Sembrano storia incredibili. Pagine dell’orrore venute fuori dalla fantasia malata di un detrattore di casa Savoia. Invece è un fatto accaduto a un sarto palermitano, al quale gli aguzzini al soldo dei piemontesi volevano estorcere una confessione: da qui le torture indicibili. Solo alla fine si accorsero che l’uomo era sordomuto…
Altra inimmaginabile sevizia fu quella perpetrata a danno del palermitano Antonio Cappello, di mestiere sarto, chiuso a viva forza dai carabinieri in ospedale e torturato per parecchi giorni con ferri roventi – 154 bruciature! – perché i suoi aguzzini volevano sapere i nomi di certi simpatizzanti borbonici e, solo quando il disgraziato fu in fin di vita, i suoi carnefici si accorsero che non poteva rispondere all’interrogatorio perché era sordomuto.
Vito D’Ondes Reggio ne parla alla Camera nella stessa seduta del 7 dicembre 1863 ed annota un particolare:
“La madre potrà finalmente vedere suo figlio, inzuppare un fazzoletto nel sangue di lui, dargli un pane perché lo avevano affamato…”.
E conclude:
“Io non ho fiducia negli agenti del governo: sono tre anni che si commettono atrocità innumerevoli, e non fu mai punito un funzionario reo, nemmeno quello che fu convinto d’aver fucilato cinque innocenti!”.
Furono anche registrati i nomi dei torturatori: Antonio Restelli di Milano, Alessandro Maffei di Lucca e Alessandro Rinieri di Bologna. La foto del corpo martoriato di questo giovane fece inorridire l’Europa.
Michele Antonio Crociata Sicilia nella storia – Tomo II, Dario Flaccovio Editore, pag. 112.
Foto tratta da Social Up