Quando qualche giorno fa abbiamo scritto che, con il ritorno alla Casa Bianca dei Democratici, sono tornate le guerre e che il nuovo conflitto tra israeliani e palestinesi serve per fare acquistare costosissime armi e fare guadagnare montagne di soldi alle multinazionali che producono, appunto, armi, non sono mancate le critiche. Alcune critiche sono arrivate, mettiamola così, dalle vittime dell’informazione che ha accompagnato Donald Trump a partire dalla sua elezione, avvenuta alla fine del 2016; in quattro anni su Trump ne hanno dette di tutti i colori: che è matto, che è un puttaniere, che è un evasore fiscale e hanno trovato persino parenti che hanno parlato male di lui. Tutte bugie, ovviamente. Altre critiche sono arrivate da chi non conosce bene la storia degli Stati Uniti d’America: né quella del passato ormai lontano (la guerra in Vietnam la iniziò il presidente americano Lyndon Baines Johnson, Democratico), né quella del passato recente (il ‘premio Nobel per la pace’ Barack Obama, anche lui del partito Democratico, che durante gli otto anni della sua presidenza degli Stati Uniti ha riempito il mondo di guerre). Piaccia o no, Trump, nei quattro anni della sua presidenza ha lasciato le multinazionali delle armi a bocca asciutta. Non altrettanto può dirsi del suo successore, il presidente ‘postale’ Joe Biden che, stando a una rivelazione di queste ore del Washington Post “ha autorizzato la vendita di armi a Tel Aviv per un valore di 735 milioni di dollari. Il Congresso è stato informato della decisione lo scorso 5 Maggio ma, scrive il giornale, alcuni parlamentari della Commissione esteri alla Camera non ne sono venuti a conoscenza prima di questo fine settimana. Il Parlamento americano ha 20 giorni per fare ricorso (citazione tratta da Il Fatto Quotidiano).
I fatti ci stanno dando ragione. L’amministrazione Biden ha autorizzato la vendita ad Israele di armi per un valore di 735 milioni di euro. Israele, per la cronaca, è il Paese che sta massacrando i palestinesi. Insomma, la guerra, per il capitalismo liberista che oggi governa il mondo – e che oggi esercita un peso notevole sugli Stati Uniti – è una necessità. Sennò a chi li vendono le armi? Pensate un po’ che ‘disgrazia’ che è capitata ai mercanti di armi: per quattro anni – 2017-2020 – si sono dovuti sorbire un presidente degli Stati Uniti, Trump, che non ha acceso nemmeno un conflitto! Ovviamente, i costruttori di armi non ne potevano più: può il mondo andare avanti senza guerre e, quindi, senza la vendita delle armi? Giammai! Questa è stata, con molta probabilità, la motivazione per la quale è stata scatenata una campagna mediatica contro Trump durata quattro anni. Ed è anche la motivazione del perché, un modo o nell’altro, hanno fatto perdere le elezioni presidenziali a Trump con forzature incredibili. I nostri lettori, se lo vogliono, possono andare a rileggersi i nostri articoli sulle elezioni americane del 2020, dove raccontiamo con dovizia di particolari tutti gli imbrogli messi in atto per fare perdere Trump.
Un solo dato dovrebbe fare riflettere: nessun presidente americano uscente che alle elezioni per il possibile secondo mandato ha preso più voti rispetto alla prima volta che è stato eletto ha mai perso le elezioni. Trump, alle elezioni del Novembre 2020, ha preso addirittura 12 milioni di voti in più (nel complesso circa 75 milioni di voti)! Ma ha perso perché il suo avversario – il citato Biden – ha preso oltre 80 milioni di voti, quasi tutti ‘postali’, cioè voti su schede spedite via Posta! Una farsa! Il Paese – gli Stati Uniti d’America – che si autodefinisce democratico è, in realtà, un Paese tragicomico, dove, se richiamati all’ordine, tutti i poteri si adeguano agli ordini del potere. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, anche di quelli che non vogliono vedere la realtà: 735 milioni di dollari di armi che l’America ha venduto ad Israele. C’è chi sostiene che – soprattutto alla luce di tutto quello che sta succedendo – i ricorsi di Trump alla Corte Suprema degli Stati Uniti dove si denunciavano brogli elettorali – potrebbero essere ripresi. C’è da crederci? Noi siamo pessimisti. Se non altro perché, dal Vietnam in poi, non abbiamo mai creduto nella democrazia americana.
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