Non sappiamo come finirà la sceneggiata dei 9 milioni di euro di aumento della TARI chiesta dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Non sappiamo – come ha ipotizzato la pagina Facebook LIBERIAMO PALERMO – se il primo cittadino vorrebbe dimettersi. Due cose sono invece chiare. La prima è il caos politico e amministrativo. La seconda cosa è il tentativo, da parte di alcune forze politiche che hanno sostenuto Orlando fino a qualche settimana fa, di accreditarsi come ‘oppositori’ dell’attuale amministrazione comunale nella speranza – a nostro avviso vana – di lucrare un po’ di consenso. E’ il caso dei consiglieri comunali di Italia Viva di Renzi, ormai opposizione dopo essere stati orlandiani a tutti gli effetti. In tutto questo c’è Forza Italia di Gianfranco Miccichè che si agita. Perché? Sempre per questioni di poltrone. Anzi, di una poltrona. Micciché vorrebbe trovare nell’attuale Parlamento siciliano in uscita i voti d’Aula che dovrebbero garantirgli, nella prossima legislatura, la terza elezione a presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Abbiamo citato tre casi politici che sono legati da un denominatore comune: il rifiuto della fine delle rispettive esperienze politiche. Infatti né Orlando, né i consiglieri comunali di Italia Viva (più il loro leader, il parlamentare nazionale Davide Faraone), né Gianfranco Miccichè hanno capito che è giunta l’ora di uscire di scena. E poi ci sono i grillini, tenuti in piedi dai sondaggi che gli assicurano-rassicurano un 15-16% che, a parere di chi scrive, non esiste.
La Palermo di Orlando è sotto gli occhi di tutti. Una città ai minimi termini, tra servizi scadenti, lavori pubblici eterni, alberi tagliati, munnizza ovunque e degrado a tutti i livelli: sociale, ambientale, economico e, soprattutto, politico. Orlando lo capisce? Sì e no. Sa che non si può ricandidare; e sa anche che perderebbe in ogni caso: e sa anche che il centrosinistra perderà Palermo. Ma non si rassegna. E prova a fare questo e quello, così, senza una meta. Per fare che cosa? Forse non lo sa nemmeno lui. Come quasi tutti i vecchi politici che hanno di se stessi un gran concetto, toccherà agli altri mandarlo a casa. A meno che non abbia ragione LIBERIAMO PALERMO. Ma noi ne dubitiamo.
Anche Miccichè, a suo modo, interpreta la fine della politica. Eletto quattro anni fa presidente dell’Ars grazie ai voti del PD, vorrebbe passare dal centrodestra al centrosinistra armi e bagagli. I bagagli riuscirebbe e portarli con sé, le armi, a quanto pare, no: sono in pochi, infatti, quelli con i voti che lo seguirebbero nel centrosinistra alle elezioni regionali del prossimo anno. E siccome se c’è una cosa che Miccichè sa fare bene sono i passaggi politici trasformisti – va dove trovi spazio, centrodestra, centrosinistra e chi capita tutti uguali sono – sa che senza il seguito di parlamentari e ‘truppe cammellate’ non avrebbe dove andare. Così ha ricominciato a trattare con il centrodestra: va bene la ricandidatura di Nello Musumeci alla presidenza della Regione (che però non sembra entusiasmare la Lega); va bene il ritorno alla Salute-Sanità di Ruggero Razza; va bene questo, va bene quello. L’importante è che Gianfranco abbia di nuovo assicurata la presidenza del Parlamento siciliano per la terza volta. Ma…
Ma i conti, per Gianfranco, non solo non tornano nel centrosinistra, ma non tornano nemmeno nel centrodestra. Miccichè sa che, nel centrodestra, non avrebbe mai i voti per farsi rieleggere presidente dell’Ars, ammesso che trovi i voti per farsi rieleggere nel Parlamento siciliano: e noi anche sulla sua rielezione abbiamo dubbi. Il tempo, in politica, arriva per tutti. L’intelligenza, in politica, sta nel capirlo, evitando forzature improprie. Come quelle dei consiglieri comunali di Italia Viva, partito fatto a immagine e somiglianza di Matteo Renzi, altro candidato alla fine dell’attività politica. Siccome è stato il grimaldello che ha fatto saltare il Governo di Giuseppe Conte per portare a Palazzo Chigi il banchiere buone per tutte le stagioni, Renzi s’illude di venire rieletto in Parlamento. Non sarà così, perché lo spazio elettorale di Italia Viva è troppo ristretto. Con molta probabilità, farà la fine dell’ex Ministro Angelino Alfano: grandi contatti, grandi ‘operazioni’, anche internazionali, ma fuori dal circuito parlamentare.
I grillini, infine. Non sappiamo se, alla fine, per disperazione, si affideranno ad Alessandro Di Battista. Perché diciamo questo? Perché noi non crediamo che Giuseppe Conte riuscirà a salvare il Movimento 5 Stelle dal marasma. C’è chi pensa che i grillii prenderanno il 15% perché c’è Conte. Chilo pensa dimentica che i grillini, dopo un anno di Governo, alle elezioni europee del 2019, hanno perso il 50% dei voti. Da allora in poi ne hanno combinate di tutti i colori. Dovrebbero mantenere i voti presi alle europee nonostante i disastri politici dei quali sono stati protagonisti? Non ci crediamo proprio! A nostro avviso, se gli andrà bene – ma gli dovrà andare bene – terranno il 6-7% dei voti. Ricordiamoci che il voto grillino è d’opinione. Se un partito d’opinione ignora il proprio elettorato alle elezioni prenderà ‘mazzate’. Non sarà il Reddito di cittadinanza a salvare i grillini.