La Giustizia, anche questa volta, ha anticipato la politica. Avrebbe dovuto essere il Comune di Palermo – e cioè l’attuale Amministrazione comunale – a evitare simili condotte. Invece a fare pulizia e a mettere un po’ d’ordine è dovuta intervenire, per l’ennesima volta, la Magistratura
Sulla carta risultavano sul posto di lavoro, in realtà erano altrove a farsi i fatti propri. Solita storia ormai quasi ‘normale’ nei disastri della pubblica amministrazione italiana. Questa volta però c’è un problema in più: perché i cosiddetti furbetti del cartellino di Palermo, acciuffati oggi dagli inquirenti, lavorano (o quasi) in uno dei settori nevralgici dell’amministrazione comunale del capoluogo della Sicilia: i cimiteri.
Come i nostri lettori sanno, dalla scorsa Estate nel cimitero più grande di Palermo – il cimitero di Santa Maria dei Rotoli – il caos è indescrivibile e le bare, ancora oggi, giacciono accatastate in attesa di trovare un luogo dove farle riposare in pace. Il sindaco, Leoluca Orlando, la scorsa Estate, aveva detto che a Ottobre si sarebbe normalizzato tutto. Invece il caos continua.
Ora, in uno scenario del genere scoprire che ci sono 18 misure cautelati tra i dipendenti dei servizi cimiteriali di Palermo e ben 55 condotte penalmente rilevanti non è proprio una bella notizia. Non lo è perché mai si deve gioire per persone che finiscono nei guai, ma è altrettanto vero che la gestione dei servizi cimiteriali ha finito col creare disagi incredibili alla città e, in particolare, ai parenti dei defunti.
I particolari di questa storia non è difficile immaginarli, perché ormai sono standard in queste storie: i cartellini timbrati da una persona anche per altre persone che non mettevano piede in ufficio. Problemi sono stati rilevati anche per gli impiegati addetti a svolgere mansioni all’esterno.
Le indagini, come già accennato, sono durate cinque mesi. Pensate un po’: mentre la scorsa Estate si polemizzava per le bare in attesa di sepoltura i Carabinieri del Nucleo investigativo e l’Unità operativa di Polizia giudiziaria del Comando di Polizia municipale, zitti zitti, su delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, avevano già capito quello che stava succedendo e raccoglievano le prove per inchiodare alle proprie responsabilità i protagonisti di questa brutta storia.
Per la cronaca, i dipendenti coinvolti lavorano presso le società controllate dal Comune di Palermo RESET e COIME.
Che dire, di altro? Che, come al solito, la Giustizia, anche questa volta, ha anticipato la politica. Avrebbe dovuto essere il Comune di Palermo – e cioè l’attuale Amministrazione comunale – a evitare simili condotte. Invece a fare pulizia e a mettere un po’ d’ordine è dovuta intervenire, per l’ennesima volta, la Magistratura.