Anche dopo l’Unità, la massoneria fu presente nel contesto politico-economico dell’Italia, specialmente attraverso il gran maestro del Grande Oriente Adriano Lemmi, che fu amico di diversi personaggi importanti dell’epoca, compreso Francesco Crispi. Lo stesso Lemmi, in una tavola del 1886, scriveva: “E’ necessario che gli uomini messi al governo degli Stati o siano nostri Fratelli o perdano il potere… Le logge massoniche… debbono anzitutto scendere in campo e apertamente lavorare per il più rapido conseguimento dei nostri ideali. Il pretesto per avviare una potente campagna di delegittimazione delle persone non appartenenti alla massoneria era quello di contrastare il potere del Vaticano, nascondendo che si trattava di estromettere il popolo e di creare un sistema controllato da pochi.
Per fare in modo che la massoneria avesse più potere, si parlò, in alcuni casi, di “rigenerazione della massoneria”. Ne parlò il maestro massone Giovanni Bovio a proposito delle Logge del Mezzogiorno d’Italia. Egli, nel 1888, illustrò in un documento le otto commissioni da creare per il “rilancio della massoneria”. Fate dunque che il popolo senta l’influsso di una mano fraterna, che opera non veduta, e tanto più la senta benefica, quanto meno visibile”. Lemmi fu coinvolto nello scandalo finanziario della Banca Romana (1892 – 1893), causato dalla Loggia propaganda. La Loggia Propaganda era stata istituita nel 1877 dal gran maestro Giuseppe Mazzoli e successivamente rafforzata dal banchiere Adriano Lemmi, che aveva attirato non pochi banchieri ed esponenti importanti del mondo politico ed economico dell’epoca. Dopo lo scandalo finanziario, che svelava come i massoni saccheggiassero in vari modi per arricchirsi e per organizzare atti loschi, la loggia sarà marginalizzata e ritornerà forte a partire dal secondo dopoguerra, col nome di loggia Propaganda Due.
Antonella Randazzo Dissimulazioni massoniche, Espavo edizioni, pag. 106, 107.
Foto tratta da Il Fatto Quotidiano
Tratto da Regno delle Due Sicilie.eu