- Continuiamo la nostra storia politica della Sicilia, riprendendo da Ruggero I dopo la presa di Palermo… Ruggero completa la di conquista della Sicilia
- Tutta la Sicilia riconquistata al Cristianesimo
- Il “proto-Parlamento” siciliano a Mazara e l’Apostolica Legazia
- La Sicilia cosmopolita di Ruggero
- Dall’amministrazione feudale a quella comunale
- La breve ma ferma reggenza di Adelasia e l’ascesa del giovane Ruggero II
- Il disastroso matrimonio di Adelasia
- Palermo capitale e il ruolo sempre più centrale del Parlamento
- Il Regno di Sicilia nasce come Regno parlamentare
- Il difficile riconoscimento papale e il consolidamento del Regno
Continuiamo la nostra storia politica della Sicilia, riprendendo da Ruggero I dopo la presa di Palermo… Ruggero completa la di conquista della Sicilia
di Massimo Costa
Nei primi anni i suoi progressi sono lenti ma continui. Fissa la sua sede siciliana a Troina, in un luogo baricentrico rispetto ai suoi possedimenti (mentre Mileto resta la capitale dei possedimenti calabresi). Si risveglia a questo punto contro i Normanni il Val di Noto, ora guidato da un valente condottiero arabo-siculo, di cui si ignora il vero nome arabo, passato alla storia nelle cronache cristiane con il nome di Benavert. Nel 1076 muore Giuditta, la moglie della gioventù, che lo aveva accompagnato a Troina e nel difficile cammino dei primi anni. Se ne andava senza dare a Ruggero l’erede maschio che questi desiderava. L’anno dopo Ruggero sposa Eremburga di Mortain, dalla quale non avrebbe avuto neanche discendenza maschile, allora indispensabile per consolidare la dinastia. Al momento l’unico figlio, compagno di tante avventure militari è solo il figlio naturale Giordano, carattere ribelle, talvolta anche nei confronti del padre, come nel 1082, quando fu però perdonato. Nel frattempo sono prese Trapani e Castronovo. L’anno dopo (1078) è la volta di Taormina.
Tutta la Sicilia riconquistata al Cristianesimo
Il nuovo Stato dà risorse finanziarie fresche a Ruggero che può comprare (1081) dal fratello così il Val Demone settentrionale e Messina, lasciandogli solo la città di Palermo. Roberto, da parte sua, aveva bisogno di risorse per finanziare la campagna in oriente contro l’Impero bizantino. Per qualche tempo il fiero Benavert riprende Catania ai Normanni. Ruggero fissa ora stabilmente la propria capitale a Messina, la più grande città del suo dominio. Durante la campagna nei Balcani (1085), muore Roberto il Guiscardo, lasciando come erede il debole figlio Ruggero Borsa, il quale chiede aiuto allo zio per insediarsi sul trono. L’aiuto di Ruggero I di Sicilia è decisivo, ma in cambio chiede la restante parte della Calabria che aveva lasciato al fratello. Ora in Calabria, per la sola Calabria, Ruggero è nominalmente vassallo del nipote, ma in pratica è un sovrano accentratore molto più potente di lui. Proprio in questo frangente la flotta di Benavert assalta la Calabria, a Nicotera e Reggio. Ruggero si volge quindi verso Siracusa, dove si ha una epica battaglia tra la flotta siculo-normanna e quella siculo-araba, con la vittoria della prima. Dopo un assedio, Siracusa apre ai cristiani. Benavert si rifugia a Noto. Quando cade Girgenti (1087), a una a una tutte le città del Val di Mazara si arrendono rapidamente. Anche Castrogiovanni pacificamente si consegna ai vincitori. Ruggero, nuovamente vedovo, si sposa con la giovanissima Adelasia del Vasto. Con la caduta di Butera (1089) e la resa di Noto (1091), già morto Benavert, tutta la Sicilia è finalmente riconquistata al Cristianesimo.
Il “proto-Parlamento” siciliano a Mazara e l’Apostolica Legazia
Ruggero I, con la sua flotta, completa quindi l’opera, occupando Malta, ormai completamente islamizzata, lasciandola però con un governo semi-autonomo. Sarebbe stato soltanto Ruggero II a integrarla più strettamente con la Sicilia, cristianizzandola e trasformandola in Contea. Dopo di che non va oltre, mantenendo una tregua con gli Ziriti di Tunisia, peraltro nel reciproco interesse, visti gli intensi rapporti economici tra l’Africa e la Sicilia, anche per consolidare il confine meridionale del suo dominio. Finita la Guerra, Ruggero comincia a organizzare lo Stato di Sicilia: il primo “proto-Parlamento” a Mazara, l’Apostolica Legazia, il trattamento dei Musulmani, nascita di feudi e Comuni… e del Tarì. Gli ultimi anni di Ruggero servono ora per dare sistemazione al nuovo Stato che deve a lui la propria esistenza. Approfittando di un’altra debolezza e di richiesta di aiuto del Duca di Puglia, si fa consegnare la metà della città di Palermo (1093). Per governarla nomina emiro il greco-siculo Eugenio, già suo segretario. Negli atti pubblici già la parola emiro è storpiata in “amiratus”, da cui poi sarebbe nato il moderno termine di ammiraglio, giacché Eugenio, oltre a governare la piazza di Palermo, ne continuò a gestire la flotta e a fare il segretario di Ruggero. In questo stesso anno muore il figlio Giordano, compagno delle migliori avventure militari del padre, quasi segno tangibile e drammatico che l’era “eroica” era terminata e cominciava quella prosaica della costruzione del nuovo Regno. Dovendo regolare una questione amministrativa, Ruggero convoca a Mazara, nel 1097, il primo Colloquio generale, o Assise, antenato di quello che sarebbe diventato nel tempo il Parlamento di Sicilia. In realtà era solo un’assemblea generale di conti e prelati di tutta la Sicilia, una sorta di curia comitale allargata, per gestire meglio il consenso sulle più ampie decisioni. I Normanni, e prima di loro i Vichinghi e i Germani, avevano sempre condiviso in assemblee con i loro capi o re le decisioni più importanti. Quell’assemblea, per ora soltanto di natura feudale, sarebbe stata però il primo barlume di quella “rappresentanza della Nazione” che avrebbe giustamente reso celebre nei secoli la Sicilia come la nazione cui si deve la nascita dell’istituzione parlamentare.
La Sicilia cosmopolita di Ruggero
A coronamento dell’opera di conquista il Papa Urbano II riconosce a Ruggero I l’Apostolica Legazìa (1098): tranne che per le verità di fede, tutto il resto in Sicilia, per quanto riguardava l’organizzazione ecclesiastica e la giustizia canonica, sarebbe stato di competenza del gran conte di Sicilia e, dopo di lui, dei re di Sicilia. In quegli stessi anni (1096-99) si svolgeva la I Crociata, alla quale la Sicilia non prese parte: per la famiglia Altavilla, del resto, partecipava Boemondo, Principe di Taranto, che avrebbe costituito in Oriente il longevo “Principato di Antiochia”; ma del resto Ruggero, con la liberazione della Sicilia, aveva fatto la sua di crociata, certamente efficace e con effetti ben più duraturi dell’avventura franca d’Oriente. Ruggero (I) costruisce così dal nulla uno Stato, di cui per ora è incerto anche il titolo. Come abbiamo accennato, non poteva assumere il titolo di duca (per non scavalcare il fratello, ma anche perché la Sicilia storicamente non poteva essere un vero ducato) e non volendosi confondere con i conti con i quali divideva le conquiste, assume dapprima il titolo di “Gran Conte” di Sicilia, poi sostituito con quello di “Console”, quasi da magistrato repubblicano, comportandosi però come sovrano assoluto. Trova una popolazione indigena in gran parte cristiana ortodossa, romanza o greca di lingua, che integra felicemente con quella cattolica di nuova immissione (con lui migliaia di italiani, anche del Nord Italia, vengono a colonizzare la Sicilia).
Ruggero I non caccia i musulmani e gli ebrei trovati in Sicilia anche se una gran parte della popolazione araba o arabizzata fuggì al primo impeto della conquista normanna, ma li integra in uno Stato cosmopolita. L’elemento latino, rafforzato dai nuovi innesti italiani e francesi, si rafforza, e con il tempo sarebbe stato destinato a soppiantare tutti gli altri, ma si tratta di un processo molto lento, che impiega diverse generazioni e dal quale sarebbe nata la lingua siciliana moderna come la conosciamo oggi. Ai tempi le etnie “lombarda”, “greca”, “araba”, “franca”, restavano ancora quasi accostate l’un l’altra.
Dall’amministrazione feudale a quella comunale
I Normanni introducono in Sicilia un sistema di governo feudale, quando mai la Sicilia aveva conosciuto tale “diritto”, arrivato quindi qua bello e fatto, nella sua maturità, mentre altrove era già entrato in crisi. Ma, proprio perché di nuova istituzione, la feudalità siciliana (e calabrese) non costituiva al momento alcuna minaccia per il potere centrale, saldamente nelle mani del Gran Conte. Per il resto la macchina del nuovo Stato combinava empiricamente le tradizioni antiche greco-romane trovate in loco, l’esperienza amministrativa araba dell’emirato (il diwan, ufficio finanziario diventato dohana), l’ossatura ideologica e burocratica del monachesimo benedettino, di diretta importazione francese. Le comunità “indigene”, del resto, come quelle immigrate dall’Italia, continuarono a seguire i loro usi, tutti più o meno di derivazione romanistica. Nel tempo, accanto all’amministrazione feudale, sarebbe lentamente nata anche quella municipale, tanto nelle città del sovrano, quanto in quelle infeudate, le cd. “università”, costituite in genere da un consiglio civico di “borgesi” e dai delegati dell’amministrazione centrale, i “vice-comiti”, cioè i “rappresentanti nel territorio del Gran Conte”, poi chiamati “bajuli” da Ruggero II, col tempo affiancati da un esecutivo di “giurati”. L’amministrazione della giustizia penale nel territorio fu affidata a magistrati di derivazione bizantina, i cosiddetti “stratigoti”. Il conio delle monete adatta quello islamico, di cui mantiene le iscrizioni per molto tempo, dando però così inizio al sistema monetario siciliano moderno. Il quarto di dinar arabo diventa così il “Tarì”, erede del ruba’i saraceno, di circa 1 grammo d’oro, al quale si affiancano le monete di argento misto ad altri metalli, le “kharrube”. Per le monete divisionali si riprende con la monetazione bizantina, di rame, chiamate “follari”.
La breve ma ferma reggenza di Adelasia e l’ascesa del giovane Ruggero II
Il regime di Ruggero I, però, era più un regime di fatto che di diritto. Si deve al figlio Ruggero II la vera Costituzione del Regno. Morto Ruggero I, nel 1101, segue la reggenza di Adelasia, per conto dapprima del figlio Simone, poi – morto questo prematuramente (1105) – dello stesso Ruggero II. Merito di Adelasia è quello di non aver fatto prevalere la feudalità durante una reggenza femminile, e quindi di aver retto con mano ferma il nuovo Stato negli anni in cui ce n’era più bisogno, impedendo anche infiltrazioni dalla Puglia a danno dei domini calabresi. Dopo le oscillazioni di Ruggero I, con Adelaide la corte fissa stabilmente a Palermo la propria sede, ma forse già Ruggero aveva preso a risiedere a Palermo dall’acquisto della prima metà della città nel 1093. Entrambe le città, Palermo e Messina, comunque, mantennero la zecca, il palazzo regio, e quindi restò una po’ di incertezza su quale fosse veramente la capitale dell’Isola. Ad Adelasia (1109) si deve tra l’altro il primo documento pubblico su carta dell’intera Europa. Sul finire della sua reggenza troviamo già definita la principale carica dello Stato, l’ammiraglio, allora il greco-siculo Cristoforo, già succeduto a Eugenio. Cristoforo non è più quindi soltanto un magistrato municipale, ma una sorta di “primo ministro”. Seguirà a questo, forse già dal 1119, un certo Cristodulo e, infine, il grande Giorgio d’Antiochia, dal 1132, con il titolo pomposo di “ammiraglio degli ammiragli e arconte degli arconti”. A questi sarebbe seguito, sul finire della monarchia di Ruggero II, Majone di Bari, che sotto Guglielmo I sarebbe stato potente quasi quanto il re. Dopo di lui la funzione di “Grande Ammiraglio” decadde al significato odierno di semplice comandante della flotta, e con questo significato passò poi in tutte le lingue europee moderne.
Il disastroso matrimonio di Adelasia
Ruggero II, uscito di tutela dopo un’Assise (il “proto-parlamento” di nobili e prelati, questa volta congiunto tra Sicilia e Calabria) tenuta insieme alla madre a Messina (1113), dedica i primi anni del suo governo ad una puntigliosa revisione amministrativa e contabile dei diritti della Corona, con il risultato di ottenere una delle più forti e accentrate monarchie del suo tempo. Trascrisse nei registri feudali tutti i privilegi concessi da Ruggero I, ad evitare che i baroni se ne usurpassero altri: elenchi dei feudi con i loro confini, pesi e servizi legati al feudo, elenchi nominativi dei villani annessi al feudo. Stipula un’alleanza commerciale coi Genovesi, destinata a durare almeno per tutta l’epoca della dinastia normanna, concedendo loro una casa commerciale a Messina (1117). Sposa Elvira di Castiglia. Riporta ordine nella Calabria settentrionale, disturbata dal contagio dei disordini del vicino ducato di Puglia (1121) in preda a un eterno caos feudale. Tentò pure una politica in Oriente, facendo sposare la madre in seconde nozze con re Baldovino di Gerusalemme. Ma l’esito di questo passo fu disastroso. Baldovino usò la ricca dote di Adelasia inviata da Ruggero per pagare i debiti verso le truppe, però si scoprì che era già sposato con altra moglie ripudiata. Adelasia ottenne l’annullamento del matrimonio e tornò in Sicilia praticamente spogliata di ogni avere, dove introdusse i religiosi Carmelitani conosciuti in Palestina e si ritirò in convento dove poco dopo morì. Ruggero non poté vendicare l’offesa subita, vista la distanza, ma i rapporti con gli stati crociati si interruppero del tutto.
Palermo capitale e il ruolo sempre più centrale del Parlamento
Un assalto navale degli Almoravidi in Calabria determina la reazione di Ruggero, che già da alcuni anni esercitava pressione politica ed economica sulla costa africana, intervenendo nei fatti politici locali. Nel 1123 è stabilmente presa Pantelleria, fino ad allora lasciata agli Arabi.
Ruggero II eredita il Ducato di Puglia e trasforma la Gran Contea in Regno di Sicilia. Dopo di che, una spedizione in Calabria e Puglia frutta a Ruggero la rinuncia da parte del cugino duca di Puglia all’altra metà di Palermo e all’alta sovranità feudale sulla Calabria. Quella sulla Sicilia era letteralmente svanita già alla morte del Guiscardo. Ruggero II ottiene anche il diritto di successione alla Puglia in caso di estinzione della linea degli eredi del Guiscardo. Ciò che puntualmente avviene nel 1127. Dopo un primo riconoscimento da parte dei feudatari a Salerno, in cui sembra un sovrano debole come i suoi predecessori, avrebbe vinto le resistenze del Papa e dei nuovi sudditi e, nel giro di un paio d’anni, avrebbe reso effettivo questo nuovo dominio. Palermo diventava ora di fatto la capitale di una delle principali potenze dell’epoca. Come primo atto, infatti, Ruggero, convoca a Salerno (1129) i maggiorenti del Ducato di Puglia, ai quali fa votare l’approvazione della trasformazione della Sicilia da Gran Contea a Regno e l’assoggettamento del Ducato di Puglia, come stato dipendente, alla Sicilia.
Fatto questo passaggio, convoca infine a Palermo un Parlamento straordinario per le Gran Contee di Sicilia e Calabria, al quale non invita solo conti e prelati, come aveva già fatto suo padre, o anche sua madre nella reggenza, ma anche “uomini notabili” delle città. Vuole un’investitura la più ampia possibile. Il Parlamento di Sicilia ora non è più solo un “consiglio del principe”, una “curia allargata” come era stata sempre in passato, da tradizione normanna, ma diventa una vera “rappresentanza della Nazione”. Da allora in poi l’investitura dei Re di Sicilia, in mancanza di eredi diretti, sarebbe stata sempre considerata competenza del Parlamento, a sua volta unico legittimo rappresentante del Popolo di Sicilia.
Il Regno di Sicilia nasce come Regno parlamentare
Nel 1130, quindi, non nasce solo il Regno di Sicilia, per elevazione a tale corona della precedente Gran Contea e assorbimento di quella calabrese (il Ducato di Puglia ne viene dichiarato parte integrante come abbiamo visto, mantenendo però titolo separato, e, con pari formula, con l’occasione viene rivendicato anche il Principato di Capua dei Drengot, costretti a riconoscere almeno l’alta signoria feudale di Ruggero per poter sopravvivere); nel 1130 nasce anche, pur nella sua forma primordiale, il Parlamento in senso moderno, primato unico in Europa, laddove qualcosa del genere era presente ancora solo in formazioni politiche non del tutto sovrane, come l’Alting dell’Islanda. Il Regno di Sicilia nasce sin da subito come Regno parlamentare e, come vedremo, morirà proprio alla soppressione del suo Parlamento. Per avere una maggiore legittimazione Ruggero II si fa investire dall’antipapa Anacleto II, essendo impossibile avere in quel momento un’investitura papale e le motivazioni addotte in Parlamento, e riportate dagli storici, fanno riferimento inequivoco al Regno di Sicilia dell’Antichità, inglobato nell’Impero Romano e ora finalmente risorto a nuova vita, e che già probabilmente aveva giustificato l’elevazione da emirato a regno durante la signoria dei Kalbiti. Nell’ideologia ruggeriana, quindi, non “nasceva” il Regno di Sicilia, ma semplicemente veniva “restaurato”. Ruggero II, nel tempo, da Capo della Chiesa Cattolica siciliana, avrebbe definito la mappa delle diocesi di Sicilia, aggiungendo a quelle create dal padre quella di Cefalù, dove eresse il celeberrimo duomo, e quella di Lipari, oltre all’Archimandridato di Messina per la Chiesa greco-cattolica. La geografia ecclesiastica della Sicilia di Ruggero, se si eccettuano piccoli emendamenti (l’arcidiocesi di Monreale creata da Guglielmo il Buono, e alcune aggiunte in età contemporanea, specie se capoluoghi di provincia o di distretto, o il caso a parte dell’eparchia albanese), è sostanzialmente quella arrivata ancora all’epoca odierna.
Il difficile riconoscimento papale e il consolidamento del Regno
Il resto della monarchia di Ruggero II è solo una serie di successi interni ed esterni. 1131: Sottomissione della Repubblica marinara di Amalfi. 1132-39: Guerre contro i baroni del Sud e contro il Papa Innocenzo II, che chiama in aiuto anche l’Imperatore contro i Siciliani. Tra i baroni del Sud il principale nemico è il Conte di Avellino, Rainulfo di Alife, che pure aveva sposato Matilda, sorella di Ruggero. Rainulfo è quasi il simbolo della feudalità anarchica del Sud Italia: notevoli gli episodi della fuga della moglie e del figlio, protetti da Ruggero, e della profanazione del suo cadavere, contro il parere di Ruggero “junior”, figlio di Ruggero II, ben più vendicativo. 1134: Presa di Gerba, e delle isole Kerkennah, il Regno di Mahdìa diventa un protettorato siciliano. Nel 1135 muore Elvira, prima regina consorte di Sicilia. Nel 1139 è vittoria in Italia meridionale: si impossessa realmente del Principato di Capua, di cui sino ad allora era stato sovrano nominale (già occupato dal 1135), annette il Ducato di Napoli, ultimo stato meridionale ancora indipendente (che già dal 1134, però, si era riconosciuto vassallo del Re di Sicilia), e ottiene il riconoscimento papale (re per la sola Sicilia, restando duca di Puglia e Calabria e principe di Capua, quindi feudatario papale, per la parte continentale) da Innocenzo II. La feudalità meridionale è definitivamente piegata. Il riconoscimento papale allora valeva praticamente quale riconoscimento internazionale. Da allora affida ai suoi figli i due stati meridionali (Ruggero e Anfuso, rispettivamente per la “Puglia” e “Capua”), i quali sfondano a Nord in Abruzzo (dividendolo tra i loro stati in “citra” alla Puglia e “ultra” a Capua), approfittando del collasso definitivo del Ducato longobardo di Spoleto (1140-41). V’è da dire che, nonostante la formale concessione al Papa secondo cui la Calabria era parte integrante del Ducato, e quindi feudo papale, non sembra che l’amministrazione di questa fosse nei fatti separata dal Regno di Sicilia propriamente detto, al quale sarebbe restata legata fino a tutta l’epoca sveva.
Nel regno ormai pacificato Ruggero II convoca ad Ariano un Parlamento, il primo della storia in sede ufficialmente legislativa (1140). Questa volta si fa un passo indietro: non sono presenti che conti e prelati, senza i rappresentanti “borghesi” che forse nel 1130 erano stati convocati per la straordinarietà del Parlamento che doveva dare origine e fondamento al Regno di Sicilia. Ma ad Ariano sono stabiliti principi di grande valore politico, quali l’impossibilità dei feudatari di farsi guerra tra di loro, furono posti limiti alla successione e allo sfruttamento dei feudi, quasi riportati alla loro funzione pubblica originaria di concessione sovrana cui erano disabituati da secoli di anarchia.
Fine tredicesima puntata /continua
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