Sull’economia italiana si fronteggiano due scenari. Ci sono le parole del capo del Governo, Mario Draghi, che annuncia mirabolanti riaperture delle attività economiche rilanciate in pompa magna dalla televisione e dalla stragrande maggioranza dei mezzi di comunicazione. Poi ci sono i fatti concreti, che smentiscono Draghi e il suo inutile e dannoso Governo. Si tratta, in questo secondo caso, di quello che sta per abbattersi in quello che resta dell’industria automobilistica italiana targata Piemonte. Sono gli effetti delle scelte adottate da Stellantis, la multinazionale di diritto olandese produttrice di autoveicoli frutto della fusione tra i gruppi PSA e Fiat Chrysler, società che Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Citroën, Dodge, DS Automobiles, FIAT, Jeep, Lancia, Maserati, Opel, Peugeot, Ram Trucks e Vauxhall. Le scelte di questa multinazionale sono la dimostrazione che il Nord Italia – Piemonte in testa – nell’Unione europea dell’euro, contano quanto di due di denari con la briscola a coppe, cioè nulla. Stellantis ha annunciato tagli – con contestuale perdita di posti di lavoro – in quella parte del Nord Italia che un tempo era la capitale dell’automobile italiana. Per la cronaca, i tagli di Stellantis arriveranno anche in Basilicata, dove a metà anni ’90 del secolo passato, con i soldi per gli interventi nel Mezzogiorno, è stato realizzato uno stabilimento Fiat. Un insediamento industriale sbagliato, come sbagliato è lo sfruttamento degli idrocarburi in Basilicata, che ha portato a questa Regione del Sud solo inquinamento.
Uno dei pochi soggetti politici che ha previsto quello che sarebbe successo i Italia con la multinazionale Stellantis è Italexit di Gianluigi Paragone: “A Gennaio Italexit è stato l’unico soggetto politico in Italia ad opporsi fermamente alla nascita di Stellantis, denunciando in ogni sede le più che probabili ripercussioni negative sull’occupazione e sull’indotto. Neanche la triade sindacale aveva osato tanto. Per loro la fusione era ‘un punto di svolta per il settore automobilistico’. Sei mesi dopo l’annuncio, il corso degli eventi ci ha tuttavia già dato ragione in maniera schiacciante: stabilimenti destinati alla chiusura,
L’unica via d’uscita, dice Paragone, è l’uscita dell’Italia dall’Unione europea dell’euro. Impossibile dargli torto. Soprattutto dopo aver ascoltato le parole di Draghi sulla ripresa dell’economia italiana massacrata dalle dissennate chiusure nel nome della pandemia. La nostra sensazione è che l’attuale Governo sia in preso alla confusione. Dopo le proteste di piazza – che senza risposte avrebbero provocato una sollevazione da parte del mondo delle imprese turistiche, commerciali e dei titolari di partita IVA – Draghi ha annunciato imminenti riaperture. Ma tutti sappiamo – lo ha spiegato molto bene il filosofo e commentatore Diego Fusaro – che le riaperture della fase 2 annunciate da Draghi sono funzionali all’aumento dei contagi e alle chiusure delle attività economiche (e forse non soltanto delle attività economiche) previste in Autunno, ma che potrebbero essere addirittura anticipate in Estate. Questo perché l’approccio alla pandemia con i vaccini che lasciano circolare il virus non otterrà alcun effetto positivo, ma lascerà il campo libero alle varianti dello stesso virus. Non solo: alcune varianti, proprio a causa degli effetti provocati dagli attuali vaccini, potrebbero essere addirittura più virulenti! E poiché il fine di questa pandemia è fare guadagnare soldi a palate alle multinazionali farmaceutiche, invece di interrompere questi vaccini utilizzando cure più razionali, quello che Fusaro definisce il “nuovo ordine terapeutico mondiale” imporrà “la terza dose”, “la quarta dose”, “la quinta dose” e così via. Ma quale economia si potrà mai rilanciare in un mondo dove la pandemia è diventata il business del Millennio?
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