Com’era prevedibile, la condizione di monopolio sul grano duro Senatore Cappelli – segnalato e sanzionato anche da un pronunciamento dell’Antitrust – ha spinto molti agricoltori della Sicilia e del Sud Italia a non coltivare più la varietà di grano duro antico Senatore Cappelli. Le responsabilità politiche dei Governi Renzi, Gentiloni, Conte-Salvini-Di Maio e Conte bis. Primi dati sull’annata 2020 del grano duro siciliano. Parlano Ettore Portino, Giuseppe Tatano e Cosimo Gioia
La mietitrebbiatura, in Sicilia, è già iniziata da più di una settimana. E mentre si fanno i primi conti – qualità e quantità di grano, insomma una prima stima dell’annata 2020 per il grano duro siciliano – si scopre che, in tanti, pur di non sottostare al gruppo del Nord Italia che si è impossessato della cultivar Senatore Cappelli, una varietà di grano duro che ha fatto la storia della granicoltura del Sud Italia, ha preferito non coltivare più questa varietà.
Eh sì, complici ben quattro Governi nazionali – il Governo Renzi, il Governo Gentiloni, il Governo tra grillini e leghisti detto anche Giallo-Verde e l’attuale Governo Conte bis che vede insieme il PD come capofila, i grillini i renziani e Libri e Uguali – la varietà di grano duro Senatore Cappelli è stata regalata a una società del Nord Italia (la SIS) che che ne ha fatto sostanzialmente un monopolio!
Attenzione: in agricoltura i ‘brevetti’ sono ormai all’ordine del giorno. Proprio di recente alcuni titolari di aziende agricole sono stati condannati in Tribunale perché hanno seminato un pomodoro ‘brevettato’ senza pagare le ‘royalty’ ai titolari delle sementi ‘brevettate’.
In un modo dominato dal demenziale liberismo economico non c’è da stupirsi se siano finiti sotto brevetto anche gli essere viventi!
Ma non dovrebbe essere il caso della varietà di grano duro Senatore Cappelli, che non è una varietà creata in questi anni da società private, ma una varietà selezionata nei primi del ‘900 in Puglia, da uno dei genetisti agrari più famosi del suo tempo, Nazareno Strampelli.
Solo a quattro Governi italiani ‘coloniali’ e antimeridionali poteva venire in testa di regalare una varietà antica di grano duro tra le più famose del mondo, gloria e vanto del Sud Italia – il citato Senatore Cappelli – a una società del Nord Italia, che ha creato un monopolio.
Noi abbiamo più volte raccontato la storia di questa operazione coloniale ai danni degli agricoltori del Sud Italia. Proprio due anni fa il presidente di Confagricoltra Sicilia, Ettore Pottino, denunciava la creazione di un monopolio sul grano Senatore Cappelli. Oggi lo stesso Pottino ci dice che, da quest’anno, dopo anni, non ha più coltivato il Senatore Cappelli:
“A che serve coltivare il Grano duro Senatore Cappelli se, poi, non lo posso vendere come tale?”.
Eh già, perché il monopolio ‘istituito’ dai Governi nazionali-coloniali italiani non impedisce agli agricoltori di seminare il grano duro Senatore Cappelli: se hai le sementi lo puoi seminare. E’ all’atto della vendita che casca l’asino:
“Che me ne faccio di un grano che non posso vendere? Così ho deciso di cambiare varietà”, ci dice Pottino.
Il presidente di Confagricoltura Sicilia coltiva il grano duro in biologico. Ha sempre coltivato la varietà Senatore Cappelli. Ed era anche conveniente. Anche se la produzione è più bassa rispetto ad altre varietà, il grano Senatore Cappelli si vende a un prezzo notevole.
Se il grano duro siciliano, in generale, si vende a 25-27 euro al quintale se si tratta di convenzionale e 35-40 euro al quintale se coltivato in biologico, il grano duro Senatore Cappelli può spuntare prezzi doppi, sia con riferimento al convenzionale, sia con riferimento al biologico.
Come si può notare, il danno, per gli agricoltori del Sud Italia, della sardegna e della Sicilia è stato notevole.
“Sì, per la nostra azienda il danno economico è stato non indifferente – ci dice sempre Pottino -. Ma è anche una questione di principio. Non mi va proprio l’idea di sottomettermi a un monopolio”.
Ricordiamo che tanti agricoltori del Sud Italia si sono rivolti all’Antitrust. Che ha riscontrato un comportamento, da parte della SIS, non certo esemplare:
“In particolare SIS – ha scritto l’Antitrust in un comunicato ufficiale del Settembre dello scorso anno – che detiene l’esclusiva sulla commercializzazione delle sementi del grano della varietà ‘Cappelli’, in base a un contratto di licenza stipulato nel 2016 con il CREA (leggere Ministero delle Politiche Agricole ndr), ha: (1) subordinato la fornitura delle sementi alla riconsegna da parte dei coltivatori del grano prodotto, imponendo alle controparti un rapporto c.d. di filiera; (2) ritardato o addirittura rifiutato in maniera ingiustificatamente selettiva la fornitura delle sementi ai coltivatori; (3) aumentato in maniera significativa e ingiustificata i prezzi delle sementi. Ciascuna delle tre condotte appena richiamate è stata sanzionata per un importo pari a € 50.000”. (QUI TROVATE UN ARTICOLO CON IL PRONUNCIAMENTO DELL’ANTITRUST SUL ‘CASO’ SENATORE CAPPELLI).
Avete letto bene: il comportamento della SIS che, addirittura, ritarda o rifiuta “in maniera ingiustificatamente selettiva la fornitura delle sementi ai coltivatori” è stato sanzionato con una contravvenzione di 50 mila euro!
Si sono presi un business incredibile pagando una multa di 50 mila euro!
E non poteva che finire così, perché l’Antitrust può solo comminare multe. Dovrebbe essere il Governo nazionale a intervenire. Il Governo di PD, grillini, renziani e Liberi e Uguali. In particolare, dovrebbe essere l’attuale Ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, quella brava e di ‘sinistra’, a restituire al Sud una storica varietà di grano duro del Sud!
Cos’ha fatto fino ad oggi la Ministra Bellanova meridionale pugliese nella vicenda Senatore Cappelli? Nulla! Ovvero quello che ha fatto il suo predecessore, il leghista Gian Marco Centinaio: nulla! Ovvero, quello che hanno fatto i due Governi del PD di Renzi e Gentiloni: nulla!
Come potete notare, PD, Lega, grillini e renziani: tutti uniti per non tutelare gli agricoltori del Sud!
Ciò posto, questione Senatore Cappelli a parte, come andrà quest’anno in Sicilia la coltivazione del grano duro? “Sarà un’annata nella media – ci dice Giuseppe Tatano, titolare di una bella azienda agricola dalle parti di Villalba, in provincia di Caltanissetta -. Abbiamo fatto i conti con un’annata caratterizzata anche da siccità. Che dire? Chi ha seminato prima risulterà avvantaggiato. Chi ha seminato dopo sconterà un calo di produzione dovuto alla siccità”.
Chiediamo a Tatano se le piogge di Maggio possono aver creato problemi. “Se le piogge arrivano quando il grano è verde – ci spiega Tatano – potrebbero manifestarsi problemi legati ad attacchi fungini. Ma la pioggia è arrivata, solo per qualche giorno, quando il grano era già maturo. Poi il vento e il sole hanno asciugato tutto. No, non ci saranno problemi”.
Anche Agostino Cascio, altro titolare di un’azienda agricola dalle parti di Caltanissetta, non è pessimista:
“Annata a macchia di leopardo – ci dice – ci sono zone della nostra Isola dove la produzione non subirà riduzioni e altre, magari a causa della siccità, che subiranno qualche problema. Nel complesso, sarà un’annata nella norma”.
Pessimista Cosimo Gioia, coltivatore di grano duro, azienda agricola dalle parti di Valledolmo:
“Non è cambiato niente – ci dice Gioia -. Ci aspettavamo un prezzo maggiorato. L’aumento del prezzo del grano duro, rispetto agli anni passati, c’è stato: da 18-20 euro al quintale siamo passati a 24-25 euro al quintale, e non 30 euro al quintale. Noi abbiamo venduto la produzione a 24,5 euro. Il problema è sempre legato al continuo arrivo di navi cariche di grano estero, per lo più canadese, che fanno crollare il prezzo del nostro grano duro. Se non si interverrà su questa anomalia avremo sempre problemi”.
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