Comunicato dell’assessorato regionale ai Beni culturali
“Oggi è un giorno lieto. Apprendo con soddisfazione la notizia che il Consiglio di Giustizia Amministrativa, con sentenza pubblicata nelle scorse ore, ha respinto il ricorso presentato dalla proprietaria della casa di Canicattì dove vivevano il giudice Rosario Livatino e la sua famiglia,
La “Casa di Famiglia del Giudice Rosario Livatino” che si trova a Canicattì, in Viale Regina Margherita n. 166, con i beni mobili che vi sono custoditi, è stata già dichiarata di particolare interesse storico, artistico, architettonico ed etnoantropologico nel settembre 2015, con atto del dirigente del Dipartimento regionale dei Beni culturali che l’ha sottoposta alle prescrizioni previste dal Codice dei Beni Culturali. “La sentenza – dice Michele Benfari, Soprintendente dei Beni Culturali di Agrigento – riconosce la fondatezza e la validità delle motivazioni che ci hanno indotto ad avviare l’iter di tutela, e ha riconosciuto l’alto valore simbolico dell’abitazione. La casa del giudice, ucciso a soli 38 anni da mano mafiosa, infatti, con i suoi ricordi, gli scritti autografi, le foto e gli effetti personali, che sono stati custoditi e preservati nel tempo – in una immobile integrità – dai genitori del giovane magistrato, rappresentano un luogo e un’occasione di riflessione”.
La casa, già oggi, costituisce un avamposto della lotta per la legalità essendo punto di incontro di molti giovani provenienti da tutta Italia. Al momento del tragico agguato, avvenuto il 21 settembre del 1990 per mano della “Stidda”, la mafia agrigentina, Rosario Livatino aveva solo 38 anni, rappresentando il più giovane dei 27 magistrati in servizio ad Agrigento dove si occupava di misure di prevenzione. Il suo impegno, la rettitudine e la riservatezza con cui il giovane magistrato ha vissuto, hanno indotto la Chiesa ad avviare il processo diocesano di beatificazione che si è concluso il 21 dicembre 2020 con il decreto di Papa Francesco che ne riconosceva il martirio in odium fidei, avviando la parte conclusiva del procedimento per riconoscerlo quale beato. La breve vita del magistrato si è consumata all’interno della dimensione familiare con frequentazioni limitate al proprio ambito lavorativo, motivo per cui assume ancora maggior valore quel contesto in cui si è compiuta una vita caratterizzata da insegnamenti cristiani, riservatezza e solitudine. La casa, che in assenza eredi diretti della famiglia Livatino, è passata ad altra proprietà, nella relazione che accompagna la dichiarazione di interesse culturale della Regione, viene così rappresentata: “L’arredamento risulta sobrio e semplice, tutti gli oggetti, le suppellettili, i libri e gli arredi, amorevolmente preservati dalla famiglia, trasmettono al visitatore un’atmosfera emotiva di casa Livatino. Tra gli oggetti personali si annoverano: il vangelo, la macchina da scrivere, il telefono, materiale di documentazione e riviste giuridiche, un quadretto di Paolo VI (richiamato in una delle sue agendine quando muore il Sommo Pontefice), una vecchia radio assieme ad una nutrita videoteca in VHS. Presenti anche la copia della tesi di specializzazione in Diritto regionale nonché alcuni capi di abbigliamento compresa la toga posta sulla bara il giorno dei funerali”.