Per capire lo schifo da nausea dell’Italia nata nel 1860 all’insegna di quel grande equivoco che fu il Risorgimento basta leggere il romanzo ‘I Viceré’ di Federico De Roberto. Lo scrittore napoletano che scelse di essere siciliano descrive in modo magistrale l’inganno perpetrato dai piemontesi con la connivenza dei siciliani che svendevano la propria terra ai nemici in cambio di benefici personali. Da allora ad oggi cos’è cambiato?
“A dargli retta, i beni tolti alla Chiesa dovevano permettere di alleggerir le tasse, e far divenire tutti proprietarii. Invece, le gravezze pubbliche crescevano sempre più, e chi aveva ottenuto quei beni? Il duca d’Oragua, le gente più ricca, i capitalisti, tutti coloro che erano dalla parte del mestolo!…
L’opposizione al deputato si confondeva così, a poco a poco, nel generale malcontento, nel disinganno succeduto alle speranze riposte nella mutazione politica. Prima, se le cose andavano male, se il commercio languiva, se i quattrini scarseggiavano, la colpa era tutta di Ferdinando II: bisognava mandar via i Borboni, far l’Italia una, perché di botto tutti nuotassero nell’oro. Adesso, dopo dieci anni di libertà, la gente non sapeva più come tirare avanti. Avevano promesso il regno della giustizia e della moralità; e le parzialità, le birbonate, le ladrerie continuavano come prima: i potenti e i prepotenti d’un tempo erano tuttavia al loro posto! Chi batteva la solfa, sotto l’antico governo? Gli Uzeda, i ricchi e i nobili loro pari, con tutte le relative clientele: quelli stessi che la battevano adesso!”.
Tratto da I Viceré di Federico De Roberto
Foto tratta da Latina Città Aperta