- La difficile conquista del Val di Noto
- La conquista di Alimena
- La conquista dell’inespugnabile Castrogiovanni (Enna)
- Entra in scena Basilio il Macedone
- La Val di Noto
- Gli ultimi Aghlabiti espugnano il Valdemone che però resta cristiano e greco
- I Greci escono di scena
di Massimo Costa
La difficile conquista del Val di Noto
Negli anni ’40 l’avanzata degli arabi si fa più lenta. Le immigrazioni dai quattro angoli dell’Islam (Spagna, Afghanistan, Africa, Arabia) rallentano sino a spegnersi. Ora sono gli stessi musulmani di Sicilia (sia di origine esterna, sia i primi convertiti autoctoni) a pressare contro la parte greca dell’Isola. Trovando inespugnabile il nord, spingono a sud verso il Val Di Noto. Dopo una serie di spedizioni navali vittoriose sulla costa settentrionale e sulle Eolie, gli Arabi prendono però Messina (843). La città, tuttavia, saldamente in terra greca, non è mantenuta a lungo. Gli abitanti si rifugiano all’interno, dove costruiscono una rocca più facilmente difendibile, chiamata “Rometta” (cioè città dei “Romaioi” o “Romei”, ovvero Romani, come i bizantini, anche siciliani, chiamavano sé stessi). Messina resta disabitata, o appena con funzioni di porto-emporio per gli abitanti più sicuramente asserragliati a Rometta.
La conquista di Alimena
Più duratura sarebbe stata la conquista di Alimena, nello stesso anno, segno che sulle Madonie si era ora attestata la difesa bizantina. Ma è verso sud, dove non ci sono difese naturali, che gli Arabi sfondano più facilmente, incontrando tuttavia una resistenza imperiale formidabile. Le città devono essere espugnate una ad una: nell’845 tocca a Modica, nell’847 a Lentini, nell’848 a Ragusa. Nel frattempo la flotta siculo-araba assalta l’Italia meridionale. Nell’846 occupa Ponza, in spregio agli accordi con Napoli, ma poi ne sono scacciati. Sbarcano a Ostia e saccheggiano Roma, persino la Chiesa di San Pietro, allora fuori dalle mura. I “Siciliani” sono ora visti nel mondo cattolico come un vero flagello di Dio. I ducati campani, compresa la stessa Napoli, comprendono il pericolo e, in uno sforzo congiunto, arrestano una seconda spedizione, in una battaglia navale ad Ostia (849), in cui i Siculo-arabi sono sconfitti.
La conquista dell’inespugnabile Castrogiovanni (Enna)
Dopo la morte di Ibrahim, gli emiri sono eletti dalla colonia e appena appena investiti dai distratti Aghlabiti di Kairuan. Non cambiano i metodi: distruzione di colture, prigionieri, uccisioni, con una campagna ogni anno nella metà Sicilia controllata ancora dall’Impero Romano d’Oriente. Cade Camarina (852), poi Butera (853), dove più di 5.000 abitanti sono ridotti in schiavitù; nell’857 tocca a Gagliano e Cefalù. Nell’859 riescono, secondo i racconti tramandati, risalendo le fognature, a entrare nell’inespugnabile Castrogiovanni (Enna), e quindi a rimuovere il più importante ostacolo alla loro conquista dell’Isola. Dopo, è praticamente subito assedio della vecchia capitale Siracusa, ormai priva di quel prezioso avamposto. I Siciliani cominciano a reagire, si ribellano e prendono come possono le armi, ma non sono aiutati dall’Impero in modo efficace. Le sollevazioni furono piegate dagli Arabi nell’860, fra episodi di vero eroismo, guidati dalla propaganda di un frate assai poco contemplativo: Elia di Castrogiovanni, apostolo della resistenza siciliana contro gli invasori. Molti fuggono dalla Sicilia, chi nella Calabria, chi nel Salento, allora ancora saldamente in mani bizantine, chi nel Val Demone, ancora ben difeso. La penetrazione araba in Val di Noto è però già meno impetuosa che quella del primo assalto nel Val di Mazara, sia per velocità di conquista, sia per numero di colonizzatori.
Fine della decima puntata/ Continua
Foto tratta da Beni Culturali Online
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