- Sentenza storica pronunciata dalla Corte d’Appello di Roma su ricorso proposto dagli avvocati Calogero Leanza e Francesco Mobilia
- Per sette anni gli studenti non hanno avuto la certezza dell’ammissione all’università a numero chiuso
Sentenza storica pronunciata dalla Corte d’Appello di Roma su ricorso proposto dagli avvocati Calogero Leanza e Francesco Mobilia
Una storia a lieto fine, la definiscono i legali. Una storia molto particolare, in verità. Una vicenda legata al numero chiuso che i giovani del nostro paese si rovano davanti quando debbono accedere all’università. Dove, spesso, si finisce per delegare la questione iscrizione alla Giustizia. Con tutto quelle che ne consegue. Con cause che possono durare anni, molti anni. Una di queste storie si è conclusa Venerdì scorso davanti la Corte d’Appello di Roma, che ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati Calogero Leanza (nella foto) e Francesco Mobilia (nella foto sotto). I due legali hanno chiesto alla Pubblica Amministrazione un risarcimento da corrispondere in favore di alcuni studenti universitari (ormai ex) che, negli anni precedenti, avevano proposto ricorso per l’accesso alla facoltà di Medicina ed altri corsi di laurea a numero chiuso. Ne è scaturito un processo piuttosto lungo.
Per sette anni gli studenti non hanno avuto la certezza dell’ammissione all’università a numero chiuso
La storia è iniziata nel 2013 per poi concludersi, addirittura, a fine 2020, dopo ben sette anni! “Un lasso temporale abnorme – scrivono i due legali – che pertanto incideva sulla serenità degli studenti stessi i quali, seppur ammessi alla facoltà in via cautelare e provvisoria, non avevano certezze su quale sarebbe stato l’esito della loro carriera universitaria una volta pronunciata la sentenza definitiva”. La soddisfazione per questa pronuncia del Tribunale di Roma emerge anche dalle parole dei due legali i quali hanno così commentato: “Si tratta di una fondamentale svolta nel panorama giuridico che finalmente riconosce un ristoro anche alle sofferenze cui sono esposti i ragazzi nel protrarsi di questi lunghi giudizi. In questo senso risulta di massima rilevanza l’applicazione della Legge n. 89 del 2001 (c.d. legge Pinto) grazie alla quale è possibile ottenere un risarcimento al fine di controbilanciare, almeno in parte, l’annoso problema delle lungaggini processuali che affligge il nostro sistema giudiziario: esortiamo quindi tutti i ragazzi che abbiano avuto questo genere di disagio a far valere i loro diritti”. “Un lieto fine – concludono i due legali – dopo un percorso travagliato. Si auspica tuttavia che la disciplina del processo venga riformata con un deciso intervento sistematico da parte del legislatore, garantendo tempi brevi e risultati efficienti”.