Quello che succede a Giarre, Comune della provincia di Catania di poco meno di 28 mila abitanti, è il paradigma della Sicilia: Regione abbandonata dallo Stato, anzi, taglieggiata dallo Stato: il risultato è una disoccupazione con numeri spaventosi e la ressa per i pochi posti di lavoro disponibili. Le proposte per votare pagina
di Alessio Lattuca
Ciò che succede oggi in Sicilia e, segnatamente, a Giarre (una cittadina di poco meno di 28 mila abitanti) dove MC Donald’s ha in apertura un nuovo punto vendita, è esemplare del dramma che vive il Mezzogiorno e, in particolare, la Sicilia. Accade un fenomeno allarmante che denuncia la triste condizione in cui versa la nostra Isola: per 35 posti di lavoro da selezionare per la vendita di panini, hanno presentato la candidatura 35 mila aspiranti.
È evidente che non esistono tutte le risposte ma occorre avere uno scopo: dare ai giovani gli strumenti giusti ed è probabile che loro sorprenderanno.
Il Covid è, anche, un’occasione perché ha aperto uno squarcio sulla disparità sociale, sulla povertà, sulla scuola trascurata o, peggio, abbandonata da troppi anni e sulla emarginazione di migliaia di giovani.
E quando si accendono i riflettori su fatti di cronaca prevedibili ma non valutati adeguatamente, emerge la dolorosa considerazione che certi fatti non accadono per caso. Ma sono gli effetti della disattenzione e dell’indifferenza di chi ha responsabilità politica che lascia i ragazzi nella disponibilità “dell’altra scuola”.
I ragazzi che compongono la triste statistica che registra un aumento esponenziale della disoccupazione giovanile e femminile andrebbero valorizzati, qualificati, riqualificati per evitare che in un tempo nel quale si è fermata la mobilità sociale un enorme capitale umano trascurato e privato di mezzi resti definitamente indietro.
Il grande rischio è che vada a implementare la parte peggiore della società, perché sono ragazzi fragili che hanno modelli negativi e subiscono il richiamo di quegli altri che si auto-rappresentano come vincenti e che hanno buon gioco nel reclutarli.
L’aspetto della violenza – a parte le ricorrenti, ipocrite, insopportabili geremiadi – viene trascurato o non evidenziato con la giusta attenzione.
Non sembra che vi sia un diffuso sgomento per i tanti, gravi casi che progressivamente si registrano.
La pandemia che, purtroppo, ha alimentato a dispersione scolastica portandola già dal 14 al 19 % ha contestualmente reso noto che nel Paese esistono un milione di nuovi poveri: bambini e ragazzi; ed ha evidenziato le disparità esistenti, le ingiustizie e il degrado delle periferie delle città.
Potrebbe, tuttavia, risultare un’opportunità, per orientare le risorse esistenti (fondi strutturali) e quelle che l’UE ha destinato a Next generation (Recovery found) per fare investimenti (e non spesa), per rilanciare l’economia del Mezzogiorno d’Italia, indispensabile per superare il dualismo Nord-Sud e gli squilibri economici che ne derivano. E per porre al centro dell’agenda politica un tema sbiadito, non perché i problemi siano risolti (anzi le diseguaglianze, lo sfruttamento e la rassegnazione sono ancora drammaticamente reali), bensì a causa della povertà dell’attuale politica, in cui la fabbrica del consenso, ossia dei voti da accaparrare di elezione in elezione, è diventato l’unico aspetto davvero centrale.
Occorre, pertanto, un surplus di impegno e individuare tutte le soluzioni per attrarre investimenti: sospensione delle imposte; totale fiscalizzazione degli oneri sociali per i nuovi assunti; reinvestimento degli utili d’impresa; semplificazione delle procedure; creazione di hub distaccati; investimenti sulle università e sulle reti fisiche e immateriali; programmi tracciabili di infrastrutturazione. E cosa, davvero, importante seguire le linee guida per l’accesso al Piano per la Ripresa e la Resilienza, perché l’Italia possa avere la credibilità per ottenere l’approvazione e il finanziamento con il programma Next Generation Eu.
Perché è risaputo che i progetti devono basarsi sulla transizione energetica, sulla lotta alle disuguaglianze, sulla formazione continua. Eppure nello scarso dibattito sui numerosi progetti in itinere (lista della spesa?) non sembra che vi sia alcun cenno alla Resilienza, un tema molto presente nei documenti europei. Non è stato compreso che occorre investire non solo nella ripresa, ma anche nella formazione di quella capacità che crea individui attrezzati e in grado di autogestirsi.
D’altro canto, l’Italia non ha mai neppure tentato di elaborare un piano per la formazione continua. Eppure si tratta di leve significative che, saldate alle soluzioni sopra indicate, diventano strumenti indispensabili per creare un terreno favorevole nel quale le imprese possano germogliare ed essere in grado di assicurare ai giovani l’occupazione (accompagnata da vere politiche attive del lavoro, formazione obbligatoria e mirata per garantire qualifiche innovative) alla quale hanno diritto.
Foto tratta da NewSicilia.it
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