A differenza del grande coro ‘europeista’, non non siamo affatto convinti che le risorse del Recovery Fund – i ‘famigerati’ 209 o 220 miliardi di euro – arriveranno presto. Anzi, se proprio la dobbiamo dire tutta, noi non sappiamo se arriveranno tutti: non escludiamo, infatti, che vengano ridotti. Di una cosa, invece, siamo certi: e cioè che di questi fondi il Sud e la Sicilia vedranno le briciole. Gli amici del Movimento 24 Agosto, nelle scorse settimane, sostenevano – assolutamente a ragione – che al Sud e alla Sicilia spetta circa il 70% di queste somme. Considerato che, da quando è iniziata la Programmazione dei fondi strutturali europei – cioè dal 2000 – il Nord Italia ha scippato alle Regioni del Sud e alla Sicilia 840 miliardi di lire, beh, il 70% dovrebbe essere il minimo. Noi, ovviamente, non abbiamo mai creduto a uno Stato che riconosce di aver penalizzato il Sud e la Sicilia assegnandogli il 70% del Recovery. E non crediamo nemmeno che verrà applicata la legge nazionale che prevede l’assegnazione al Sud e alla Sicilia del 35% delle risorse. Al Nord i conti li hanno già fatti: la fetta di Recovery che andrà al Nord non sarà inferiore all’80-90%. Il resto andrà, in buona parte, ad opere nel Sud e in Sicilia che dovranno, però, essere realizzate da imprese del Nord. Al massimo – come succede già per le grandi opere pubbliche in corso di realizzazione nel Sud e in Sicilia – alle imprese del Sud e della Sicilia andranno le ‘briciole’ con i sub-appalti. Con le programmate ‘crisi’ e i ‘concordati’ da utilizzare per favorire le imprese del Nord che lavorano nel Sud e in Sicilia, lasciando allo Stato l’onere di risarcire almeno in parte le imprese locali dei ‘cafoni’ e ‘terroni’ meridionali e siciliani.
Come faranno gli amici del Nord a scippare, anche questa volta, i soldi del Recovery che spettano al Sud? Con il solito metodo rodato da decenni: nel Sud e in Sicilia ci sono camorra, sacra corona unità, ‘ndrangheta e mafia e una pubblica amministrazione che non funziona. Il Sud e la Sicilia sono inefficienti. Inutile investire lì. Meglio portare i soldi nel Nord “produttivo” dove le mafie ‘non ci sono’… Se leggete attentamente le considerazioni sul Sud che Mario Draghi ha fatto ieri al Senato vi accorgerete che non è cambiato nulla. Draghi, ieri, per il Sud, ha ripetuto quello che i capi di Governo ripetono a pappagallo dall’avvio della cosiddetta Seconda Repubblica ad oggi: al Sud serve credito d’imposta, credito d’imposta, credito d’imposta e ancora credito d’imposta, credito d’imposta e credito d’imposta. Ribadiamo: qualche opera pubblica verrà finanziata – ma senza esagerare – a patto che la ‘borsa’ la tenga qualche grande impresa del Nord.
Lo schema coloniale è già scritto. Chi ha un po’ di memoria ricorderà che, nel 2001, Berlusconi s’impegnò ad aprire il casinò di Taormina. Nel 2005 il Ministro degli Interni dell’epoca disse che il casinò di Taormina non si poteva riaprire perché c’era la mafia. Nonostante questo ed altro Berlusconi ha mantenuto i voti in Sicilia. Bisognerà capire come, anche questa volta, i partiti politici nazionali dovranno fregare il Sud, tenendosi comunque i voti delle popolazioni del Sud e della Sicilia. Una delle ultime trovate dei partiti politici nazionali di area ‘progressista’ è la ‘parità di genere’ e, in generale, i ‘diritti civili’, molto utilizzati dal passato Governo di Matteo Renzi. Per il Sud e per la Sicilia funziona così: ti tolgo i soldi e me li porto al Nord, in cambio ti dò la parità di genere, le donne nei consigli comunali e magari nei consigli di amministrazione delle società pubbliche (quasi tutte mezze fallite). Insomma, dei fondi del Recovery il Sud e la Sicilia vedranno le briciole, però avranno ‘parità di genere’ e ‘diritti civili’. Vi pare poco? Questo è lo ‘schema’ del colonialismo ‘di sinistra’ di scuola PD. La Lega, in queste ore, non sa cosa inventarsi. Forse, ma non ne siamo sicuri, cavalcherà il miraggio storico del Ponte sullo Stretto di Messina. Il leader della Lega ha già fatto sapere che il Ponte sullo Stretto si può fare, perché assorbirebbe la produzione delle acciaierie italiane. E, aggiungiamo noi, sarebbe il nuovo Eldorado per qualche grande gruppo imprenditoriale del Nord Italia che, per almeno dieci-quindici anni, avrebbe a disposizione chissà quanto soldi. O, al massimo, un bel project financing per gestire il Ponte per i prossimi 100 anni…
Ricordiamoci che le prime, grandi opere realizzate dalla Cassa per il Mezzogiorno furono oggetto di scontri anche aspri, perché i gruppi di pressione del Nord dovevano, in un modo o nell’altro, guadagnarci. Da allora ad oggi non è cambiato niente. Che fare rispetto a questo copione che viene riproposto con piccole variazioni sul tema dal 1950? Non c’è molto da fare, se non la rivoluzione. Non ci riferiamo a una rivoluzione violenta, che farebbe solo il gioco del ‘sistema Nord’. Ma una rivoluzione meditata, che in parte è già cominciata con le iniziative lodevoli “Compra Sud” e “Compro siciliano“. Non abbiamo la forza per contrastare un’Italia che tratta il Sud e la Sicilia come colonie. Ma siccome siamo il mercato dei prodotti del Nord, cominciamo da lì: se è possibile, non acquistiamoli più. A cominciare dall’agro-alimentare, ma non soltanto dall’agro-alimentare. E pensare a movimenti politici locali radicati nel territorio. Noi abbiamo criticato il Movimento 24 Agosto perché, a nostro avviso, avrebbe dovuto presentarsi alle elezioni regionali di Calabria, Puglia e Campania con un proprio simbolo. Sarebbe stata una partenza debole, ma sarebbe stato un segnale importante. Ora, in Calabria, alle elezioni regionali, si prospetta la candidatura di Luigi De Magistris con il Movimento 24 Agosto. Ottima candidatura. Soprattutto se De Magistris si porrà in secca alternativa a centrodestra e centrosinistra, che sono le cancrene coloniali del Sud e della Sicilia.
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