Mobilitare i siciliani non è facile. Riunirli attorno a un argomento di interesse pubblico èì ancora più difficile. “In Sicilia ogni uomo è un’isola”, ci ricorda Luigi Pirandello, il grande scrittore e drammaturgo agrigentino, che alla profonda conoscenza dell’animo umano univa l’altrettanto grande conoscenza degli abitanti della nostra Isola. Eppure, vuoi perché l’argomento ha colpito l’immaginario dei siciliani, vuoi perché Antonio Piraino è un siciliano di “tenace concetto”, la pagina Facebook “SCORIE NUCLEARI IN SICILIA: NO GRAZIE”, pochi giorni, ha già oltre 5 mila iscritti.
L’argomento lo conosciamo: dopo anni di ‘studi’ il Governo nazionale – magari pensando che in piena pandemia la cosa sarebbe passata sotto silenzio (in Sicilia – e soprattutto a Palermo – hanno scelto la chiusura delle attività della Primavera dello scorso anno per piazzare le antenne del 5 G) – ha deciso di rendere noti i 67 siti potenzialmente idonei dove seppellire le scorie radioattivi delle due centrali nucleari italiane (in realtà bloccate quasi subito in forza di un referendum, in anni in cui, in Italia, la democrazia impediva di non rispettare la volontà popolare), le scorie radioattive delle industrie italiane (quasi tutte al Nord), le scorie radioattive sanitarie e le scorie radioattive dei centri di ricerca. Da quello che noi sappiamo – semplifichiamo per non tediare i lettori con i tecnicismi – le scorie radioattive ‘pesanti’ dovrebbero essere localizzate in un unico sito, mentre poco si sa delle altre scorie: per esempio, quelle sanitarie. La Sicilia è stata classificata come zona sismica e, quindi, il rischio che arrivino montagne di rifiuti radioattivi è basso. Però è bene tenere alta la guardia, perché da quello che si capisce il ‘partito unico del Nord’ ha già deciso che le scorie radioattive, come nella migliore tradizione coloniale, se le dovrà’sciroppare’ il Sud Italia. Ben venga, quindi, la pagina Facebook “SCORIE NUCLEARI IN SICILIA: NO GRAZIE”, che ci aiuta a tenere viva l’attenzione su una questione molto importante.
Detto questo, ci permettiamo di avanzare una proposta: perché, oltre ad evitare che la Sicilia diventi il logo dove smaltire rifiuti radioattivi, prodotti magari nel Nord Italia, questa pagina Facebook non affronta la questione rifiuti radioattivi anche in relazione alle tante ombre che si addensano su alcune miniere abbandonate da anni della Sicilia che, secondo fonti attendibili, potrebbero già ospitare rifiuti radioattivi? Proponiamo ai nostri lettori – e ovviamente ai protagonisti della pagina Facebook creata da Antonio Piraino – cosa scrive Wikipedia a proposito della tesi stando alla quale, nella miniera di Pasquasia, in provincia di Enna, chiusa nel 1992, sarebbero stati stoccati rifiuti radioattivi.
“Una ipotesi, che negli anni ha avuto molta presa su stampa e mass media, sosterrebbe che la chiusura sia avvenuta per consentire lo stoccaggio di rifiuti radioattivi, visti anche gli studi geologici fatti nel sito precedentemente la sua chiusura. Questa ipotesi fu sostenuta anche nel 2001 dal deputato Ugo Grimaldi, già Assessore al Territorio e all’Ambiente della Regione Siciliana nel 1997. Infatti in un’intervista fatta dal giornalista Angelo Severino, egli solleva la questione che all’interno della miniera si trovino scorie radioattive, visti anche i diversi tentativi di occultamento, quali il riempimento del pozzo grande (sfiatatoio profondo 1000 metri).[5] Inoltre, secondo il giornalista, la presenza di Cesio-137, che è stato rilevato nei dintorni della miniera, potrebbe essere dovuto ad «un inaspettato incidente nucleare verificatosi probabilmente intorno al 1995 durante una fase sperimentale di laboratorio da parte dell’ENEA.»[5] Infatti, l’ENEA, con il professore Enzo Farabegoli,[13] è noto che avesse in precedenza studiato la fattibilità dello stoccaggio di scorie nucleari nel sito di Pasquasia,[14] sito che era già stato censito come idoneo allo stoccaggio in una conferenza tenutasi a Washington, D.C. il 15-16 luglio 1989.[15][16][17]. La presenza del Cesio-137 nelle vicinanze di Pasquasia, venne riscontrata, dall’Usl nel 1997, «in concentrazione ben superiore alla norma.»[5][18] Inoltre, la Procura della Repubblica di Caltanissetta e la Direzione Distrettuale Antimafia hanno confermato l’esistenza di «un procedimento penale, archiviato nel 2003, a carico di noti indagati per reati ambientali correlati allo smaltimento dei rifiuti» e soprattutto «anche radioattivi all’interno della miniera in questione». Ma l’accesso alla documentazione non è possibile in quanto la stessa Procura conferma che «tali atti tuttavia non sono ostensibili in quanto coperti da segreto».[19][20]. Tra l’altro nel 2008 l’allora Governo di Romano Prodi, ha esteso il segreto di Stato sull’individuazione del sito unico di stoccaggio delle scorie nucleari (G.U. 16 aprile 2008 n. 90).[5][9][21]. Nel 2013 RaiNews ha realizzato una video inchiesta, intitolata “Miniere di Stato” di durata 25 minuti sul sito dismesso, ricostruendo la possibilità di smaltimento di rifiuti, anche radioattivi, all’interno della cava mineraria.[22] Inquietante anche il fatto che correla la morte per omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà, noto penalista palermitano e deputato alla Camera barbaramente ucciso il 23 gennaio 2010, con la sua attività di inchiesta e denunzia sugli abusi fatti dalla mafia nella miniera (vedi il suo atto ispettivo numero 2-00308 del 22 aprile 2002).[1][5][20]. Ma ancora più drammatica e inquietante la notizia secondo cui il giudice Paolo Borsellino sarebbe stato ucciso per le vicende mafiose che riguardavano la miniera. Infatti il giornalista Gianni Lannes su un suo articolo: “Una tomba nucleare” del gennaio 2012 scrive che: «Nel giugno 1992 Messina raccontò a Paolo Borsellino che le gallerie sotterranee venivano utilizzate per smaltire scorie radioattive. Il 19 luglio di quell’anno, il giudice venne assassinato assieme alla sua scorta di Polizia. Secondo il racconto di Messina-sulla circostanza considerato attendibile dal Procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna. […] Antonio Manganelli all’epoca sosteneva, […] che «il contributo delle confessioni del pentito Leonardo Messina era assimilabile a quello portato da Tommaso Buscetta.» (Gianni Lannes, “Una tomba Nuclearegennaio 2012[20]). Secondo la Procura di Caltanissetta, negli 11 Comuni vicini alle miniere di Pasquasia e Bosco Palo il 43% dei decessi avviene a causa di tumore, e nel territorio del Comune di Caltanissetta nel biennio 2008-2009 vi sono stati quasi 4.000 morti contro i 1200 della media nazionale”.[23]
“All’ipotesi che il sito sia stato utilizzato come fonte di stoccaggio di rifiuti radioattivi – leggiamo sempre su Wikipedia – si contrappone la tesi sostenuta da fonti interne al personale della miniera, secondo la quale la chiusura della miniera potrebbe essere dovuta alla mancata volontà politica di riconvertire il sito verso la più profittevole e strategica produzione di magnesio, presente come solfato nella kainite. La riconversione si era resa necessaria perché la produzione del sale potassico a quel tempo avveniva con costi troppo elevati. Secondo questa tesi la riconversione, che era ormai necessaria ed urgente, veniva osteggiata e bloccata da interessi forti di multinazionali statunitensi e tedesche, le stesse che oggi hanno il monopolio della produzione di magnesio. A sostegno di ciò Giuseppe Fava, l’indimenticato giornalista siciliano, scrisse sulla rivista da lui diretta: I Siciliani che Pasquasia possa essere stata abbandonata al suo destino per volere di grossi interessi di compagnie minerarie, poiché il vero potenziale economico della miniera era legato non tanto all’uso del sale potassico come fertilizzante, quanto al ruolo che, nel minerale Kainite, è dato dal magnesio. Minerale di cui è ricca la miniera.[24] Va ricordato che il magnesio ha un utilizzo strategico anche in importanti le applicazioni militari e tecnologiche.[25] Questa tesi viene ripresa da Giuseppe Regalbuto (presidente della Commissione Miniere dismesse dell’Urps) che sostiene che la miniera è stata chiusa malgrado un attivo di 5 miliardi di lire e con una produzione complessiva di circa 6 mila tonnellate di salgemma; lo stesso autore sostiene che insieme ai rifiuti radioattivi la miniera possa essere stata oggetto di stoccaggio di rifiuti a base di amianto, come l’Eternit.[25][26]. L’inquinamento del sito secondo questa ipotesi può essere dovuto semplicemente a cause interne, quali gli oli esausti dei trasformatori, ammine aromatiche e chimec 12[27] (usati nei processi di flottazione del minerale), oltre all’amianto presente in abbondanza nei rivestimenti dei capannoni. Inoltre, i fanghi della lavorazione del sale potassico, ricchi di magnesio, sono stati stoccati nel pozzo grande profondo 1000 metri, riempiendolo quasi completamente insieme a materiali di risulta vari. La radioattività riscontrata nell’ambiente potrebbe essere dovuta alla dispersione del Cesio-137 o Cobalto-60, presente nei sensori radiometrici dei nastri trasportatori abbandonati all’interno delle gallerie.[28]. Difficilmente oggi la miniera può essere utilizzata come deposito di scorie radioattive, poiché dal momento che è abbandonata le acque di falda hanno invaso le gallerie rendendole inutilizzabili, fatto salvo, forse, il periodo immediatamente successivo alla chiusura della stessa miniera”.
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