è stato definito il finanziamento di 81 milioni di euro all’Autorità portuale”. E ancora: “Stanziati 39 milioni di euro per ulteriori interventi necessari al rilancio del cantiere navale (luglio 2019)
Con delibera CIPE n. 47 del 24 luglio 2019 (pubblicata in G.U. il 15 novembre 2019), come Governo nazionale abbiamo stanziato le risorse necessarie a finanziare gli interventi complementari al rilancio del cantiere navale di Palermo, giungendo ad un finanziamento complessivo di 120 milioni di euro. Siglato accordo tra Autorità Portuale e Fincantieri per il polo navalmeccanico di Palermo (dicembre 2020)”. Varrica parla anche di obiettivi da raggiungere: “Supportare l’Autorità portuale nel tempestivo utilizzo dei 120 milioni di euro stanziati, anche tramite il conferimento di poteri commissariali – Stimolare l’impegno di Fincantieri per garantire nuove commesse al cantiere di Palermo e generare i connessi incrementi dei livelli occupazionali – Promuovere la realizzazione a Palermo di un polo di formazione specialistica per favorire il rilancio occupazionale e produttivo – Promuovere la riqualificazione di aree e immobili a Palermo di proprietà di Fincantieri con effetti positivi per la comunità locale – Stimolare la partecipazione della Regione al piano di rilancio del cantiere navale di Palermo”. Che fine hanno fatto tutti questi impegni?
Ormai c’è l’Unione europea e i bandi per la realizzazione delle navi sono bandi europei. Ma anche navi realizzate da privati siciliani in Turchia. Insomma, le navi che solcano i mari della Sicilia si costruiscono ovunque, tranne che in Sicilia e, soprattutto, tranne che a Palermo. Del resto, la scelta della politica italiana e siciliana – mantenere in vita il Cantiere Navale giusto per non fare venire meno una tradizione che comincia negli anni precedenti all’unità d’Italia e che diventa importante al tempo dei Florio e che resiste fino agli anni del Conte Tagliavia – è risultata ‘vincente’. Vincente per la politica cittadina di basso cabotaggio, non certo per la città di Palermo, se è vero che il Cantiere Navale della città, ormai da decenni, non costruisce più navi. Oggi, nel silenzio generale, in una città che fa letteralmente pena, tra immondizia nelle strade, strade che cadono a pezzi, con i servizi in alcuni casi inesistenti, con le periferie abbandonate, con le strutture sportive fatiscenti, con l’economia cittadina boccheggiante, con il Comune sull’orlo di una crisi finanziaria di non semplice ‘lettura’ si consumano anche le ultime speranze di mantenere in vita il Cantiere Navale: due bacini venduti nel silenzio e senza polemiche, l’area della manifattura tabacchi da trasformare in hotel… Tra le macerie che il prossimo anno troverà il nuovo sindaco di Palermo ci sarà anche la scomparsa del Cantiere Navale di Palermo?
Foto di prima pagina tratta da Nuovo Sud
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