Palermo. Ormai da qualche tempo, passeggiando per le strade della città, magari con il cane, è sempre più frequente osservare motopattini lasciati in mezzo alla strada o sui marciapiedi. A quanto pare – per quello che abbiamo capito – funziona così: si prende un monopattino in affitto e lo si lascia dove capita. Se ci riflettiamo, in una città dove, da tempo, il ‘metodo monopattino’ si utilizza per materassi vecchi, armadi, sedie, piatti, bicchieri e, soprattutto, munnizza, tanta munnizza con l’aggiunta di scarafaggi, topi e anche cimici, il tocco finale di questi monopattini elettrici ci sta: alla fine, è un ulteriore invito all’entropia panormita. Però oggi, Domenica 7 Marzo, abbiamo assistito ad una scena che ci ha lasciati perplessi. Abbiamo assistito in diretta al ‘parcheggio’ libero di un monopattino. Il ragazzo che lo ha lasciato sul marciapiede, rigorosamente senza mascherina e senza guanti, prima di scendere, con la mano si è dato una bella stuiata di naso, riportando subito dopo la mano sul manubrio. Inutile scrivere quello che abbiamo provato: abbiamo pensato quello che state pensando voi che state leggendo: non c’è bisogno di entrare nei particolari…
In verità, quando è partita ‘sta moda voluta dal Comune di Palermo, qualche domanda ce la siamo posta. Della serie: nessuno si occupa della sanificazione di questi monopattini? Le regole anti-Covid non valgono per questi mezzi di trasporto? Quanto meno sul manubrio una sanificazione ci vorrebbe. Assistendo alla scena di oggi, mentre passeggiavamo con il cane, abbiamo dedotto che la nostra riflessione sulla sanificazione non era poi così sbagliata. O no? La cosa che ci fa sorridere è che il Comune, che si preoccupa tanto della salute dei cittadini – non si deve sostare là, non si deve andare di qua, evitare gli assembramenti e bla bla bla – ha messo in giro questi monopattini che chiunque – ovviamente pagando non sappiamo quanto – può prendere e utilizzare senza guanti, toccando un manubrio che è stato toccato da chissà quante altre persone: comprese quelle che, magari, si stuiari ‘u nasu cu ‘i manu…
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