Siamo già entrati nel terzo anno della “CUN ai nastri di partenza”. Il tema è la Commissione Unica Nazionale che dovrebbe bloccare le speculazioni al ribasso che colpiscono – anche in questo momento – il grano duro, con particolare riferimento al grano duro che si produce nel Sud Italia e in Sicilia. Ebbene, la legge nazionale che ha istituito la CUN è del 2015, in pieno Governo Renzi. Sono stati i grillini, allora all’opposizione, a volere questa legge. Allora i grillini erano i grillini, facevano ‘scruscio’, erano critici con l’Unione europea e appoggiavano le rivendicazioni dei produttori di grano del Sud e della Sicilia. I renziani – tipi ‘scafati’ per antonomasia – non si sono opposti alla legge: tanto non l’avrebbero applicata. E infatti la legge sulla CUN non è stata applicata dal Governo Renzi e non è stata applicata dal Governo Gentiloni.
Arriviamo così alla nuova legislatura. Tocca al nuovo Governo tra grillini e leghisti. L’agricoltura va alla Lega. E i grillini che hanno fatto il pieno di voti nel Sud che dicono? “E vabbé se la legge sulla CUN non si applica non è colpa nostra”. Insomma, la responsabilità è della Lega. Anche se uno potrebbe dire ai grillini: ma voi al Governo, che ci state a fare? Arriviamo al Marzo 2019. Pressioni e polemiche da parte degli agricoltori del Sud Italia. Qualcosa si deve fare. Da qui la dichiarazione famosa: “La CUN ai nastri di partenza”. Passa tutto il 2019 e la CUN rimane ai “nastri di partenza”. Nel frattempo è arrivato il Governo del PD, con i grillini ‘agniuniati’, come diciamo noi in Sicilia, cioè messi all’angolo. Nuova scusa dei grillini: “Al Ministero delle Politiche agricole c’è la renziana Teresa Bellanova. Insomma, ce n’è sempre una per non far partire la CUN.
Polemiche e altre polemiche. Ok, fa sapere la Ministra Bellanova, altra furbacchiona: raccogliete le deleghe per la CUN e partiamo. Noi siamo testimoni, in Sicilia, nella battaglia per le deleghe che si consuma lo scorso Autunno in tutto il Sud e in Sicilia per la raccolta delle deleghe. A un certo punto Cosimo Gioia, agricoltore e produttore di grano nell’entroterra della Sicilia, sbotta: “La CUN del grano duro? Noto che è sempre complicato mettere insieme le teste dei siciliani“. Eh già, oltre all’industria della pasta, che non vuole la CUN e che, al massimo, per il grano duro del Sud è disposta a non andare al di là dei contratti di filiera ‘confezionati’ per fare gli interessi della stessa industria (come spiega bene il presidente di Confagricoltura Sicilia, Ettore Pottino), a complicare il quadro ci si mettono pure le baruffe tra gli agricoltori.
Si è arrivati a qualcosa? Così sembrava. O meglio, così sembrava prima della crisi del Governo Conte bis. Siamo ai giorni nostri. Dopo sei anni – sei anni dall’approvazione della legge sulla CUN! – da Roma arriva il via libera alla possibilità di dare vita a una “CUN sperimentale”. Che significa “sperimentale” noi non l’abbiamo capito: o il controllo sull’andamento del prezzo del grano duro sui effettua, monitorando gli scambi e verificando che lo stesso prezzo del grano duro del Sud non venga inficiato dall’arrivo di grano duro estero con le navi, o altrimenti non se ne fa nulla. Tra l’altro – elemento centrale – bisogna dare una sede a questa CUN: e poiché il grano duro italiano è prodotto, per lo più, in Puglia e in Sicilia, è in una di queste due Regioni che dovrebbe avere sede la CUN. Ma della sede non si parla. Anzi per ora c’è la crisi di Governo e non si parla più nemmeno della CUN…
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