La Commissione europea prova a portare sulle nostre tavole gli insetti. “I vermi gialli della farina sono ricchi di proteine, fibre e sali minerali”. Cosa vi aspettavate di diverso dall’Unione europea? E cosa vi aspettavate di diverso dai governanti dei 27 Paesi che ne fanno parte, che hanno subito detto sì al Governo della Ue? E cosa vi aspettavate dall’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare che, dopo una “rigorosa valutazione scientifica”, ha detto sì alla nuova trovata alimentare dell’Unione europea? Sì, insetti essiccati come sputino e, perché no?, anche la pasta prodotta con gli insetti. Del resto, se la Ue, da anni, propina ai propri abitanti il grano duro e il grano tenero al glifosato perché non provare a produrre anche la pasta e magri il pane con gli insetti seccati e ‘macinati’? Questo è il primo passo: tra un po’ gli ‘eurocrati’ proveranno a portare sulle nostre tavole scarafaggi, bruchi, cavallette, cicale, termiti, libellule, mosche e, con le dovute ‘precauzioni’, anche le formiche (con le formiche bisogna fare attenzione perché c’è di mezzo l’acido formico).
La domanda è: perché l’Unione europea sta promuovendo gli insetti nella dieta degli europei? La risposta è legata alla crescita della
Morale: nei prossimi anni, all’aumento della popolazione mondiale corrisponderà una riduzione della produzione agricola. E poiché allevare e produrre insetti costa molto meno che produrre grano, ortaggi, frutta e latte, ecco che, in prospettiva – e parliamo di una prospettiva breve, trent’anni, forse anche meno – gli insetti debbono diventare l’alimentazione della grande massa della popolazione che, sempre in prospettiva, deve essere sempre più apolide e sempre con meno diritti sociali. Ricordiamoci che oggi, nel mondo, circa 2 miliardi di persone si cibano anche di insetti. Scomparirà l’agricoltura? No, ma – sempre in prospettiva – l’agricoltura servirà per alimentare una ristretta cerchia di abitanti del mondo, mentre la gran massa dei futuri abitanti del Pianeta si alimenterà con gli insetti. Nel sistema liberista attuale e prossino venturo tutto torna come un puzzle dove ogni tassello, piano piano, deve andare a sistemarsi nel tassello prestabilito.
Sotto questo profilo, l’Unione europea è un esempio preciso di quello che succederà nei prossimi trenta-quarant’anni. Intanto va spiegato il perché, sin dagli albori, quella che in tempo si chiamava Cee (Comunità economica europea) ha preso il controllo dell’agricoltura. Allora si disse che era il settore più semplice da controllare. Menzogna: è il settore che ha condizionato, che condiziona e che condizionerà sempre di più la vita delle persone. Già dai primi anni ’80 del secolo passato si sacrificava l’agricoltura del Sud Europa per favorire l’industria: prima per favorire l’industria di tutta l’Europa (l’importazione di agrumi dal Nord Africa per favorire la penetrazione in questi Paesi di automobili italiane), dopo Tangentopoli per favorire l’industria tedesca, francese e di alcuni Paesi del Nord Europa. Il regolamento sulle Quote latte è stato uno dei più grandi imbrogli dell’Europa ‘unita’: un meccanismo con il quale la zootecnia bovina del Nord Europa ha provato a scardinare – riuscendoci solo in parte – la zootecnia bovina dell’Europa mediterranea e, soprattutto, quella italiana, molto organizzata nel Centro Nord Italia. Da un decennio a questa parte assistiamo a un continuo scardinamento del sistema agricolo del Sud Europa: il grano al glifosato e alle micotossine, il pomodoro fresco e lavorato che arriva dalla Cina e anche dall’Africa, l’ortofrutta che arriva da mezzo mondo e poi la ‘news’ degli ultimi anni: l’olio d’oliva ‘extra vergine’ del Nord Africa (in questo caso l’obiettivo è l’eliminazione degli oliveti da olio di Puglia, Calabria e Sicilia, dove si produce il 90% del vero olio extra vergine di oliva italiano). Tutti prodotti che arrivano a prezzi stracciati per mandare in fallimento le aziende agricole italiane.
E’ in questo scenario che si inseriscono gli insetti da portare sulle tavole degli europei. Puntando sullo stravolgimento delle nostre radici culturali. Un punto – l’aspetto culturale di questa vicenda – che Giuseppe Li Rosi, protagonista dell’esperienza di Simenza, intervenendo su Facebook, coglie molto bene: “Mangiare gli insetti è una pratica che appartiene ad altre civiltà e il provarne un piatto è una libera scelta. Però il legiferare affinché si possa sviluppare questo uso alimentare sa proprio di fluidificazione della tradizione territoriale e di rottura delle ultime membrane protettive di un identità culturale o della sovranità alimentare. Che si provi a legiferare per far mangiare le lumache in Israele o il maiale nei paesi islamici. De gustibus non disputandum est ma qui si mette in gioco la ormai tanto erosa identità di una civiltà che ha scelto di procurarsi le proteine con altri sistemi dettati da condizioni naturali e agroalimentari frutto di millenni di evoluzione. Qua mi sembra più un ‘mucca ciddhazzu’ piuttosto che un passo evolutivo”.
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