A Bronte le operazioni per il ripristino degli usi civici e per la spartizione delle terre demaniali ai contadini, previsti dalla buona legislazione del Regno di Sicilia (e, successivamente, del Regno delle Due Sicilie), erano stati di fatto condizionati pesantemente nel 1799, allorché il Re Ferdinando aveva dato in donazione all’Ammiraglio inglese Orazio Nelson un vastissimo territorio, Maniace, gravato appunto di usi civici e trasformato in Ducea. Il titolare del Ducato era lo stesso Ammiraglio, neo-proprietario, che ovviamente era stato nominato Duca di Bronte. Un vero disastro, in particolare per i molti contadini e per i pastori nullatenenti di quell’importante area agricolo-silvo-pastorale, che nel tradizionale istituto degli usi civici avevano trovato e trovavano come vivere discretamente. Gli amministratori Inglesi della Ducea, invece, applicando arbitrariamente in Sicilia il diritto vigente nel Regno di Albione, ritenevano come inesistenti i gravami degli usi civici e tutto il corpo legislativo del Regno di Sicilia su quell’immensa azienda. I brontesi titolari di tanti diritti (pascolare, seminare, andare a caccia, fare legna, carbone, raccolte di frutti, ecc.) si ritrovarono, quindi, improvvisamente defraudati ed impoveriti. Diedero luogo, pertanto, ad una serie di proteste e di contese, anche giudiziarie, nei confronti della Ducea. Difficile, però, per i magistrati e per i funzionari del Regno fare applicare le leggi vigenti in materia ad una famiglia nobile che, anche dopo la morte dell’Ammiraglio, restava potentissima e… soprattutto Inglese.
Le difficoltà diventarono maggiori quando il Governo di Londra, da alleato ed amico dei Borbone, ne sarebbe diventato – dopo la scomparsa del pericolo napoleonico – il peggiore nemico. Un nemico potentissimo alla ricerca di qualsiasi pretesto pur di intromettersi negli affari interni del Regno delle Due Sicilie che peraltro sarebbe dovuto ad ogni costo scomparire per rendere possibile la creazione di un unico, monolitico, Regno d’Italia. Nel maggio del 1860, dopo lo sbarco di Garibaldi, fu promesso che tutto sarebbe cambiato in meglio. Ed in effetti tutto cambiò. Ma in peggio. Gli amministratori della Ducea di Bronte, ben sapendo che l’Armata Garibaldina aveva operato ed operava quasi esclusivamente grazie alla protezione inglese, divennero ancora più arroganti e pretenziosi nei confronti dei contadini e dei pastori di Bronte. Era naturale che in questa loro azione scellerata fossero favoriti dalla sparuta minoranza di dipendenti privilegiati, di borghesi e di professionisti locali, che con l’amministrazione della Ducea di Bronte convivevano bene e ne traevano qualche utile particolare, anche se a danno della Comunità. Il malcontento, quindi, era salito alle stelle e non erano mancate violenze da parte dei sorveglianti del possedimento contro i contadini ed i pastori che pretendevano il rispetto dei propri diritti vitali e giuridicamente protetti (in teoria). Il prode Gasparazzu, in quei giorni di violenze e di saccheggi, pensò di strumentalizzare i descamisados di Bronte, accecati dalla rabbia per i torti subiti negli ultimi 60 anni. Il primo ed i secondi andavano, peraltro, per le spicciole. E non avevano ben compreso, a loro volta, che le violenze alle quali erano sostanzialmente autorizzati potevano essere operate contro tutti ma non contro gli Inglesi, le loro proprietà ed i loro servi. O contro coloro che già avevano abbracciato la causa garibaldina. E che la loro cosiddetta rivoluzione unitaria e filo-sabauda era stata voluta e pilotata dagli Inglesi, che dettavano ovviamente le loro regole anche a Garibaldi ed anche a Vittorio Emanuele.
Si verificarono, pertanto, con l’abile regia di Gasparuzzu, i primi grandi disordini, che sfociarono ben presto nella orrenda strage di avversari e di cittadini benestanti di Cappedda (ai Borghesi, cioè). Gli amministratori della Ducea misero subito in allarme tutti i Consoli Britannici in Sicilia, gli agenti ed i consiglieri Inglesi e lo stesso Garibaldi. Chiesero interventi severi ed immediati. Ne sarebbe andata di mezzo la credibilità dell’Eroe dei Due Mondi. Ed ecco che Garibaldi manda su Bronte, con i pieni poteri, Nino Bixio con la sua colonna. A Bronte, però, non era rimasto nessuno dei masnadieri estranei alla città. Gasparazzu (con i suoi banditi e con notevole bottino), tagliando rapidamente la corda, aveva ripreso la via della macchia. I contadini ed i pastori più compromessi nella sommossa, fiutato il cambiamento di vento, si affrettarono a disperdersi per i boschi e le campagne. Bixio non ebbe difficoltà a mostrarsi feroce. Lanciò anatemi, bandi e minacce nel più puro stile di un Generale di un esercito di occupazione. Voleva i responsabili del massacro, ad ogni costo. Ne chiese conto all’Amministrazione Comunale che non contava più niente. Comminò, fra l’altro, una tassa di guerra per ogni ora passata invano. E minacciò ferro e fuoco. Bisognava salvare quantomeno la faccia. Si concordò allora, fra gli stessi Garibaldini e qualche collaborazionista, di fare cadere la maggiore responsabilità su un personaggio in vista per i propri sentimenti liberali e Sicilianisti, l’avvocato Nicolò Lombardo, colpevole di conoscere le leggi, i diritti ed i doveri di tutti anche in materia di usi civici e di avere difeso gli interessi della comunità. Con lui furono individuati altri quattro capri espiatori, compreso lo scemo del Paese. Altri cittadini, pastori e contadini, prevalentemente presi a caso, sarebbero stati arrestati e processati in un secondo tempo. In esecuzione della condanna a morte, emessa dopo un processo sommario, immediato e privo di un benché minimo elemento di legittimità, di serietà e di garanzia, celebrato dalle stesse autorità militari, il 10 agosto 1860, nei pressi della Chiesa di San Vito, l’avvocato Lombardo ed i suoi quattro compagni di sventura furono fucilati. Mentre centinaia di persone venivano deportate nelle varie carceri della provincia.
Giuseppe Scianò “E nel mese di Maggio del 1860 la Sicilia diventò colonia”
Foto tratta da Vesuvio Live