Sono tante le spiegazioni sul perché, dopo il 1860, il Nord ha sviluppato la propria economia, mentre il Sud è rimasto indietro. Le ruberie del Nord ai danni del Sud, i sette anni di servizio di leva, i crimini dei generali savoiardi, il Fisco da rapina. Ma c’è anche una spiegazione economica che va in profondità e che l’economista e storico Stefano Fenoaltea riassume in modo brillante in poche righe
“Il successo del Nord e l’insuccesso del Sud sono legati (nel primo cinquantennio post unitario, n.d.r.) alle risorse naturali attraverso la tecnologia, intensiva appunto in risorse naturali, della prima rivoluzione industriale, quella della siderurgia e dell’industria tessile. Ma nello scorcio dell’Ottocento si sviluppa pure la tecnologia della seconda rivoluzione industriale, quella della chimica organica e del materiale elettrico. Tale tecnologia non richiede intensi consumi energetici, si presta come tale anche ai Paesi come l’Italia poveri di carbone; ma è intensiva in capitale umano, attecchisce in Germania grazie all’ottima, diffusa educazione tecnica. In Italia questo manca: il Politecnico di Milano rimane un’eccezione, le scuole e le borse di studio che possono aprirne le porte anche ai giovani brillanti delle famiglie modeste sono poche.
Se lo Stato avesse sviluppato a dovere l’educazione tecnica, lo sviluppo italiano sarebbe stato più moderno, più rapido…
Se l’Italia post-unitaria avesse cavalcato la seconda rivoluzione industriale, invece di ripercorrere la prima, lo sviluppo sarebbe stato non solo più vigoroso, ma meno legato alle risorse naturali, idriche delle prealpi. Sarebbe stato legato, piuttosto, alle risorse umane; e con una buona educazione tecnica diffusa a tutti i livelli e in tutto il territorio, lo stesso sviluppo sarebbe stato più equilibrato. Il fallimento dello sviluppo meridionale, il fallimento che ha generato il divario Nord-Sud, è il fallimento dello sviluppo nazionale.
Stefano Fenoaltea I due fallimenti della storia economica: il periodo post – unitario, in Rivista di Politica Economica, vol. 97.2007, ¾, pag. 350.
Tratto da Regno delle Due Sicilie.eu
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