Il tracollo della Napoli capitale dal punto di vista demografico è semplicemente allucinante ed è indice di una serie di eventi negativi, non certamente dovuti al caso o alla fatalità; nessun terremoto, nessun cataclisma, nessuna “onda anomala” abbattutasi, improvvisamente, sulla città, ma solo e semplicemente “l’Unità d’Italia”! Eventi che è impossibile citare in questa occasione, sarebbe lunghissimo farne l’elenco, ma che concorrono a dimostrare più che sufficientemente quale fosse stata la fine decretata per lei: condanna a morte da eseguirsi per dissanguamento!
Napoli non è più la prima città d’Italia e il suo tracollo non è solo in funzione del decentramento dello sviluppo demografico, ma è anche funzione di questi nefasti provvedimenti studiati ed attuati lucidamente a tavolino dal governo centrale:
– la soppressione di gran parte delle corporazioni religiose, per la legge del 1865 che determinò la riduzione dei regolari da 2500 (1861) a 431 (1871), con l’allontanamento dalla città di circa 2000 persone;
– la drastica riduzione delle forze militari di guarnigione da circa 20.000 uomini a 5.000;
– la smobilitazione di tutta l’attività diplomatica e civile ruotante attorno alla corte borbonica;
– le dimissioni o il congedo della quasi totalità della vecchia burocrazia;
– l’esodo dei più fedeli alla dinastia sconfitta e cacciata via;
– il trasferimento di molte attività in altre parti del regno d’Italia (per “altre parti” intendi solo ed esclusivamente il Nord, e per esso Piemonte, Liguria e Lombardia principalmente);
– una serie di altri fenomeni che sortirono un effetto rilevantemente negativo come, ad esempio, il colera che si manifestò negli anni 1865, 1866 e 1868 a dimostrazione di quanto fossero peggiorate, dopo l’unità, le condizioni igienico e sanitarie dell’ex capitale. Mai, durante il Regno borbonico “negazione di Dio”, il colera si era manifestato per tre volte consecutivamente in quattro anni!
Luciano Salera Garibaldi, Fauchè e i predatori del Regno del Sud, Controcorrente edizioni, pag. 455, 456.
Tratto da Regno delle Sicilie.eu
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