di Luca Pinasco
Leggo che Mario Draghi è l’eroe del giorno: ha bloccato l’export dei vaccini AstraZeneca verso l’Australia tenendoli in Italia. Dovremmo però chiederci: come siamo arrivati al punto da dover elemosinare ad aziende straniere in giro per il mondo i vaccini? Perché non siamo in grado di farceli da soli? A tal proposito è uscito sul FQ un articolo (perfettamente sintetizzato da Thomas Fazi nel suo profilo) che spiega come, grazie a società come Sclavo, poi confluita in Enichem, alla fine degli anni ’80 eravamo leader mondiali nella produzione dei vaccini, questo fino alle privatizzazioni del 1992 dove l’intero settore è stato smembrato e ceduto ad imprese estere. Voglio però aggiungere un ulteriore elemento di analisi per far comprendere da quanto lontano provenga la leadership globale italiana nel settore chimico-farmaceutico, iniziata nel dopoguerra con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ben prima di raggiungere l’apice (trattato nell’articolo) alla fine degli ‘80 con il colosso industriale Enimont nato dalla fusione della chimica pubblica (Enichem) e quella privata (Montedison), perfetto emblema del modello italiano ad economia mista, fornitore di materie prime e semilavorati di un settore farmaceutico tra i più avanzati al mondo.
L’ISS guidato da Domenico Marotta già nel dopoguerra mette l’Italia in prima fila tra le potenze occidentali nella ricerca applicata farmaceutica: realizza il primo microscopio elettronico italiano nel 1946, poi, un anno dopo crea l’ente regionale per la lotta anti-anofelica in Sardegna e in cinque anni la malaria viene dichiarata debellata dal nostro Paese. Nel 1948 fonda il Centro Internazionale di Chimica e Biologia dove installa un enorme fermentatore per la produzione di penicillina che trasforma l’Italia nel maggior produttore mondiale del farmaco, più dell’Inghilterra, più degli Stati Uniti. L’ISS diventa un centro di attrazione mondiale per scienziati di fama internazionale: vi svolgono stabilmente attività di ricerca i premi Nobel come Ernst Boris Chain che insieme ad Alexander Fleming (colui che scoprì la Penicillina) e Howard Walter Florey, ha isolato, purificato e testato con successo per la prima volta l’antibiotico, cosa per il quale Chain ottiene il Nobel per la medicina e per la fisiologia nel 1945. Anche l’australiano Daniel Bovet svolge in Italia all’ISS gli studi che lo porteranno a scoprire l’antistaminico, cosa per cui nel 1957 riceverà il premio Nobel.
Insomma la nostra capacità attrattiva non si limitava “al solo” Albert Sabin, inventore del vaccino contro la poliomelite, come racconta l’articolo del FQ, ma si estendeva a scienziati tra i migliori al mondo, grazie alla dotazione di macchinari e laboratori all’avanguardia di cui disponevamo. Se oggi siamo incapaci di produrre il vaccino è frutto di una scelta ben precisa di politica industriale, quella di privatizzare, polverizzare e svendere l’intero settore chimico farmaceutico – dove siamo letteralmente passati dalle stelle alle stalle – com’è accaduto negli anni ’90 per mano di personaggi come l’eroe del giorno Mario Draghi.