Brutte notizie per il Nord Italia che ha monopolizzato la produzione di carne in Italia con inquinanti allevamenti intensivi. La Cina ha bloccato le esportazioni di carne di maiale italiana perché potrebbero essere ‘infettate’ dal virus. In realtà, il ‘Dragone’ sta solo proteggendo la propria produzione di carne di maiale. E lo può fare, perché è un Paese comunista che ‘usa’ o ignora la globalizzazione dell’economia quando a seconda dei propri interessi
C’è una notizia che sta passando quasi inosservata. Eppure, per l’Italia, o meglio, per il Nord Italia, è una notizia molto importante, soprattutto nell’attuale momento storico che registra una riduzione dei consumi, ad eccezione di quelli alimentari. La notizia è che i cinesi, che hanno ‘regalato’ al mondo lo strano virus SARS Cov 2, hanno deciso i bloccare le importazioni di carne di maiale italiana. E sapete perché? Perché la carne di maiale italiana – o meglio, prodotta nel Nord Italia – potrebbe essere contagiata dal virus cinese…
Le cronache raccontano che cinque giorni fa – il 3 Gennaio – le autorità cinesi hanno bloccato due container di carne di maiale made Nord Italia. Attenzione: questo sta avvenendo a pochi giorni dalla firma dell’accordo sul piano di investimenti tra la Ue a ‘trazione’ tedesca e la Cina. E siccome l’Italia, nell’Unione europea, conta poco o nulla, i cinesi hanno preso la palla al balzo per difendere le proprie produzioni di carne di maiale.
Certe volte la storia fa il giro e si prende gioco degli sfruttatori. “Si è sempre meridionali di qualcuno”, amava dire il filosofo Bellavista, lo straordinario uscito fuori dalla penna di Luciano De Crescenzo. E così il ricco e inquinato Nord Italia comincia a scoprire che il mondo liberista li considera il “Sud” della Ue e della Cina…
Quello che sta succedendo e, soprattutto, quello che succederà nei prossimi anni nel Nord Italia non è facile da prevedere. Intanto per chi, in tutti questi anni, ha trasformato la zootecnia in un’attività industriale senz’anima si profila una bella ‘nemesi’ cinese che ha il retrogusto del paradosso.
Nel corso degli ultimi decenni, utilizzando in modo improprio uno storico contratto agrario – la soccida – il Nord Italia ha concentrato nei propri territori quasi tutta la produzione di carne italiana, in testa la carne suina.
Chi ha avuto la fortuna di studiare all’università la Zootecnia e l’Economia agraria ha imparato che la produzione di carne è legata all’azienda agricola. Non è più così in Italia già da alcuni decenni, se è vero che gli allevamenti di animali – suini in testa – di agricolo ormai hanno ben poco: sono aziende industriali a tutti gli effetti. Dell’agricoltura conservano solo le ricche agevolazioni economiche e fiscali previste da un antico contratto agrario – la citata soccide – riadattata per la bisogna.
E’ noto lo spaventoso inquinamento ambientale provocato dagli allevamenti intensivi di animali da carne, che in Italia si concentrano nella ‘Padania leghista’, ovvero tra Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Soprattutto in quest’ultima Regione dove si produce il prosciutto crudo.
Da qualche tempo, però, nel Nord Italia che ha imposto la propria produzione di carne a tutta l’Italia, soprattutto al Sud, le cose non vanno bene. Il primo colpo è arrivato con il CETA, il trattato commerciale tra Ue e Canada: e dal Canada arriva a iosa, in forza di questo trattato, carne di maiale.
Ora è arrivato il blocco cinese. Che non è una cosa di poco conto, perché in Cina, Paese comunista, è lo Stato che decide le scelte economiche. Ed è lo Stato cinese che ha deciso di proteggere la propria produzione di carne. Non è una decisione presa in questi giorni: già da un anno e forse più i cinesi stanno facendo incetta sul mercato internazionale di alimenti per il bestiame.
Si tratta di una scelta di politica economica strategica per la Cina: nella stagione delle pandemie, che si è aperta con il SARS Cov 2, è bene rafforzare la produzione alimentare interna: non si sa mai…
Così il ricco Nord Italia che ha combinato un manicomio per imporre la propria carne a tutta l’Italia, adesso si ritrova con il Canada che, in forza del CETA, importa in Italia carne di maiale; e con la Cina che blocca le esportazioni nel proprio territorio di carne di maiale italiana (cioè del Nord Italia).
Due i paradossi in questa vicenda.
In primo luogo, il ricco Nord Italia non può certo giustificarsi dicendo che la carne che produce è ‘ecologica’, perché l’inquinamento provocato dagli allevamenti intensivi di animali da carne è sotto gli occhi di tutti (tra l’altro, anche il concetto di ‘carne ecologica’ oggi è messo in discussione, se è vero che anche la produzione di carne ecologica danneggerebbe il clima)
In secondo luogo, c’è il ruolo della Cina, Paese comunista che ‘usa’ la globalizzazione dell’economia a proprio uso e consumo: invade il mondo con le proprie produzioni tessili e con alcuni prodotti agricoli freschi e trasformati e nessuno gli può dire niente perché, nel demenziale mercato economico globalizzato, chi produce a costi più basi vince, anche se – con riferimento all’agro-alimentare – sulle tavole di milioni di persone finisce il peggio del peggio…
Però siccome la Cina è un Paese comunista che, per l’appunto’, ‘usa’ il mercato liberista a proprio uso e consumo, se una cosa non gli piace è nelle condizioni di dire no. E ora con il ‘cinese’ Joe Biden alla Casa Bianca il ‘Dragone’ sarà ancora più potente…