La ricostruzione della verità sulla tragedia di Viviana Parisi e del figlioletto Gioele procede a fatica. Alcune novità sono emerse grazie anche ai legali della famiglia. Come ha ipotizzato l’ecologo Silvano Riggio lo scorso 26 Agosto, il bambino potrebbe essere stato sbranato da cani feroci. La madre – Viviana Parisi – invece potrebbe essere stata uccisa per aver assistito alla morte dei figlioletto
Lo scorso 26 Agosto il professore Silvano Riggio, docente di Ecologia all’università di Palermo, commentando la tragica morte fine di Viviana Parisi e del piccolo figlioletto Gioele, ha legato questa triste storia all’eventuale presenza di cani. Ebbene, stando a quanto va emergendo, sembra proprio che la tesi del professore Riggio sia tragicamente plausibile.
Come scrive il Giornale di Sicilia, sarebbero emersi nuovi elementi, grazie anche ai legali della famiglia della donna e del bambino.
I legali dovrebbero presentare una memoria presso la Procura della Repubblica di Patti sulla quale vige il massimo riserbo. La pista dell’omicidio-suicidio sarebbe già stata archiviata.
Chiariti anche gli aspetti dell’incidente tra l’auto sulla quale viaggiavano Viviana Parisi e Gioele: il bambino non avrebbe subito alcun trauma, come del resto confermato dai testimoni che, lo scorso 3 Agosto, hanno visto scendere dall’auto la donna con il figlio subito dopo l’impatto dell’auto della donna con il furgoncino, avvenuto nella galleria Pizzo Turda.
“Anche nei casolari delle campagne di Caronia – leggiamo sul Giornale di Sicilia – non sono state trovate impronte o tracce biologiche che potessero attestare la presenza di Viviana o Gioele in questi luoghi. Gli esami si sono svolti dopo un’istanza presentata dai legali della famiglia Mondello che ritengono plausibile l’ipotesi che Giole sia morto aggredito da alcuni cani feroci presenti nel territorio e che Viviana sia stata uccisa perché aggredita da alcune persone poiché aveva visto come è morto il figlio“.
Rileggiamo, per grandi linee, quello che ha scritto il professore Silvano Riggio lo scorso 26 Agosto:
“La tragica sorte di Viviana Parisi e del piccolo Gioele sotto il traliccio di Caronia ha un elemento di horror che va oltre la tragedia in sé e risveglia i timori ancestrali legati alla ‘selva oscura’ dantesca che la scomparsa dell’ambiente naturale con tutto ciò che è selvatico aveva in parte sopito. Il riferimento è allo scempio dei corpi compiuto dagli animali selvatici solitari e in branco che popolano le aree suburbane e sembrano aver riportato in vita l’incubo delle belve feroci relegato ai racconti popolari di orchi e di mostri. Certamente se ne sarebbe parlato di più se il Coronavirus non avesse monopolizzato l’interesse generale. Le cronache hanno fatto ampi accenni agli attacchi portati da cani e cinghiali ai due sventurati protagonisti della cronaca e sollevano il dubbio atroce se entrambi siano stati massacrati da animali inferociti o se, semplicemente, gli animali abbiano fatto banchetto dei loro corpi”.
“Qualunque sia la verità, questa notizia rende insicura la vita in campagna vista come alternativa salvifica alla città caotica e nevrotizzante. Il cittadino sedentario, ma anche il cittadino normale sembra risvegliarsi da un brutto sogno e chiedersi se anche le gite fuori porta e le escursioni in montagna non siano un pericolo come il Coronavirus. Le aggressioni degli orsi in Trentino rafforzano questi timori”.
Riggio sostiene che, in certe particolari condizioni, va riveduto lo schema cane-amico dell’uomo. “Chi sta in città non lo sa, ma chi va in campagna, per lavoro o per diletto – scrive l’ecologo – sa per esperienza personale quanto sia pericoloso l’incontro coi cani, soprattutto se di grossa mole e se sono in branco”.
Il docente di Ecologia sostiene che, se i cani vengono abbandonati – e purtroppo questo succede, soprattutto in Estate – questi animali, una volta riuniti in branco, i cani costretti a procacciarsi il cibo per vivere, possono tornare alle origini:
“Nel fondo del suo patrimonio genetico, il cane porta ancora ben radicati i geni della specie dalla quale proviene, e questi possono affiorare riportando l’amico fedele alla sua natura di belva. Questo ritorno alle origini è variamente presente nelle razze canine ma è più sviluppato nei cani da guardia e nei cani da pastore. Il cane quindi non ha nulla di naturale e spontaneo ma è costruito dall’uomo, è un soggetto geneticamente modificato in relazione del ruolo scelto da chi lo alleva e lo condiziona”.
“Il cane – scrive il professore Riggio – è stato selezionato in razze specializzate per la guardia, per la guida del gregge, la caccia, la compagnia, l’assistenza, il lavoro ed altro, e si può considerare un avatar, una sottospecie di uomo che si identifica con il padrone del quale assume il linguaggio e l’atteggiamento, ma in realtà resta sempre un lupo, e ritorna ad essere lupo quando non ha più un padrone”.
“Con il lupo il cane condivide il gregarismo – scrive il docente – la tendenza cioè a vivere in gruppo, e ad organizzarsi in gerarchie con un capo dominante, con dei comprimari e dei sottomessi. Come nella società umana. Essendo un predatore carnivoro, il cane è per natura aggressivo, ma la sua aggressività è modulata dall’autorità del capo, che di norma è il suo padrone e che ne influenza il comportamento: se il padrone è persona civile ed equilibrata il cane in genere è accettabile. Le cose cambiano però se il cane viene lasciato a sé stesso come accade normalmente negli abbandoni che sono la piaga del periodo estivo. Gli individui che sopravvivono agli stenti si cercano, si ritrovano, lottano a volte ferocemente e si organizzano in branchi. Con la guida di un dominante, che è l’esemplare più forte e volitivo, il branco scorrazza alla ricerca di prede e alla conquista di territori esattamente come fanno i lupi“.
“Il branco di cani ritorna quindi ad essere un branco di lupi, con l’aggravante rispetto a questi ultimi della familiarità che il cane ha con l’uomo. Mentre il lupo teme l’uomo e lo sfugge, il cane lo conosce bene, ne sa le debolezze e non esita ad attaccarlo. Ne fanno le spese i viandanti solitari e in particolari quelli che mostrano segni di paura e sono disarmati”.
A conclusione del suo articolo del 26 Agosto, il professore Riggio lasciava la porta aperta ad un’altra possibilità: e cioè che non si sia trattato di un branco, ma magari di cani feroci presenti nella zona. E, in effetti, questa possibilità rientra nello schema ipotizzato nell’articolo del Giornale di Sicilia: il piccolo Giole potrebbe essere stato aggredito da alcuni cani feroci presenti nel territorio, mentre Viviana Parisi potrebbe essere stata uccisa perché “aveva visto come è morto il figlio”.
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