In questo breve scritto si racconta in modo chiaro come l’ammiraglio Carlo Persano – quello che sei anni dopo, nel 1866, nella terza guerra d’indipendenza farà perdere la faccia all’Italia appena nata nella battaglia navale di Lissa – corrompeva, con il denaro del Piemonte di Cavour, ad uno ad uno gli ufficiali del Regno delle Due Sicilie. L’Italia vedeva la luce nella corruzione assoluta. I risultati si vedono ancora oggi…
Tutto ciò è raccontato nei minimi dettagli nel meticoloso diario. La corruzione sistematica che rende possibile la spedizione garibaldina è provata con cristallina evidenza. Nel diario si legge, per esempio, quanto Persano scrive al Cavour nell’agosto del 1860:
“Ho dovuto, Eccellenza, somministrare altro denaro. Ventimila ducati al Devincenzi, duemila al console Fasciotti, giusta invito del marchese di Villamarina, e quattromila al comitato. Mi toccò contrastare col Devincenzi, presente il marchese di Villamarina; egli chiedeva più di ventimila ducati; ed io non volevo neanche dargliene tanti”.
Cavour – racconta Persano – gli “aveva data facoltà di assicurare gradi e condizioni vantaggiose a coloro che promuovessero un pronunciamento della squadra borbonica in favore della causa italiana” e, in casi particolari, aveva autorizzato a “spendervi qualche somma”. Il conte fa di tutto per incoraggiare il tradimento dell’ufficialità borbonica:
“Mandi a Genova – scrive a Persano – quegli tra gli ufficiali di marina napoletani che hanno dato le loro dimissioni regolarmente. Non potrò forse dar loro subito un impiego, ma li rassicurerò sulle loro sorti”.
L’ammiraglio è un perfetto esecutore delle consegne ricevute, tanto che così scrive al Cavour:
“Possiamo ormai far conto sulla maggior parte della dell’officialità della regia marina napoletana”.
Come sul fronte della corruzione, come su quello dell’invio di armi tutto fila liscio:
“Noi continuiamo, con la massima segretezza, a sbarcare armi per la rivoluzione, a tergo delle truppe napoletane”.
Angela Pellicciari La gnosi al potere, Fede&Cultura Edizioni, pag. 85
Foto tratta da Alta Terra di Lavoro
Tratto da Regno delle Due Sicilie.eu