da Gaetano Caramanno
del coordinamento regionale di Italexit
riceviamo e pubblichiamo
Italexit si batterà per un New Deal per il Sud d’Italia, fatto di completamenti velocizzati di opere in corso e di nuove realizzazioni con
Più specificamente Italexit propone una pianificazione finanziaria che liberi i bilanci regionali di tutti quegli esborsi riparatori verso lo Stato per i deficit cumulati liberando spazi per l’emissione di titoli diretti a finanziare opere strategiche e cofinanziare opere in project financing (il ponte sullo Stretto ha un senso se assecondato dalle tante contemporanee realizzazioni di infrastrutture utili per il rilancio dell’entroterra agricolo e la qualificazione turistico ambientale delle coste). Investimenti in infrastrutture viarie, ferroviarie, portuali e aereoportuali, incremento bacini idrici e riqualificazione sistemi di distribuzione, introduzione di sistemi di protezione ambientale e di lotta al cambiamento climatico, depurazione, sviluppo tecnologie a supporto dell’agricoltura e del commercio di prodotti locali. Il modello di sviluppo locale è fatto di programmazioni di spesa che partono dai Comuni e ancor di più dalle città metropolitane, dalla concertazione locale e invertono la tendenza a centralizzare le scelte di allocazione delle risorse, secondo uno schema che consente alle lobbies di penetrarle e condizionarle. A supporto di questa impostazione verranno assunte migliaia di figure professionali tecniche e gestionali nei Comuni e negli enti metropolitani responsabili della pianificazione, realizzazione e della gestione delle opere realizzate.
Le strutture burocratiche regionali subiranno un netto ridimensionamento funzionale e dimensionale. Al pari delle bad company saranno decomposte e portate ad esaurimento o rivitalizzate nella parte più utile alle politiche di sviluppo citate. Offrendo tutti gli strumenti di ammortizzazione previsti o prevedibili per il personale in uscita. Ogni sfruttamento delle risorse locali (dalle concessioni estrattive e trasformative di idrocarburi alle reti idriche, elettriche e a quelle del gas, per arrivare fino a quelle telefoniche e satellitari) e ogni bolletta di consumo elevata ad una famiglia meridionale sarà sottoposta a specifico screening e valutazione di sostenibilità economica e occupazionale. Introdurremo un indice di ricaduta occupazionale di ciascuna nuova concessione o rinnovo di quelle esistenti. Velocizzeremo le opere che nei piani di spesa del Recovery Fund sono coerenti con questa impostazione e lotteremo contro quelle che consentono alle multinazionali e ai grandi gruppi della distribuzione, del credito e dei servizi di continuare ad estrarre ricchezza e ad eliminare lavoro. Ma su tutto diciamo che la nostra missione si chiama lavoro! E la sovranità monetaria è presupposto irrinunciabile per tornare a creare lavoro e a vivere di lavoro, non di assistenza né di sopravvivenza.
Questo Paese è stato smascherato dalla pandemia. Sanità, scuola, giustizia, pubblica amministrazione… un evento stressante ma non imprevedibile come l’esplosione del Covid19 ha messo a nudo le inefficienze clamorose dell’organizzazione statale e regionali. Sotto la maschera abbiamo scoperto uno Stato patrigno che ha segnato uno spartiacque preciso fra coloro che godono di garanzie, diritti e coperture economiche e tutti gli altri che, a mercati chiusi, vengono abbandonati a se stessi. Il nostro programma è semplice. Rimuovere ogni tipo di ostacolo che impedisce alle persone, ai professionisti, agli agricoltori, agli artigiani, ai piccoli operatori del terziario, alle piccole e medie imprese industriali di lavorare e di essere retribuiti secondo il valore che producono. La corrispondenza fra il valore del proprio lavoro e il compenso è alterato in questo momento da una moneta che deprime questo rapporto a tutto svantaggio di chi lavora. Sentire dire che il Recovery fund ha salvato l’Europa è continuare a mentire sulle condizioni reali del Paese. Queste risorse sono gocce nel mare del bisogno!
La mutualizzazione del debito europeo è certamente un fatto nuovo ma le condizioni di attuazione sono rigide e l’Italia perderà ancora un’occasione e ciò che è peggio avrà impedito che il Sud avanzi in termini di dotazione infrastrutturale e di ritrovata produttività. In ambito regionale e soprattutto provinciale abbiamo una missione ancora più specifica. La tutela dei beni comuni per soddisfare i fabbisogni primari delle nostre comunità, prima di tutto ancora IL LAVORO, IL BENE PRINCIPALE E IRRINUNCIABILE PER UNA ESISTENZA DIGNITOSA E UTILE. NON PUO’ ESISTERE UN’AZIONE POLITICA o AMMINSITRATIVA CHE NON SI MISURI CON LA CREAZIONE E LA SALVAGUARDIA DEL LAVORO IN OGNI SUA RAPPRESENTAZIONE. E’ su questo terreno che lanciamo un appello a tutti i movimenti che hanno nella loro costituzione l’autonomismo e l’autodeterminazione dei popoli. Non esiste una dimensione autonomistica più importante di quella monetaria. L’appartenenza al sistema monetario e finanziario europeo è una condizione di sudditanza che soffoca l’economia, i diritti politici e civili, l’ambizione al progresso e al benessere collettivo raggiungibili attraverso il proprio lavoro, i mestieri, le arti, le vocazioni produttive e lo sfruttamento intelligente delle risorse locali.
La declinazione più autentica e urgente di un sicilianismo aggregante e inclusivo è quella di una nuova stagione di sovranità monetaria che garantisca un ritorno al lavoro, alle produzioni nel settore primario, in quello trasformativo e infine nell’industria turistica, il nostro paradiso che tutti ci invidiano e attorno al quale costruire un ambiente sano da consegnare integro ed evoluto alle generazioni che verranno. Poi la viabilità, la scuola, la sanità, l’acqua, la depurazione e il riuso, le concessioni nei settori dell’energia, dei trasporti, le infrastrutture. Il tema dello smaltimento dei rifiuti secondo criteri di innovazione negli investimenti in tecnologie e impianti che chiudano la fase ventennale dell’emergenza ambientale nella nostra provincia e procurino una riduzione dei costi per i cittadini. La qualità dei nostri ambienti costieri ed interni, essi rappresentano beni unici, rafforzabili e differenzianti per l’industria del turismo.
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