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Coronavirus e apertura delle scuole: non sarebbe il caso di ripensarci?/ SERALE

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Ammettiamolo: con la riapertura delle scuole non sta andando bene. Se, come scrive in una nota il sindacato ANIEF “la situazione dei casi di positività a scuola è destinata a peggiorare”, e visto che la scuola coinvolge i due terzi della popolazione, perché non pensare alla didattica a distanza, riaprendo se le condizioni lo consentiranno? Il problema dei docenti su con gli anni

Coronavirus in Italia: in queste ore assistiamo al crescere dei contagi, della paura e della confusione. Il baricentro di questo caos è il Governo nazionale che sta gestendo in modo approssimativo un po’ tutta la pandemia, a cominciare dalle scuole.

Le scuole, nella gestione di una pandemia, diventano l’elemento centrale, perché tra studenti, genitori, nonni e docenti in questo settore della vita di un paese vengono coinvolti i due terzi della popolazione.

Lo scriviamo da settimane e lo ribadiamo oggi: in presenza di pandemie il turismo non va bene, le vacanze in altre Regioni e in Paesi esteri non vanno bene, i crocieristi che sbarcano e vanno a zonzo per le città non vanno bene, i migranti che sbarcano non vanno bene.

In Italia, da Giugno, anche se con limitazioni, hanno riaperto le attività turistiche, libertà di andare in vacanza in altre Regioni e all’estero per tutti, via libera ai crocieristi e via libera agli sbarchi di migranti.

E’ inutile che i ‘buonisti’ dicono che i migranti non creano problemi, perché i migranti positivi al virus non sono mancati, le fughe di migranti in quarantena non sono mancate e non sono mancati anche – con riferimento alla Sicilia – gli sbarchi ‘fantasma: migranti arrivati direttamente nelle coste della Sicilia che hanno fatto perdere le proprie tracce.

Se a questo caos aggiungiamo che, con l’abbassamento delle temperature, di solito, i virus diventano più aggressivi, gli effetti sono quasi matematici. Anzi in Italia, almeno fino ad ora, non abbiamo l’aumento dei casi di Regno Unito e Francia.

Lo scenario che abbiamo descritto è sotto gli occhi di tutti da Giugno. E’ chiaro che se, in questo scenario aggiungiamo l’apertura delle scuole l’effetto moltiplicatore dei contagi è dietro l’angolo (anche in considerazione del fatto che in molte scuole italiane il superamento delle cosiddette classi-pollaio è rimasto sulla carta per mancanza di aule).

Scrive in un comunicato il sindacato della scuola ANIEF, riprendendo un’intervista del suo presidente, Marcello Pacifico, Radiocittà Fujiko:

“La situazione dei casi di positività a scuola è destinata a peggiorare: quando arriveranno i test rapidi si scopriranno tanti casi di asintomatici”.

Pacifico si è soffermato sulle 117 le scuole chiuse per il Covid-19, con almeno un caso in 825 istituti a nemmeno tre settimana dalla riapertura dopo il lockdown, a causa di focolai di Covid-19.

“La situazione appare complicata – si legge nel comunicato di ANIEF – perché in circa il 10% a degli istituti sul territorio italiano è presente almeno un cluster di Coronavirus.

Secondo il Comitato tecnico scientifico il problema di questa nuova ondata riguarda principalmente i contagi all’interno dei gruppi famigliari, dove un componente trasmette il virus agli altri data la vita a stretto contatto tra le mura domestiche.

Secondo Pacifico, “molti di questi contagi domestici potrebbero provenire dai giovani dal momento che, ancora oggi e già l’estate scorsa, molti ragazzi e ragazze non rispettano le prescrizioni sul distanziamento fisico e l’utilizzo della mascherina durante il loro tempo libero, finendo poi per contagiare i famigliari e i compagni di classe”.

Inutile dire che sarebbe stato più saggio non riaprire le scuole e organizzare bene la didattica a distanza. Non è vero che la mancata riapertura delle scuole si sarebbe configurata come una vergognosa fuga. Vale, in questo caso, un vecchio adagio siciliano:

‘A fuitina è briogna, ma è sarbamentu ‘i vita.

Traduzione per i non siciliani: la fuga sarà magari vergognosa, ma se serve al salvare le vite umane va benissimo!

Già, le vite umane. Osserva ancora Pacifico:

“A differenza di molti settori del pubblico impieg,o nella scuola lo smart working è vietato. Un milione e trecentomila lavoratrici e lavoratori ogni giorno si recano sul luogo di lavoro cercando di fare il possibile e scongiurare il ritorno alla didattica a distanza. Ma di questi, il 40% ha più di sessant’anni e ciò li esporrebbe a maggiori rischi in quanto lavoratori potenzialmente fragili. In aggiunta e data la situazione complicata di fare scuola ai tempi della pandemia, il personale scolastico è esposto al rischio di burnout: una condizione di malessere, quella dello stress da cattedra, che tocca l’apice dopo i 61-62 anni, che dovrebbe corrispondere al pensionamento anticipato per i lavoratori della scuola ovviamente senza decurtazioni”.

Ok, le scuole sono state riaperte. ma non sta andando bene. Invece di rischiare, considerato che siamo ancora ad Ottobre, e c’è ancora tanto tempo a disposizione, perché non organizzare bene la didattica a distanza, mettendo nel conto la possibilità di riaprire se le condizioni sanitarie lo consentiranno?

Come si usa dire in Sicilia – oggi abbondiamo con i proverbi siciliani:

Megghiu diri chi saccio chi chi diri chi sapia…  

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