- Ce lo chiediamo perché ricordiamo un recente pronunciamento del Tribunale Civile di Roma che non li ha esattamente celebrati come esempi di gestione della cosa pubblica da imitare
- Ma ‘sti DPCM sono o no “viziati da violazioni per difetto di motivazione”?
Ce lo chiediamo perché ricordiamo un recente pronunciamento del Tribunale Civile di Roma che non li ha esattamente celebrati come esempi di gestione della cosa pubblica da imitare
Leggiamo qua e là che il nuovo capo del Governo, Mario Draghi, si appresterebbe a firmare il suo “primo DPCM“. Si tratta dei Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, cavallo di battaglia del precedente capo del Governo, Giuseppe Conte. La cosa ci lascia perplessi, se è vero che il Tribunale Civile di Roma non ha affatto promosso i DPCM: anzi. Noi ricordiamo che, secondi i giudici, i DPCM sono “provvedimenti contrastanti con gli articoli che vanno dal 13 al 22 della Costituzione e con la disciplina dell’art 77 Cost., come rilevato da autorevole dottrina costituzionale”. E ancora: “Per essere validi i DPCM, come atti amministrativi, devono essere motivati ai sensi dell’articolo 3 della legge 241/1990. Alla base di ogni decisione è sempre stato citato il Comitato tecnico-scientifico, le cui analisi – spiega il giudice – sono state riservate per diverso tempo e sono state rese pubbliche solamente a ridosso delle scadenze dei DPCM stessi: ‘Ritardo tale da non consentire l’attivazione di una tutela giurisdizionale’”.
Ma ‘sti DPCM sono o no “viziati da violazioni per difetto di motivazione”?
Noi non siamo giuristi, ma visto che c’è un pronunciamento del Tribunale civile di Roma – che, lo ricordiamo – ha dato ragione a un commerciante sfrattato per morosità, commerciante che non ha potuto pagare gli affitti a causa delle chiusure disposte dai DPCM, ci chiediamo e chiediamo: i DPCM sono legittimi o no? Noi ricordiamo che il Giudice è arrivato alla conclusione che i DPCM “siano viziati da violazioni per difetto di motivazione” e “da molteplici profili di illegittimità”. Di conseguenza risultano essere “caducabili”. In parole più semplici, non producono effetti reali e concreti dal punto di vista giurisprudenziale e sono da annullare. Come stanno le cose?
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