Nella pagina Facebook di Sicilia-Catalunya va un post di Fabio Petrucci sul Gonfalone ufficiale della Regione siciliana. I protagonisti sono due storici siciliani che si trovarono entrambi parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana nella legislatura 1986-1991. Sono Massimo Ganci, che era stato eletto nelle file del Pci e Giuseppe Tricoli, eletto nelle file del Movimento Sociale Destra nazionale. A loro e a qualche altro deputato di quella legislatura si deve un’iniziativa culturale importante ben riassunta da Petrucci: “Nel 1990, dopo un lungo iter parlamentare avviato nel 1982 da un gruppo di deputati comprendente gli storici Giuseppe Tricoli (MSI) e Massimo Ganci (PCI), l’Ars approvò il gonfalone ufficiale della Regione Siciliana. Non tutti lo conoscono, ma esso riassume alcuni dei passaggi più importanti della storia politica della Sicilia. Di seguito un brano di un articolo citato nel volume “Mito e storia: stemma e gonfalone della
“Non v’è che da plaudire alla scelta dei simboli gentilizi delle tre casate normanna, sveva, aragonese. (…) Ciò, a parte i motivi così bene espressi nella relazione annessa alla proposta, perché con le suddette dinastie la Sicilia assunse assetto di nazione e conseguì ruolo di Regno con piena sovranità territoriale: posizione aulica nella quale non si era trovata né coi romani, né coi bizantini, né tampoco con gli arabi che ne avevano declassato il popolo a livello subordinato escludendolo dalla dignità delle armi e sottoponendolo a tributo. Regno libero e indipendente da qualsiasi soggezione di stato straniero, dato che non dipese certo dalla modestissima attinenza di Coutances originaria dei nostri de Hauteville, il cui apporto numerico, compreso quello dei nobili cavalieri che li affiancarono nell’impresa (longobardi, francesi, tedeschi) e che furono remunerati con i primi insediamenti signorili, non dovette superare il paio di centinaia di elementi. (Ovvio, nulla a che vedere con le successive migrazioni di lingua gallo-italica di livello coloniale). Il gran conte prima ed i re in seguito emanciparono e mantennero indenne la Sicilia da ingerenza o subordinazione estera: essi furono l’espressione più genuina di una mera sovranità locale. E del pari lo furono gli svevi nei quali si identificò l’ideale di patria. Con gli aragonesi non solo non si ebbe alcuna ingerenza estera che potesse giustificare il senso deteriore che si attribuisce oggi al termine ‘dominazione’, ma con essi il Regno scrisse pagine gloriose per il mantenimento dell’indipendenza per moltissimo tempo insidiata dagli estromessi angioini. Di tali momenti storici è doveroso serbare geloso ricordo”.