Se i locali della movida di Palermo debbono chiudere all’una e trenta che movida è? La movida, per definizione, è la vita notturna. Ma se al Comune di Palermo hanno deciso di mandare tutti a letto all’una e trenta, beh, tanto vale chiamare le cose per nome e cognome: la movida non c’è più. Però a questo punto non bisognerebbe bloccare il pagamento di tasse e imposte?
Movida è una parola spagnola. Negli anni ’80 del secolo passato, in Spagna, indicava il clima culturale e sociale, tornato vivace dopo la caduta del regime del generale Franco. E’ corretto chiamare movida la notte di Palermo? No, perché una città che impone la chiusura dei locali della movida all’una e trenta blocca la notte e, di conseguenza, elimina la movida. Punto.
Certo, il Comune lo fa nel nome della pandemia di Coronavirus: la limitazione degli assembramenti. Ma allora perché non dirlo con chiarezza? Che senso ha, poi, bloccare la vendita di bevande alcoliche da asporto dopo le venti? Siamo entrati nell’éra del proibizionismo ad ore?
Ancora meno comprensibile la prescrizione stando alla quale gli esercizi pubblici – bar, pub, pizzerie, ristoranti – dopo le venti, potranno vendere bevande alcoliche a condizione che vengano consumate all’interno degli stessi locali o negli spazi esterni in concessione.
Quindi se un ragazzo prende una birra e si allontana dallo spazio esterno in concessione al locale che fa lo multano?
Addirittura l’ordinanza del Comune di Palermo, che ha sollevato aspre polemiche, è finita sui tavoli dei giudici del TAR Sicilia (Tribunale Amministrativo Regionale). La movida a giudizio!
Che dire? Che a tutti – supponiamo anche ai titolari dei locali di Palermo che fino ad oggi, con scarso successo, hanno cercato di far ripartire la movida – è stato chiesto, proprio in questi giorni, di pagare l’IMU e la TARI.
Da qui una domanda al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando: ma se i gestori dei locali della movida non possono lavorare di notte – perché fermando tutto all’una e trenta gli si impedisce, di fatto, di lavorare di notte – e quindi registreranno incassi molto bassi, con quali soldi dovrebbero pagare tasse e imposte?
Ce lo chiediamo perché non ci sembra che il Governo nazionale e il Comune di Palermo, durante la chiusura causa Coronavirus, abbiano aiutato i gestori dei locali della movida palermitana. Forse alcuni di loro avranno preso i ‘famigerati’ 600 euro, e poi il nulla.
Perché il capo del Governo italiano e il sindaco di Palermo non provano a mettersi al posto dei titolari dei locali della movida del capoluogo siciliano? Magari riusciranno a comprendere meglio la realtà.
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