In questo articolo riprendiamo una testimonianza molto importante. E’ la storia di un pronunciamento della Commissione Tributaria di Palermo che ha riportato in auge l’Alta Corte per la Sicilia. La Corte Costituzionale non si era opposta. Ma la politica siciliana era troppo distratta…
Oggi dedichiamo il nostro MATTINALE a un grande dirigente socialista della Sicilia: Stefano Massimino. Lo facciamo non soltanto per sottolineare l’importanza della cultura socialista nella nostra Isola – che oggi purtroppo non è molto presente – ma anche per ricordare l’impegno non di tutti i socialisti siciliani, ma di alcuni socialisti in favore dell’Autonomia siciliana.
La sinistra siciliana, rispetto ai temi dell’Autonomia della nostra Isola, ha avuto due volti. Il volto ipocrita della tradizione comunista, che al massimo ha strumentalizzato l’Autonomia, se è vero che non ha mai creduto nella stessa Autonomia siciliana; e il volto problematico della tradizione Socialista della nostra Isola, che all’Autonomia siciliana ha creduto fino a un certo punto.
Il socialista marxista Mario Mineo, che aveva fatto parte della Consulta regionale che elaborò lo Statuto autonomistico siciliano, nutriva alcuni dubbi non tanto sullo Statuto, quanto sul contesto che nei primi anni ’50 del secolo passato si andava delineando in Italia, con riferimento al divario economico e sociale tra Nord e Sud.
I fatti gli hanno dato ragione, se è vero che la grande migrazione di manodopera – e quindi di ceti popolari – dalla Sicilia verso il ‘Triangolo industriale’ del Nord Italia (Milano, Torino, Genova) di fine anni ’40, anni ’50 e anni ’60 del secolo passato ha finito con il lasciare la gestione dell’Autonomia siciliana nelle mani di una borghesia siciliana parassitaria che non ha esitato a barattare la stessa Autonomia in cambio di benefici personali.
L’AUTONOMIA SICILIANA E IL PCI – Insomma, la sinistra socialista siciliana non ha avuto la forza per difendere l’Autonomia siciliana. Mentre la sinistra siciliana comunista ha cavalcato l’onda, nel senso che ha seguito gli ordini del Partito, che assecondava la grande migrazione di manodopera dal Sud e dalla Sicilia verso il Nord, trattandosi di personale che veniva ‘sindacalizzato’ dalla CGIL, andando a rafforzare l’elettorato dello stesso Pci.
Un buon motivo, insomma, per affossare l’Autonomia siciliana.
Non tutta la politica siciliana si è adeguata a questa scelta ‘ascaristica’. Nella Dc Giuseppe Alessi ha provato in tutti i modi a difendere l’Autonomia. E ci hanno provato alcuni socialisti. Uno dei questi è, per l’appunto, Stefano Massimino, che nella vita faceva l’avvocato, e che al Psi – e in particolare al Psi siciliano – ha dedicato tanta parte della sua vita con passione e dedizione.
Riprendiamo un articolo che Stefano Massimino ha scritto per il quotidiano socialista Avanti on line. E’ un articolo molto importante, perché descrive come questo valente dirigente socialista ha provato a rilanciare l’Alta Corte per la Sicilia, bloccata ma mai abrogata dalla Corte Costituzionale nel 1957.
LA BATTAGLIA PER L’ALTA CORTE DI STEFANO MASSIMINO – “Lo Stato Italiano – scrive l’avvocato Stefano Massimino – ha concesso alla Sicilia uno Statuto Speciale che gli consentiva di affrontare i problemi essenziali per la vita della Regione, ma, giorno dopo giorno, ha vanificato i principi essenziali stabiliti nello Statuto stesso, in particolare in riferimento agli artt. 15, 37, 38, 40, e agli articoli che riguardano l’Alta Corte per la Sicilia. L’art. 37 prevede, ad esempio, che le imprese aventi la sede centrale fuori dall’Isola, ma che in Sicilia hanno succursali, devono pagare alla Regione siciliana le imposte relative a queste ultime. Tutto ciò non è avvenuto dal 1946 ad oggi e, quindi, con l’applicazione dell’art. 37 dello Statuto la Regione stessa sarebbe creditrice di svariati miliardi nei confronti del governo centrale”.
A questo punto comincia la storia del mancato rilancio dell’Alta Corte per la Sicilia:
“Ed ancora – scrive Massimino – l’Alta Corte per la Regione siciliana, in cui tra i giudici figure di rilievo furono Luigi Sturzo, Andrea Finocchiaro Aprile, Aldo Sandulli, Tomaso Perassi, Gaspare Ambrosini, Giovanni Selvaggi, Augusto Ortona. Fu costituita con l’approvazione dello Statuto Speciale e funzionò, senza soluzione di continuità, dal 1948 al 1955 pronunciando 83 decisioni. Alla fine di tale anno, fu costituita la Corte Costituzionale e i suoi membri prestarono giuramento il 15 dicembre 1955 e si riunirono per la prima volta il 23 gennaio 1956. Di essi, tre facevano parte dell’Alta Corte per la Regione siciliana, uno con le funzioni di presidente, i quali rassegnarono le dimissioni dall’Alta Corte e dopo non sono stati più sostituiti. Di conseguenza l’organo non è stato più convocato”.
“SEPOLTA VIVA” – Come già accennato, l’Alta Corte per la Sicilia non è stata mai abrogata: come ricordava il già citato ex presidente della Regione siciliana, Giuseppe Alessi, “è stata sepolta viva”.
“La Commissione Tributaria Regionale di Palermo, Sezione X, presieduta da chi scrive, in data 03/02/2000 – ricorda l’avvocato Massimino – ha emesso un’ordinanza con la quale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337) davanti l’Alta Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 161 del 22/05/2001, alla quale s’è rivolto il Presidente della Commissione Tributaria Regionale di Palermo, Dott. Guido Marletta, che ha rimesso la questione per il mancato funzionamento dell’Alta Corte, se prima aveva dichiarato il superamento dell’Alta Corte Costituzionale della Regione Sicilia ed il potere sostitutivo della stessa Corte Costituzionale, in questa occasione ha dichiarato l’irricevibilità dell’ordinanza, sancendo di fatto il riconoscimento stesso dell’Alta Corte Costituzionale della Regione Sicilia, da ritenersi, pertanto, ancora in vita, sebbene non in funzione”.
“Le due ordinanze (quella della Commissione Tributaria Regionale di Palermo, sezione X, e quella della Corte Costituzionale) – scrive l’avvocato Massimino – sono state trasmesse ai Presidenti della Camera dei Deputati, del Senato, dell’Assemblea della Regione Siciliana ed al Presidente della Regione Siciliana, ma nessuno ha capito che con l’ordinanza della Corte Costituzionale era venuto il momento di riprendere il discorso per la ricomposizione dell’Alta Corte per la Regione siciliana”.
I FINTI TONTI DELLA POLITICA SICILIANA – In Sicilia non l’hanno capito o non l’hanno voluto capire? “Se è vero, come è vero – scrive sempre Massimino – che la violazione dell’art. 37 ha sottratto alla Sicilia ingenti somme di denaro, è anche vero che l’art. 40 dello Statuto, mai applicato, ha impedito lo sviluppo economico della Regione. Così pure, il mancato rinnovo dei componenti dell’Alta Corte Costituzionale ha impedito il funzionamento della stessa e la mancata applicazione dell’art. 15 dello Statuto ha impedito lo sviluppo degli Enti Locali, che con l’abrogazione delle Provincie e l’istituzione dei liberi consorzi avrebbero, mediante l’individuazione di zone omogenee, determinato un migliore sviluppo per le zone produttive”.
“La Corte Costituzionale, con sentenza del 9 marzo 1957, n. 38 – scrive sempre l’avvocato Massimino – in seguito al ricorso del Presidente del Consiglio, Antonio Segni, ha ritenuto di considerare soppressa l’Alta Corte per violazione dell’art. 134 della Costituzione, che prevede un unico organo della giurisdizione costituzionale, senza accorgersi, però, che, come riportato in Ordinanza N. 604, emessa dalla X Sezione della Commissione Tributaria di Palermo il 3 febbraio 2000, relatore ed estensore il sottoscritto, “… il predetto art. 134 si riferisce alle Regioni a Statuto ordinario e non a quelle a Statuto speciale, e tanto meno alla Sicilia, il cui Statuto può ben essere definito ‘Specialissimo’”.
“Con la sentenza n. 6 del 1970 – scrive ancora il grande dirigente socialista della Sicilia – la Corte Costituzionale ha affrontato la questione della competenza penale dell’Alta Corte, prevista dall’art. 26 dello Statuto, sostenendo che la citata norma, nonché tutte le altre relative all’istituzione dell’Alta Corte, ‘contrastano con la Costituzione, nel loro insieme, perché in uno Stato unitario, anche se articolato in un largo pluralismo di autonomie (art. 5 Cost.), il principio dell’unità della giurisdizione costituzionale non può tollerare deroghe di sorta’”.
“La Corte Costituzionale, così esprimendosi – scrive Massimino – colloca la Sicilia fra le Regioni a Statuto ordinario, superando l’art. 116 della Costituzione stessa che così regola la materia: ‘Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli Venezia Giulia e alla Valle d’Aosta, sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo Statuti Speciali adottati con leggi costituzionali’”.
“Dall’esame di quest’ultima norma costituzionale – scrive Massimino – è facile dedurre che la stessa Costituzione, nel dettare le regole generali della convivenza nazionale, abbia esplicitamente previsto delle eccezioni, più o meno marcate, per la Sicilia e per le altre quattro Regioni”.
Questo articolo ci ricorda non soltanto la passione politica di un grande dirigente socialista della Sicilia, ma anche il suo interesse per l’Autonomia siciliana. E ci ricorda che il Psi – anche dopo l’eliminazione per via giudiziaria – voluta da soggetti non italiani e avallata dagli eredi del Pci che pensavano di impossessarsi dell’Italia – ha avuto anche personaggi di grande dignità e non soltanto personaggi che si sono sistemati nel centrosinistra e nel centrodestra pur di mantenere le poltrone.
Ed è quasi naturale che la figlia dell’avvocato Massimino – Angioletta Massimino – proprio di recente, abbia denunciato il papocchio che i socialisti hanno combinato alle elezioni comunali di Marsala.
QUI L’ARTICOLO DI STEFANO MASSIMINO PUBBLICATO DA AVANTI
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