Due anni dopo la ‘presunta’ unificazione italiana i piemontesi – che avevano già ‘rapinato’ il Sud e la Sicilia prendendosi i soldi del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia – non sapevano cosa inventarsi per scippare denaro a meridionali e siciliani! Rapinavano tutti: nobili e popolani
Le tasse dopo “l’unità”.
Il raffinamento per sovraimposte daziarie inspira al ministero la proposta di una tassa su diverse concessioni del governo,
5° mila lire pel titolo di principe;
40 mila pel duca;
30 mila pel marchese;
20 mila pel conte;
15 mila pel visconte;
10 mila pel barone;
mille per un’aggiunta al cognome;
mille per gli stemma de’ municipii, e 500 per quelli de’ privati;
la metà della rendita nella collazione dei Benefici ecclesiastici, e cappellanie;
cento lire per potersi fregiare d’una decorazione cavalleresca estera;
da 100 sino a 900 lire per la concessione delle fiere e mercati ai varii paesi, secondo il numero degli abitanti;
il 3 per cento su le pensioni vitalizie civili e militari, e loro vedove;
da 25 fino a mille lire per l’approvazione delle società commerciali, secondo il loro capitale;
100 lire per la conferma di lauree universitarie estere, o per autorizzare un estero all’esercizio d’una professione nello stato, per esservi naturalizzato; lire 50 per la dispensa matrimoniale tra congiunti.
E nella tornata de’ 17 gennaio taluni deputati presentano il progetto di legge “di far pagare una tassa di cinque centesimi per qualunque persona ammessa ne’ teatri di prosa e di musica, circoli di equitazione, acrobatici, balli ed ogni altro spettacolo, dove si raduna il pubblico”.
Francesco Durelli Le condizioni del Reame delle Due Sicilie nel corso dell’anno 1862 – Ripostes Edizioni, pag. 25
Articolo tratto da Il Regno delle Due Sicilie.eu