“L’attività repressiva dei bersaglieri vide il susseguirsi incessante di rastrellamenti, saccheggi, arresti, torture e fucilazioni arbitrarie che seminarono il terrore nelle campagne del circondario di Rossano, portando all’arresto e alla morte di centinaia di persone tra sospetti briganti e sospetti conniventi. I metodi del Milon erano, certo, efficaci e assai esemplari; ma, per la loro brutalità, suscitarono una serie di reazioni, anche in sede parlamentare, com’è testimoniato dalla interpellanza svolta alla Camera dei deputati il 10 giugno 1869, dall’on. G. Ricciardi: “Io non leggerò per intero ciò che mi è stato scritto dai vari punti delle Calabrie, non darò che un cenno dei fatti ond’è accusata l’autorità militare. (…). Bisogna assolutamente che la luce si faccia, bisogna che cessi uno stato di cose mostruosamente anormale. Dai fogli che ho fra le mani risulta che i conventi furono mutati in carceri, che i carcerati furono sottoposti ai più barbari trattamenti, che talune volte alcuni furono liberati e poi fatti fucilare alle spalle siccome fuggitivi. (…) Taccio di soprusi minori. Taccio degli arsi casolari e delle taglie imposte e dei piantoni mandati a coloro che non si presentano a mandare i loro guardiani o mandriani a cooperare alla repressione del brigantaggio, il quale sia detto in parentesi, non è stato ancora represso, ma solo diminuito. Potrei sino ad un certo punto chiudere gli occhi, se questa orribile piaga delle provincie meridionali fosse almeno estirpata, ma ciò non è”.
In meno di un anno le bande furono liquidate: Romanello; Catalano catturato, torturato e fucilato; Turchio e Faccione, si consegnarono promettendo di collaborare cosa che non fecero. Restava libero l’inafferrabile Palma, in cui ormai s’identificava il brigantaggio calabrese.
Eugenio De Simone – Atterrite queste popolazioni, Magenes Edizioni, pag. 24, 26.
Foto tratta da Partito del Sud
Tratto da Regno delle Due Sicilie.eu