La testimonianza di Gianvito Profera, agricoltore, produttore di olive da mensa nella Valle del Belìce. Azienda agricole a Partanna. Tra i protagonisti dell’Associazione Terra è Vita. Il racconto di chi vive le difficoltà di un settore massacrato dalla globalizzazione dell’economia e dalle multinazionali. Il problema della manodopera tra Reddito di cittadinanza e Coronavirus. L’inutilità della politica siciliana lontana anni luce dalla realtà agricola
“Volete notizie sull’annata olivicola in Sicilia? La produzione va bene, tutto il resto è un disastro. Come diciamo noi, sarà un’annata di ‘carica’. Grande quantità di olive. E buona qualità. Noi, qui, nella Valle del Belìce – Partanna, Castelvetrano, Campobello di Mazara – siamo noti per le olive da mensa. Qui coltiviamo la Nocellara del Belìce. Siamo a fine Agosto e cominciamo a chiederci: chi è che quest’anno raccoglierà le nostre olive?”.
“Oggi la manodopera è un problema. Sotto tutti i punti di vista. Quest’anno si sommano due condizioni: il Reddito di cittadinanza, che scoraggia i giovani a lavorare in agricoltura; e l’emergenza Coronavirus, che riduce la manodopera extracomunitaria. Risultato: la manodopera non si trova”.
“Voi mi direte: anche a trovarla, la manodopera, le aziende agricole siciliane sono in grado di pagare 80-100 euro al giorno un operaio agricolo? Rispondo subito: no! E’ penoso, per noi, non poter pagare gli operai agricoli secondo quanto previsto dalle Leggi. Ma nel sistema che si è creato ci sono elementi che stanno distruggendo l’agricoltura. Cosa? Semplice: globalizzazione dell’economia e multinazionali. Sono questi i due elementi che stanno uccidendo le nostre aziende agricole”.
“Poi non è che è semplice trovare la manodopera. Ci vogliono le visite mediche e il vestiario: e ce ne dobbiamo occupare noi. Per poter pagare gli operai agricoli secondo quanto prevede la Legge dovremmo vendere bene i nostri prodotti. Ma non è così. I nostri prodotti agricoli, freschi e trasformati, tranne qualche eccezione, si vendono a prezzi sempre più bassi. Siamo invasi da prodotti agricoli, freschi e trasformati, che arrivano da altre parti del mondo a prezzi stracciati. Così, noi agricoltori, ormai da tempo, nella stragrande maggioranza dei casi, non rientriamo più nei costi. Come si fa, in queste condizioni, a pagare gli operai agricoli secondo quanto previsto dalle leggi?”.
“Vogliamo parlare dei trattori? Guido i trattori da quando ero bambino. Ma ho dovuto seguire il corso per conduttori di trattori. Io, dopo decenni che guido trattori debbo seguire il corso, sennò mi multano. Così ha stabilito l’Unione europea. E’ un obbligo: dobbiamo seguire questi corsi e, per seguirli, dobbiamo pagare, non ricordo più se 200 o 300 euro. Che per noi sono costi, visto che abbiamo già problemi. La verità è che con l’agricoltura ci debbono campare in tanti”.
“Volete sapere come abbiamo fatto a sopravvivere? Cito l’esempio che conosco bene: gli uliveti della Valle del Belìce. Qui sono quasi tutte piccole aziende a conduzione familiare. Ci aiutiamo tra di noi agricoltori. E cerchiamo di economizzare i costi all’interno della nostra famiglia. Magari in casa c’è qualche pensionato. Così tiriamo avanti. A fatica, ma tiriamo avanti. Ma quanto potrà durare ancora non lo so”.
“Ogni anno diventa sempre più difficile andare avanti. Anche perché nessuno rischia più con il lavoro nero. Qui arrivano con gli elicotteri a controllare se c’è il caporalato. Qui non hanno capito che ormai è una guerra tra poveri. Altro che caporalato!”.
“Capita, certe volte, per le olive da mensa, di non arrivare a raccoglierle tutte. Le olive da mensa vanno raccolte verdi, quando sono ricche di polifenoli. Abbiamo a disposizione un periodo molto limitato. Se riusciamo a raccoglierle, bene. Sennò, pazienza. Rimangono sugli alberi. Meglio che rischiare con il lavoro nero. Ormai dove arriviamo mettiamo punto”.
“In Spagna, nell’olivicoltura, sono avvantaggiati rispetto a noi. Lì hanno ridotto drasticamente il ricorso alla manodopera. Le potature degli alberi le fanno con le cimatrici. E le olive le raccolgono con le vendemmiatrici. Noi, invece, abbiamo bisogno di manodopera. E questo ci penalizza”.
“Abbiamo detto non rientriamo più con le spese. Ecco la dimostrazione: le olive da mensa, dopo un anno di lavoro, le vendiamo a un prezzo che oscilla tra un euro e 20 e un euro e 50 al chilogrammo. Avete presente cosa sta dietro la produzione di un chilogrammo di olive in Sicilia? C’è il lavoro di un anno. Lavoro pesante. Lavoro manuale. Come ho detto, alla fine riusciamo a far quadrare i conti perché c’è una conduzione familiare. Anche per la produzione di olio d’oliva non pensate che sia diverso: le olive da olio si vendono a 80-90 centesimi al chilogrammo”.
“Ci dicono che dobbiamo ridurre i fitofarmaci. Noi siamo totalmente d’accordo. C’è una misura del Psr, credo la 10.1. Dovrebbero essere da 400 a 500 euro all’anno per cinque anni. Per noi sarebbe importante. Abbiamo aderito. Ma ora non si capisce quando prenderemo questi soldi. Che per noi sarebbero importanti. Si naviga a vista”.
“Cosa penso dei giovani? Penso che negli anni ’70 del secolo passato, e anche negli anni ’80, tanti giovani studenti siciliani a Settembre lavoravano nella vendemmia. E a Novembre raccoglievano le olive. Oggi ne vedo tanti nella piazza del mio paese che smanettano con i telefonini. Ora gli hanno pure dato il Reddito di cittadinanza”.
“I politici siciliani? Abbiamo perso a speranza. Ne ho incontrati tanti. Anche l’attuale assessore regionale, Bandiera. Quando noi di Terra è Vita gli raccontiamo dei nostri problemi ci dicono: ‘Avete ragione’. E poi non fanno niente. tempo perso”.
“Stanno facendo tutto per far fallire le aziende agricole siciliane? Io ne sono convinto. E dico di più: vogliono i miei terreni? Che me lo dicano: glieli cedo subito. Mi diano anche 500 euro al mese e gli cedo tutto. Così la smetto di alzarmi ogni mattina alle cinque e di lavorare fino a quando c’è la luce del giorno. Ma ce lo dicano con chiarezza. Almeno questo”.
Foto tratta da CTS Notizie