In Sicilia – dove alligna una razza ‘italica’ sempre pronta a denigrare chi vuole fare luce su quel grande equivoco che fu il Risorgimento nel Sud – non è facile scrivere di cose che persino la storia ufficiale, piano piano, comincia ad accettare. Questa storia di negare la verità sulla ‘presunta’ unificazione italiana è cominciata con Giovanni Gentile e non si è mai più fermata
Qualche giorno fa Ignazio Coppola ha postato sulla propria pagina Facebook una riflessione sul generale Duo Siciliano, Francesco Landi, noto alle cronache per avere tradito la propria patria. Coppola ha anche ricordato che questo ufficiale è stato il protagonista della battaglia di Calatafimi, ‘vinta’ da Garibaldi solo perché il generale Landi ordinò la ritirata proprio per fare vincere i garibaldini.
“Guardatelo bene, questo è il generale Francesco Landi – scrive Coppola – il traditore che nella battaglia ‘farsa’ di Calatafimi si vendette per 14 mila ducati a Garibaldi ordinando ai suoi 3000 uomini armati di tutto punto ed in una posizione strategica nettamente superiore la ritirata nei confronti di poco meno di 1000 garibaldini sprovveduti e male armati. Nelle sue memorie Cesare Abba lo storiografo dei mille nel libro Da Quarto al Volturno, a proposito della battaglia taroccata di Calatafimi, così ebbe a scrivere:
“E quando pensavamo di avere perso ci accorgemmo di avere vinto”.
Non si poteva spiegare altrimenti. Dopo avere incassato il prezzo del tradimento il generale Landi aveva dato ai suoi uomini, che vanamente protestavano, l’ordine di ritirarsi. Questa in buona sintesi la ‘gloriosa’ battaglia di Calatafimi che, altro che liberazione!, aprì le porte alla conquista, per conto di casa Savoia, da parte di mille avventurieri e straccioni che funsero da battistrada ad una invasione di cui ancora oggi noi siciliani ridotti allo stato di colonia ne paghiamo le amare conseguenze”.
Una riflessione normale, che dovrebbe essere ormai patrimonio di tutti, quella di Coppola. Invece – sembra incredibile! – c’è ancora chi è convinto che Garibaldi sia un eroe, che i mille abbiano conquistato la Sicilia e che a Calatafimi i garibaldini sconfissero le truppe Duo Siciliane!
E dire che la ‘rilettura’ del Risorgimento nel Sud Italia è iniziata, addirittura, negli ultimi anni del ventennio fascista, quando Carlo Alianello – scrittore e saggista che, per primo, in totale solitudine, ha iniziato raccontare, tra letteratura e saggistica, la vera storia della conquista del Sud.
Se Alianello avesse dato alle stampe questo suo primo libro – L’Alfiere – qualche anno prima del 1942, con molta probabilità sarebbe stato arrestato dal regime. Nell’Italia di Mussolini, dove la cultura era nelle mani del filosofo Giovanni Gentile, il mito del Risorgimento italiano non si poteva discutere.
Peraltro, Gentile era siciliano di Castelvetrano. Oltre che essere un grande filosofo, conosceva benissimo la storia e i personaggi della sua terra. Suo il celebre saggio dal titolo Il tramonto della cultura siciliana. Ma sulla storia del Risorgimento Gentile non accettava discussioni: addirittura, per lui, il fascismo era la prosecuzione delle fantastiche lotte per l’unificazione italiana…
Gentile era troppo colto e troppo intelligente per non conoscere la storia. Tanto più che erano già noti gli interventi dei parlamentari del Sud e della Sicilia che, intervenendo in Parlamento, denunciavano i soprusi e gli abusi dei generali piemontesi nel Mezzogiorno. Quella di Gentile era una posizione ideologica.
Alianello, nel 1942, non finì al confino perché il regime fascista, in quell’anno, era già ‘andato’.
L’opera letteraria più famosa di questo scrittore nato a Roma, ma di origini lucane è del 1963: L’eredità della priora. Il suo saggio più noto – La conquista del Sud – è dei primi anni ’70.
Perché ricordiamo Alianello? Perché la sua revisione della storia del Risorgimento nel Sud Italia è importante: molto importante – e questo sembra incredibile! – venne ritenuta dalla Democrazia Cristiana, forza politica che al Sud ha sempre avuto grandi teste pensanti, anche anticonformiste.
In tanti rimasero stupiti quando la RAI – che in quegli anni era controllata dai democristiani – non si oppose alla realizzazione di due sceneggiati televisivi tratti dalle due citate opere di Carlo Alianello: L’Alfiere e L’eredità della priora. Entrambi sono stati diretti dal regista Anton Giulio Majano, che non era proprio l’ultimo arrivato!
Negli anni in cui, nelle scuole italiane, il Risorgimento era il mito dell’Italia che nasceva e Garibaldi “L’eroe dei due mondi”, trasmettere in TV due sceneggiati tratti da opere di Carlo Alianello era una rivoluzione!
Ha avuto effetti? Sì e no.
Sì perché è con Alianello che tanti intellettuali del Sud scoprono che la storia che gli hanno raccontato a scuola e nelle università sul Risorgimento nel Sud era in buona parte falsa.
Ma c’è anche il no. La RAI – che pure ha sempre avuto una grande influenza sugli italiani – pur aprendo al revisionismo non ha fatto molti proseliti. Perché? In parte perché gli italiani, come ripeteva spesso Indro Montanelli, non sono molto interessati alla storia del proprio Paese, e in parte perché nelle università – comprese le università del Sud – ancora oggi non è facile mettere in discussione i ‘miti’ del Risorgimento.
E qui torniamo al post di Ignazio Coppola. Che, alla fine – lo ribadiamo – si limita a ricordare un generale Duo Siciliano traditore: cosa che ormai è acclarata. Così, per la cronaca, di tradimento delle alte cariche borboniche ne scrive Alianello nel citato saggio La conquista del Sud.
Va detto che, dopo Alianello, sono arrivati altri studiosi e intellettuali del Sud Italia che hanno approfondito, non con ricostruzioni fantastiche ma con la forza dei documenti, non soltanto i falsi storici confutandoli, ma anche altri fatti che, vigliaccamente, la storiografia ufficiale ha tenuto nascosti.
Ne citiamo solo due per non ingolfare questo articolo: Nicola Zitara e Pino Aprile. Sono due personaggi molto diversi, ma ad entrambi va riconosciuta la grande capacità di raccontare il Sud con passione.
Aggiungiamo anche la voce di Giuseppe ‘Pippo’ Scianò, del quale I Nuovi Vespri ha pubblicato, a puntate, la sua monumentale “… e nel Maggio del 1860 la Sicilia diventò colonia!” (QUI UNO DELLE PUNTATE). Se vi volete divertire leggete cosa scrive Scianò sulla farsesca battaglia di Calatafimi, con tanto di documentazione storica:
Non possiamo dimenticare, ovviamente, Ignazio Coppola, che collabora con questo blog, grazie al quale abbiamo scritto questa riflessione.
Cos’è che provoca tristezza? Non certo i commenti di chi, per partito preso – spesso senza avere approfondito il tema – si lancia contro di lui. A provocare tristezza mista a perplessità sono certi personaggi, che si atteggiano ad intellettuali – qualcuno, addirittura, autodefinisce storico, che si ostinano a negare perfino l’evidenza.
Non abbiamo citato a caso Nicola Zitara, Pino Aprile e Giuseppe ‘Pippo’ Scianò. Di Zitara – anche se per il suo impegno politico, almeno in una fase non breve della sua vita, era forse un po’ ‘ideologico’ – è oggettivamente difficile negare il rigore della sue ricerche storiche.
Così come non si possono discutere i libri di Pino Aprile, che sono sempre documentatissimi.
Quanto al libro di Scianò, leggendolo e consultando la bibliografia, ci si accorge che l’autore non cita soltanto gli scrittori e saggisti magari interessati a mettere in luce il ruolo del Regno delle Due Sicilie (così come, del resto, i libri di storia italiani, ancora oggi, nella maggior parte dei casi, dipingono il filibustiere Garibaldi come ‘eroe’), ma anche autori ‘risorgimentalisti’ insieme con la descrizione di fatti ignorati perché considerati secondari e che, invece, secondari non lo sono affatto.
E mentre la storia va avanti – e mentre il Sud Italia e la Sicilia, soprattutto da quando il ‘Lombardo-Veneto’ ha scoperto di essere diventato la periferia della Germania, scoprono ogni giorno di più di essere trattate sempre più da colonie d’Italia – a Palermo teniamo ancora aperto il ‘Museo del Risorgimento’, un luogo che ricorda gli orrori e i tradimenti e che invece viene presentato come luogo di cultura…
Ora vi salutiamo. La prossima volta proveremo a raccontare la farsa siculo-inglese della Costituzione del 1812 in Sicilia. E magari come gli inglesi, sempre loro, nel 1860, tenevano quasi ‘prigioniero’ Ruggero Settimo a Malta…
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