di Teresa Frusteri
Giallo di Caronia, con le morti di Viviana Parisi e del figlioletto Gioele. Ormai è un batti e ribatti. Con criminologo Carmelo Lavorino che ribatte a chi propone o ripropone la tesi dell’omicidio-suicidio: la mamma che uccide il figlio e poi si toglie la vita. Lo ha già scritto su Facebook qualche giorno fa, criticando il “cacciatore di madri assassine“. E torna a ribadirlo, sempre sulla propria pagina Facebook: “Sarebbe il caso di smetterla di esaltare la pista omicidio-suicidio per avere il proprio piatto di lenticchie”. Il criminologo critica l’articolo pubblicato dal settimanale GIALLO dal titolo: “Viviana aveva paura di Satana e aveva tentato il suicidio”. Lavorino cita il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Patti, Angelo Cavallo: “Dubito che il Dott. Cavallo – scrive il criminologo – abbia dichiarato tutto quello che è riportato nell’articolo per tre motivi: I) un Procuratore Capo non si sbilancia, al massimo dice ‘Stiamo seguendo tutte le piste e non escludiamo nulla’; II) nemmeno fornisce a chi lo intervista tutte quelle notizie sgradevoli e segrete sullo stato psichico di Viviana riportate sul settimanale e che pur qualcuno ha consegnato agli intervistatori; III) non gli sono pervenute né le relazioni tecniche dei suoi Consulenti, né le nostre, quindi, come può fare a esprimersi non avendo i dati di presupposto?”.
“Ricordo al settimanale – scrive sempre Lavorino – che ESISTE LA PAR CONDICIO e che non sta bene applicare la tecnica ‘manipolatrice-ingannatrice-fuorviante-accattivante-suadente'”. Per il criminologo, bisogna scrivere “nome e cognome delle persone che si vuole ‘contestare’ e non, invece, privarle della loro identità”. Insomma al criminologo il fatto che il settimanale ha “volutamente oscurato i nominativi di noi consulenti per… motivi di ‘concorrenza’, invidia e goduria nel fare i ‘dispettucci’”; in realtà avevano il dovere di interpellarci…”. Poi lavorino entra ne dettaglio: “Non è vero che i resti di Gioele fossero abbastanza vicini al traliccio, in realtà erano in un’area di circa 1000 metri quadrati molto distante dal traliccio: 400 metri in linea e circa 1000 metri viari IMPOSSIBILI DA PERCORRERE; questo cambia le cose. Non è vero che il cammino di Viviana (in realtà impossibile da effettuare) dai resti di Gioele sino al traliccio fosse privo di rovi ed agevole: scrivere tali ‘non verità’ danneggia la possibilità acquisitiva dati da parte dell’opinione pubblica e distorce la verità”.
Il criminologo precisa che “non sono capaci minimamente di contestare quanto noi riferiamo in merito alla traslazione dei corpi da parte della ‘combinazione criminale’, al depistaggio, all’impossibilità del suicidio ed al lancio dal traliccio: non ne sono capaci per un solo motivo: perché noi abbiamo ben motivato il tutto in modo forte, esaustivo e scientifico, mentre loro hanno solo l’ombra del malefico e bieco sospetto visto di profilo e il nulla assoluto mischiato col niente”. Secondo Lavorino, si “commette l’errore di dare per scontato che chi ha problemi psichici… si suicida, e lo fa travisando dichiarazioni altrui, attuando un ‘copia/incolla’ molto casareccio, giusto per ammorbare l’opinione pubblica che trattasi di ‘OMICIDIO-SUICIDIO’ e per catturare la benevolenza degli assertori ‘Madre assassina e poi suicida’”. E ancora: “Qui c’è da fare una considerazione-domanda: ma se c’è il segreto istruttorio, chi mai ha potuto fornire alla giornalista i verbali secretati? Sarà stato il Gatto Mammone o Fra’ Cacco da Velletri? A tal proposito ricordo che lo stato psichico di Viviana Parisi nulla ha a che vedere con l’incidente e con una non dimostrata e non dimostrabile accoppiata del tipo causa – effetto => uccisione di Gioele =>autoprecipitazione, e chi lo fa commette: (A) il classico errore di petizione, in quanto il risultato atteso come conclusione è stato messo come presupposto del ragionamento, cioè, ‘Viviana si è uccisa perché aveva i problemi psichici’; (B) un gravissimo errore sillogistico, in quanto si è partiti dal presupposto sbagliato ‘chi ha problemi psichici come quelli di Viviana si suicida’, ovvero poiché Viviana aveva ‘quei’ problemi psichici si è suicidata; (.C) l’errore del sofisma della falsa causa (post hoc ergo propter hoc = dopo di ciò quindi a causa di ciò), laddove si imposta un falso nesso di causalità fra la causa e l’effetto. Per il resto – conclude Lavorino – seguiamo quanto insegnatoci dal Grande Fiorentino ‘Non ti curar di loro, ma guarda e passa’”.
Che dire? Che, forse, come dice Salvatore Spitaleri, Biologo molecolare forense, ex RIS CC Messina presso il CIS, il Centro Investigazioni Scientifiche, sarebbe opportuno attendere i riscontri oggettivi. Anche se non si può negare ai criminologi di formulare ipotesi, specie in una vicenda avvolta ancora da molte ombre e pochissime luci.