- “Gianluigi Paragone? Ricordo le sue bordate contro la Sicilia. Mai ci ha dato voce”
- Basta con la Sicilia di “feudatari alla ricerca di un nuovo padrone”
- “Se vi aiutiamo a liberarci dall’Europa poi voi ve ne andate dalla Sicilia o no? No? Andate a quel paese e stateci, ci liberiamo da soli”
di Massimo Costa
“Gianluigi Paragone? Ricordo le sue bordate contro la Sicilia. Mai ci ha dato voce”
I Nuovi Vespri sostiene un’alleanza strutturale del mondo autonomistico con Italexit di Paragone. Mi permetto di non essere per nulla d’accordo. Non sto discutendo qua di accordi elettorali tattici per le politiche, che, per le leggi elettorali, nessuno può prefigurare in modo assoluto, e che potrebbero anche avere una loro logica. E nemmeno, tanto meno, di accordi di maggioranza alla luce del sole, una volta eletti, o di coordinamento tra opposizioni, sempre una volta eletti. Chi nega persino questo è un “indipendentista solipsista”. Li ho criticati sempre e non cambio idea. In politica, quando una forza dimostra di avere un consenso, se è necessario ci si parla. La strategia politica, come quella militare, ha le sue leggi ferree: se hai un nemico principale, il nemico del tuo nemico è sempre tuo potenziale alleato.
Ma quello che immagina I Nuovi Vespri è molto di più di questo, è una potenziale alleanza strutturale. E qui vengono i nodi al pettine.
Alcuni riguardano specificamente Italexit, altri sono di natura, appunto, strutturale. Per quanto riguarda “Italexit”, non ci dobbiamo girare intorno, il problema è il suo “padre padrone”: Gianluigi Paragone. Paragone ha una bella prosa, tagliente, sembra molto deciso nel suo antieuropeismo, lo conosciamo da quand’era giornalista. Ma ha anche tanti, troppi difetti, come uomo e come politico, per potere essere preso sul serio. Intanto il nome “Italexit” l’ha rubato a una formazione meno nota che, proprio perché meno nota, sarà costretta a lasciare questo prestigioso marchio a chi è venuto dopo. Ma questo è il meno. In politica la lealtà è pratica sconosciuta. Paragone non è persona affidabile, non sa fare squadra, non ha un programma chiaro, vuole solo essere al centro dell’attenzione. Non sono neanche del tutto sicuro che alla fine non abbia in mente l’ennesimo “contenitore del malcontento”, utile a far convergere parte del dissenso che poi, magari dopo un successo elettorale, farà la stessa fine del Movimento 5 Stelle. E poi, per di più, Paragone è un cripto-leghista, lo è sempre stato. Non dimentichiamo le sue bordate contro la Sicilia quando aveva il microfono in mano e mai ci ha dato voce. Paragone rappresenta quell’Italia che all’egoismo tedesco vuole sostituire l’egoismo padano: no grazie, semplicemente!
Basta con la Sicilia di “feudatari alla ricerca di un nuovo padrone”
Qualcuno non crederà al nostro scetticismo nei confronti del personaggio, e pazienza. I Siciliani devono SMETTERE di cercare sempre altrove il loro messia. Alle elezioni regionali scorse il Sicilianismo non poté decollare, mi consta personalmente, perché moltissime persone a noi vicine ci dicevano “bisogna dare forza ora al Movimento 5 Stelle, che cambierà le cose, poi…”. Poi, poi, poi, viene il momento della Sicilia; ora, ora, un eterno ora, c’è sempre il politico italiano di turno al quale scondinzolare e dal quale farsi investire rappresentanti monomandatari per la provincia di Agrigento piuttosto che per la Sicilia orientale o il Comune di Palermo. Sempre feudatari alla ricerca di un nuovo padrone. Per quel che mi riguarda ne ho le scatole piene. Ma il problema è più strutturale, lasciamo perdere il vanesio Paragone. L’Europa è nemica della Sicilia? Certo, inutile negarlo. I Sicilianisti, anzi, nome e cognome, “Siciliani Liberi”, rappresenta un unicum nel panorama dei regionalismi e nazionalismi identitari europei, perché è l’unico (che io sappia) tra i partiti indipendentisti sub-nazionali ad avere capito che l’Europa è una p…na. Ma noi siciliani siamo in trappola. Perché anche l’Italia è nostra nemica. E l’Italia è coalizzata con l’Europa, pur da serva qual è, contro la Sicilia. Se stiamo morendo è perché abbiamo un padrone, e un padrone del nostro padrone.
“Se vi aiutiamo a liberarci dall’Europa poi voi ve ne andate dalla Sicilia o no? No? Andate a quel paese e stateci, ci liberiamo da soli”
Aiutare generosamente l’Italia a liberarsi del padrone di per sé non significa libertà. Noi, per parlare, per dialogare, con i sovranisti italiani, dobbiamo alzare il prezzo alle stelle, se no vadano pure per la loro strada. L’Europa dà qualche spiraglio di sopravvivenza alle regioni insulari? Intanto prendiamocelo! Se mai un giorno saremo indipendenti regoleremo i rapporti con l’Europa da fuori, non come la Grecia, con qualche trattato commerciale e finanziario. Ma finché siamo dentro facciamo come le Canarie o la Corsica. Ci conviene, e lo facciamo. Quanto all’Italia e al suo sovranismo dobbiamo essere chiari. Gli Indiani, durante la Seconda Guerra Mondiale, quando l’Inghilterra chiese aiuto contro il Giappone dissero all’unisono: noi vi aiutiamo solo se a guerra finita ci date l’indipendenza. Una bella lezione, non trovate? E anche noi dobbiamo porre l’aut l’aut se vogliamo restare amici, o anche debolissimamente confederati con il nostro ex Paese coloniale principale. Se vi aiutiamo a liberarci dall’Europa poi voi ve ne andate dalla Sicilia o no? No? Andate a quel paese e stateci, ci liberiamo da soli.
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