A due anni dalle elezioni regionali la Sicilia non è a un bivio: è alla frutta. In Sicilia non funziona più niente. Lo stesso presidente Musumeci ha ammesso che la Regione che amministra non va, anche se ha dato la colpa ai dipendenti. Il PD e i grillini non sono credibili. La Lega non attecchisce. I democristiani sono sempre di meno e sempre divisi. Di Battista temporeggia. Va avanti solo Fratelli d’Italia, ma non crediamo che possa diventare il partito egemone in Sicilia. E allora…
I partiti politici tradizionali di quello che resta della sinistra sono in crisi. Il Movimento 5 Stelle è fallito. Nel centrodestra rimangono la Lega, Fratelli d’Italia e ‘frattaglie’ sparse’ di Forza Italia. I democristiani ci sono ancora, ma sono sparsi qua e là e non si intravede chi possa catalizzare questo elettorato moderato e sbandato. Lo ha capito l’ex presidente della Regione siciliana, Totò Cuffaro, che sta provando a rifondare la DC nell’Isola. Ce la farà? Un dato è certo: in questo momento, in Sicilia, chi presenterà un’offerta politica in grado di risvegliare l’orgoglio dei siciliani si prenderà senza colpo ferire la Regione siciliana e il Comune di Palermo (e poi il resto).
Il dato sui cui riflettere non sono gli attuali elettori siciliani che si recano alle urne.
Il vero snodo sta nel portare alle urne almeno il 50% di siciliani che non vanno più a votare.
La vecchia politica siciliana ormai porta alle urne meno del 50% degli elettori. La stessa vecchia politica ha ‘risucchiato’ anche il Movimento 5 Stelle: le dichiarazioni del grillino Giancarlo Cancelleri, che pensa ad un’alleanza elettorale con il PD alle prossime elezioni regionali, sono la testimonianza palmare della fine politica dei grillini in Sicilia.
La forza un po’ paradossale della vecchia politica siciliana sta nello stimolare la nausea tra gli elettori: più aumenta lo schifo sociale ed economico, più governano male, più si cimentano con le clientele prendendo in giro la gente (vedi la sceneggiata del disegno di legge presentato dal Governo Musumeci sugli orari di chiusura di bar e ristoranti: un presa in giro: e infatti non ci crede nessuno!), più aumenta il numero dei siciliani che, nauseati, non vanno più a votare. E loro, i vecchi politici siciliani, rimangono in sella. E non ha importanza che siano di centrodestra o di centrosinistra: come nel romanzo I Vicerè di Federico De Roberto, l’importante è esserci.
Oggi, in Sicilia, assistiamo a un paradosso. Se negli anni ’90 e nel primo decennio del 2000 la vecchia politica siciliana manteneva, incrementandolo, lo zoccolo duro del clientelismo – grosso modo, tra 800 mila e un milione di voti da tenere al laccio tra precari, forestali, società regionali, società comunali, società provinciali, enti e spesa pubblica improduttiva varia – oggi che i soldi pubblici sono finiti e che lo zoccolo duro si è ridotto, sì e no, a 400 mila soggetti, la vecchia politica siciliana utilizza un altro strumento: la citata nausea verso la politica.
Oggi centrodestra e centrosinistra governano la Sicilia allontanando la gente dalle urne.
Il Movimento 5 Stelle, già alle elezioni regionali del Novembre 2012, aveva intercettato l’elettorato siciliano nauseato. E lo ha incrementato alle elezioni nazionali del 2013, alle elezioni regionali siciliane del Novembre 2017 e alle elezioni politiche nazionali del 2018.
Non è questa la sede per analizzare lo scenario politico nazionale. Lo sfioriamo soltanto, dicendo che l’infelice alleanza tra grillini e Lega prima e tra grillini e PD di oggi ha completamente distrutto il Movimento 5 Stelle che ormai, a nostro modesto avviso, se si andasse a votare per il rinnovo del Parlamento nazionale, sarebbe abbondantemente sotto il 10%.
In Sicilia la situazione, per i grillini, è ancora più rovinosa, non tanto per la scissione che hanno subito (i cinque deputati regionali di Attiva Sicilia andati via), quanto per il vuoto politico che oggi rappresentano. Il 30% dei grillini in Sicilia ormai è solo un miraggio.
Ed è così anche nel resto d’Italia, dove più, dove meno. In Veneto, ad esempio, i grillini sono addirittura scomparsi dalla Regione. Chi si ostina a non capirlo è Alessandro Di Battista, che ha un grande vantaggio: non ha mai condiviso né l’alleanza tra grillini e Lega, né l’alleanza tra grillini e PD. Ma questo vantaggio lo sta sprecando restando nel Movimento, in un’inutile attesa ‘escatologica’ dell’appuntamento degli Stati generali che consacrerà solo il fallimento dei grillini.
Noi guardiamo lo scenario politico dall’angolazione siciliana.
Dove il PD è ormai impresentabile.
Dove i grillini non sono più credibili.
Dove Forza Italia esiste ancora perché resistono piccole roccaforti clientelari.
Dove gli ex democristiani sono troppo sfilacciati e divisi (resiste un po’ l’UDC, mentre il Cantiere Popolare praticamente non esiste più).
Dove la Lega ha difficoltà ad attecchire.
Dove l’unica forza politica tradizionale che va avanti è Fratelli d’Italia: ma non lo vediamo proprio questo partito a primeggiare in Sicilia.
Il risultato è che oggi, nella nostra Isola, chi si inventerà qualcosa di credibile, con personaggi ‘spendibili’, valorizzando l’autonomismo, il sicilianismo magari non in senso classico e, soprattutto, il movimentismo vincerà le elezioni regionali e si prenderà subito il Comune di Palermo, una città che l’attuale amministrazione comunale di Leoluca Orlando ha ridotto a brandelli.
Noi che siamo movimentisti-socialisti per nostra natura, pensavamo al citato Di Battista, all’eurodeputato Ignazio Corrao (che ha sempre mantenuto le distanze sia dall’alleanza tra grillini e Lega, sia dall’alleanza tra grillini e PD e che – cosa importante – sarebbe un ottimo presidente della Regione siciliana). Ma anche loro – almeno fino ad oggi – sono una delusione, visto che si attardano ancora dentro un Movimento 5 Stelle che è ormai un guscio vuoto.
Quello che Di Battista, Corrao e, in generale, i grillini oggi in dissenso rispetto alla sciagurata alleanza con il PD non hanno capito è che la loro permanenza dentro il Movimento li logora: non hanno capito che più rimarranno accanto a Beppe Grillo, a Luigi Di Maio, a Roberto Fico e via continuando con l’ala filo-PD del Governo, meno credibili saranno agli occhi degli elettori.
Il ragionamento politico andrebbe ampliato sulla presa di distanze dall’Unione europea dell’euro ormai in disfacimento. Ma questo è un altro tema.
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