Non ci appassiona il dibattito sulla legge di stabilità 2021 che in queste ore va in scena in Assemblea regionale siciliana. Però, alla luce della piega che sta prendendo questa storia, siamo quasi costretti ad intervenire. Perché si sta verificando quello che noi abbiamo previsto nel 2016, quando il Governo nazionale di Matteo Renzi e il Governo regionale di Rosario Crocetta – assessore all’Economia il toscano come Renzi Alessandro Baccei – hanno modificato nel norme di attuazione dell’articolo 36 dello Statuto siciliano. E l’hanno fatto con un voto del Parlamento nazionale e con un voto del Parlamento siciliano. Quello che sta succedendo è, in parte, frutto del disastroso accordo con Roma del 2016
Così è arrivato il chiarimento da parte dell’assessore regionale al Bilancio, Gaetano Armao, che si è raccordato con il Ragioniere generale della Regione, Ignazio Tozzo. Di fatto, una risposta ai rilievi mossi dal servizio Bilancio del parlamento siciliano. “E’ possibile approvare il bilancio pluriennale di previsione 2021-23 anche in attesa dell’approvazione definitiva del rendiconto dell’esercizio finanziario precedente – si sottolinea nella nota dell’assessore Armao -. Mentre i rilievi mossi dalla Corte dei Conti sul rendiconto 2019 dovrebbero avere una incidenza limitata sul risultato di amministrazione e, in ogni caso, è stata prevista la copertura di eventuali saldi negativi. L’assessore all’Economia, Gaetano Armao, ha chiarito ieri in Commissione Bilancio i rilievi mossi dall’Ufficio Studi dell’Assemblea regionale siciliana al ddl presentato dal governo Musumeci. Armao ha
Tutto chiaro? Sì, nel senso che la nota dell’assessore Armao illustra fatti noti. Quello che non è chiaro è come il Governo di Nello Musumeci intenda affrontare il blocco dei fondi previsto per il 2022 e per il 2023. Ci spieghiamo meglio. Il bilancio della Regione è triennale: 2021-2023. Dopo i tagli che sono stati imposti da Roma e dalla Corte dei Conti – che hanno fatto emergere i disavanzi degli anni passati imponendo il conteggio subito (anche se la vicenda è veramente brutta, con lo Stato che, come ha scritto il professore Massimo Costa, docente universitario di Economia, si configura come la Troika della Sicilia) – alcune spese vengono bloccate in attesa che si trovino i fondi (in genere questi si chiamano accantonamenti negativi). Ebbene, questi fondi bloccati ormai non interessano solo quella parte della legge di stabilità che un tempo si chiamava Finanziaria, ma vanno a incidere anche sul Bilancio a legislazione vigente. In particolare, c’è un blocco di 900 milioni di euro nel Bilancio regionale 2022 e un blocco di 500 milioni di euro nel Bilancio 2023. L’attuale Governo regionale ha tutte le giustificazioni del caso, visto che i disavanzi li ha ereditati: somme che, da fatti contabile, sono stati trasformati in debiti sonanti da ripianare! Tuttavia il problema c’è.
Diverso il discorso dei circa 319 milioni di euro di disavanzo emersi nelle ultime settimane. Su questi fondi, a nostro modesto avviso, c’è un po’ di confusione. Per quello che sappiamo noi, è corretto che l’assessore Armao faccia presente che avranno un impatto neutro sul Bilancio. Questo disavanzo, infatti, non è frutto di residui attivi: non si tratta di somme iscritte in Bilancio che non ci sono ma, per quello che sappiamo noi, sono il frutto di un mancato aggiornamento della contabilità che il Decreto legislativo n. 118 del 2011 ha imposto. Per quello che sappiamo noi, negli anni passati, per incrementare gli impegni delle risorse europee e, in generale, extra regionali, si procedeva alla cosiddetta ‘doppia imputazione’ (cosa che noi in anni passati abbiamo sempre criticato). Succedeva così che, per un progetto, venivano richiesti i finanziamenti su due linee di finanziamento (in pratica, su due Fondi). In questo modo l’Unione europea – che le ‘carte’ le legge sempre male e a convenienza – considerava impegnate le somme dei due fondi, anche se riguardavano il medesimo progetto. Le solite ‘invenzioni’ contabili. Dopo di che il progetto veniva finanziato da un Fondo e le somme richieste per il medesimo progetto risultavano impegnate ma non spese. Se il progetto non veniva finanziato risultava un doppio impegno di spesa in due fondi diversi. ‘Entropia’ contabile a quanto pare troppo complicata per la burocrazia europea. Quindi, in termini tecnici, non si tratta di residui attivi (somme non più recuperabili), ma di residui passivi (somme impegnate ma non spese). E questo il motivo per il quale questi residui avranno un impatto zero sul Bilancio. Insomma, i problemi non stanno nei 319 milioni di euro che, a nostro avviso, sono residui passivi, ma nell’accordo assurdo che Roma ha imposto alla Regione sui disavanzi degli anni passati: somme che l’attuale Governo ha ‘scaricato’ in buona parte sul 2022 e sul 2023. Credeteci: andare dietro a questi ‘filosofi’ della contabilità pubblica è tutt’altro che facile…