Povero Mediterraneo. Un mare chiuso che dovrebbe essere tutelato e, invece, sembra che facciano a gara per distruggerlo. L’ultimo disastro è di queste ore: un misterioso sversamento di petrolio, a ridosso della costa di Israele, che ha provocato un inquinamento senza precedenti. Con le autorità di questo Paese che invitano i cittadini a tenersi lontani dalla costa che corre da Rosh Hanikra fino a Zikim. Il Coronavirus ha creato enormi problemi a Israele e adesso che la popolazione stava vedendo un po’ di luce arriva anche la bomba ecologica, con rischi per la salute. Sono circa 170 chilometri di spiagge che si alternano a scogliere. Qui, improvvisamente, è arrivato il petrolio che si è già trasformato in catrame, con danni incalcolabili all’ambiente e ai pesci. Abbiamo scritto di “un misterioso sversamento di petrolio”, perché tale, fino a questo momento, è lo scenario: non si sa, infatti, chi possa aver provocato un disastro del genere. Si suppone che possa essere stata una nave petroliera, magari in difficoltà per le cattive condizioni del mare. Ma, ribadiamo, per ora è solo un’ipotesi.
In un articolo dell’AGI leggiamo: “Probabilmente anche la carcassa di una balenottera affiorata nei giorni scorsi sulla costa è il frutto di quanto accaduto. La striscia nera è visibile nelle immagini satellitari; e intanto, diversi volontari che sabato avevano partecipato, insieme con migliaia di persone, alle operazioni di pulizia delle spiagge, a distanza di 24 ore sono state ricoverate probabilmente per aver inalato fumi tossici”. L’AGI riporta anche una dichiarazione del direttore dell’area di Carmel presso l’Autorità per la Natura e i Parchi, Dudi Weiner: “Non abbiamo registrato una catastrofe di queste proporzioni da almeno 20 anni. In termini di impatto in futuro, ci vorrà molto tempo per recuperare. La maggior parte del danno ecologico è dovuto alle enormi quantità di catrame che si depositano sulle scogliere e sugli scogli che affiorano dall’acqua durante la bassa marea”. Nei giorni scorsi un cucciolo di balena è stato trovato morto su una spiaggia vicino a Tel Aviv. Non si esclude che possa essere stato ucciso dall’inquinamento di petrolio.
Mediterraneo sotto scacco da tempo. ‘Assediato’, se così si può dire, da trivelle e da chi vorrebbe riempirlo di pale eoliche. Lo scorso Dicembre è stato lanciato l’allarme sul ritorno delle trivelle. Ricordiamo una dichiarazione del coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, che risale sempre allo scorso Dicembre, quando al Governo c’era ancora Giuseppe Conte: “I responsabili del ritorno alle trivellazioni sono i Ministri Costa e Patuanelli che non hanno adempiuto a quanto previsto dall’art.11 ter del DL 135/2019 facendo scadere i termini della moratoria non avendo approvato il Piano previsto dalla legge da loro stessi approvata… La legge prevedeva che la moratoria di 24 mesi sulle autorizzazioni alla ricerca di idrocarburi dovesse essere finalizzata alla redazione del Piano delle aree idonee da realizzare entro 18 mesi dalla pubblicazione in GU della legge. Anche perché senza l’adozione, entro i termini di legge, di uno specifico piano, i procedimenti e le istanze di permesso riprendono efficacia entro 24 mesi, cioè a partire dal febbraio 2021”. Oggi il Governo è cambiato. Sembra che il ritorno delle trivelle dovrebbe essere bloccato. Però le notizie in nostro possesso sono frammentarie.
Le trivelle, nel Mediterraneo, potrebbero provocare danni enormi in mare e in terra. Perché nei fondali del Mediterraneo non mancano i vulcani sottomarini, come ha illustrato bene Domenico Macaluso, medico chirurgo che lavora a Ribera, in provincia di Agrigento. Macaluso fa parte del Dipartimento d’Urgenza e Componente Commissione Emergenza Sanitaria e Calamità Naturali dell’Ordine dei Medici di questa provincia. E, soprattutto, è un grande conoscitore dei fondali del Mediterraneo. Dotato di brevetto di sommozzatore FIPSAS-CMAS e PADI International, con la qualifica di Rescue Diver (sommozzatore rianimatore), dal 1999 Mimmo Macaluso ha coordinato per la sezione agrigentina e saccense della Lega Navale Italiana e l’Ordine dei Geologi della Sicilia una serie di immersioni sottomarine sui resti dell’edificio vulcanico sommerso che giace sul Banco di Graham, nel Canale di Sicilia, il vulcano che per soli cinque mesi, nel 1831, diede vita all’isola Ferdinandea. Nel 2007, nominato “Ricercatore Subacqueo” nel progetto dell’Unione Europea “Discovering Magna Grecia”, Macaluso ha effettuato la mappatura dei siti d’interesse archeologico-subacquei della Sicilia sud-occidentale. Nel Luglio del 2009 ha partecipato, assieme ad i ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Bologna, ad alcune missioni subacquee di recupero di gas, dalle fumarole della caldera di Panarea; nel maggio 2017 ha curato per il Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’Università di Napoli la taratura di rilievi geofisici per il GEAC (Gruppo Geologia Ambienti Costieri). È il Responsabile Scientifico del Settore Mare, del WWF Sicilia, Area Mediterranea e, qualche mese fa, è stato nominato Ispettore Onorario della Regionale siciliana per la Geologia Marina. Che cosa può succedere andando a cercare gas e petrolio nei fondali del Mediterraneo Macaluso lo ha raccontato in questa intervista.
Poi c’è l’ultima follia: un mega-progetto per riempire di pale eoliche 18 milio ni di metri cubi di mare in un’area compresa tra l’Africa e le isole Egadi. Una storia che è stata raccontata dall’europarlamentare eletto nel collegio Sicilia-Sardegna, Ignazio Corrao. “Il progetto di eolico off-shore a tra Sicilia e Tunisia – ha scritto Corrao – è quanto di più pericoloso possa esserci per la nostra pesca in quell’area del Mediterraneo. Un progetto che – nonostante l’obiettivo green di produzione di energia rinnovabile – non ho paura di definire folle. Non solo potrebbe avere un impatto ambientale enorme, ma soprattutto potrebbe decretare la fine della pesca in quel tratto di oltre 18 milioni di metri quadrati di mare”.
Foto tratta da greenMe